Corpi Civili di Pace in Palestina: se non ora quando?

Nell’ultimo anno abbiamo assistito ad un progressivo peggioramento delle condizioni di vita della popolazione palestinese ed al tempo stesso della prospettiva di una giusta soluzione al conflitto. Lo sgombero delle colonie da Gaza non ha portato alcun sollievo, la Striscia rimane completamente assediata, con il razionamento della fornitura d’acqua, elettricità e del transito merci. Continuano i raid dell’esercito israeliano con uccisioni e devastazioni. Continua il blocco dei fondi dell’ANP, in gran parte derivati dai dazi doganali, da parte israeliana, mentre sono rallentati i finanziamenti internazionali ed in particolare europei. Non sono migliori le condizioni in Cisgiordania dove appaiono sempre più devastanti le conseguenze del Muro, continuano le confische di terreni e costruzioni palestinesi, e si intensificano le violenze perpetrate dai coloni israeliani verso la popolazione civile palestinese. Anche gli scenari politici in Israele e Palestina assumono tinte sempre più fosche. In Israele, dopo la sciagurata aggressione al Libano, il dibattito politico scivola via via sempre più a destra, come dimostra l’ingresso di Lieberman nel governo in qualità addirittura di vicepremier. In Palestina lo scontro tra Hamas e Fatah sta sfociando in una sorta di strisciante guerra civile. La cosiddetta comunità internazionale assiste muta e distratta, i mezzi di comunicazione semplicemente ignorano questa gigantesca strage di diritti umani.
Il lento e progressivo degrado della situazione in Palestina/Israele richiede uno sforzo di coordinamento tra le forze che da anni operano sul territorio attraverso missioni civili, campi di lavoro, presenze di volontari e volontarie, uno sforzo comune volto a rafforzare e strutturare la presenza di operatori di pace in Palestina e Israele.
C’è bisogno di un intervento che al tempo stesso porti elementi di tutela alla popolazione civile e funga da diffusore di un’informazione corretta sulla scena internazionale. Un’intensa attività di questo tipo può inoltre determinare la creazione di flussi di relazioni e solidarietà tra comunità locali del nostro paese e dei territori occupati. La ripresa di attenzione in Italia sul tema dei Corpi Civili di Pace, può determinare finalmente l’avvio di un'esperienza strutturata e non occasionale, che possa anche fungere da laboratorio per una vera e propria normativa generale.

L’associazione per la Pace, insieme ad altre realtà ed associazioni che in questi anni sono state presenti nei territori di Palestina/Israele con differenti iniziative e modalità, propone di consolidare una presenza fissa di coordinamento delle iniziative di società civile italiana in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati allo scopo di valorizzare le esperienze maturate e il ricco back-ground di iniziative, riflessioni ed approfondimenti sviluppati nell’ambito della trasformazione del conflitto mediorientale. Tale luogo di coordinamento, contatto ed accoglienza sarà situato nella zona di Gerusalemme Est ed intende fungere da punto di riferimento dell’associazionismo italiano impegnato nei Territori, prevedendo rotazioni periodiche legate alla necessità di trasferire esperienze, competenze e risultati anche in Italia, al fine di:

1) coordinare la presenza degli attori di società civile italiana impegnati in progetti di solidarietà in loco;
2) costituire il nodo di riferimento della rete di strutture e di progetti attivi in loco, con funzione di referente e di terminale;
3) coordinare i flussi di presenza di attori di società civile italiana in entrata ed in uscita verso i territori di Israele/Palestina, anche per promuovere forme di accompagnamento, trasmissione di informazioni, documentazioni e materiali, nella prospettiva della formazione di esperienze di società civile italiana e della progressiva capacitazione dei soggetti partner di società civile locale.

Una struttura che si occupi delle relazioni istituzionali (autorità palestinesi ed israeliane, istituzioni diplomatiche e religiose), dei rapporti con i media, dei rapporti con i partners, dell’accoglienza, logistica e formazione degli operatori e volontari, dell’assistenza legale e sanitaria, del coordinamento delle attività operative, della gestione delle attività in Gerusalemme.
In questo senso, la scelta di Gerusalemme è determinata dall’esigenza di garantire un punto di appoggio logistico facilmente accessibile da ciascuna delle parti del conflitto israelo-palestinese, essendo la locazione individuata non distante dalla “Città Vecchia” di Gerusalemme, facilmente raggiungibile anche a piedi da Gerusalemme Ovest e situata in prossimità di sedi associative di società civile palestinese, e, a Gerusalemme Ovest, israeliane, con le quali sarà possibile avviare, dopo una fase di verifica preliminare e il conseguente start-up di progetto, ed in ragione delle condizioni di contesto, una proficua e continuativa interlocuzione, nell’ottica della costruzione di relazione tra società civile, dell’attivazione autonoma di società civile locale e della sollecitazione al dialogo tra espressioni dell’associazionismo israeliano e palestinese.

Nella fase iniziale del progetto si prevede una struttura leggera: un piccolo ufficio con uno o due operatori/ici che si alternino per un periodo di tre mesi (periodo di durata del visto), operatori o operatrici selezionati tra le competenze sviluppate in questi anni di lavoro sul campo che riceveranno un’adeguata formazione in Italia utilizzando metodologie gia sperimentate in passato tra le nostre organizzazioni.
Oltre al lavoro di coordinamento la struttura si occuperà di verificare la fattibilità di iniziative trilaterali Italia-Palestina-Israele sui temi specifici dell’azione non-violenta, attraverso ricerche e contatti con realtà già presenti sul territorio: centri di informazione alternativa, comitati israelo-palestinesi che lottano contro la demolizione delle case o contro l’avanzamento del muro, centri di monitoraggio dei diritti umani con particolare attenzione alla situazione dei prigionieri palestinesi e alla possibilità di movimento (check point, blocchi stradali, passaggio delle frontiere).
L’obiettivo nel medio periodo è quello di creare un “laboratorio della non-violenza” in cui sperimentare una diversa metodologia di approccio al conflitto, sulla scorta di realtà importanti, se pure minoritarie, già esistenti sul territorio, si pensi per esempio ai “Combattenti per la Pace” o ai comitati di familiari delle vittime dell’occupazione, spazi misti “di confine” in cui israeliani e palestinesi, cercano una dialogo che sembra precluso ai loro dirigenti politici e istituzionali.

In questo senso, il progetto si situa anche nel percorso di sperimentazione, da anni avviato in Italia a partire dall’approvazione della legge 230/98, di un Corpo Civile di Pace, non armato e nonviolento, in grado di intervenire per la trasformazione costruttiva del conflitto, in particolare nelle fasi di pre-escalazione e di de-escalazione e post-conflitto, sulla base della procedura di “post-conflict confidence-building”. L’intervento di un Corpo Civile di Pace, infatti, non può che essere concordato e può svilupparsi solo su richiesta della società civile locale; di conseguenza, in tale intervento, si adotta un metodo improntato alla ricerca/azione, per trasferire le esperienze “sul campo” in ipotesi di lavoro, ricerca ed approfondimento. Il lavoro “sul campo” è sempre orientato nella direzione della riduzione della violenza ed agisce, per quanto possibile, sulle cause del conflitto, favorendo il dialogo, attivando potenziali di pace, facilitando la partecipazione democratica; il lavoro in Italia è volto, d’altro canto, alla sensibilizzazione sociale, per la formazione dell’opinione pubblica, in sinergia con le istituzioni centrali e locali, per obiettivi di pace.

Associazione per la Pace
IPRI – Rete CCP
Pax Christi
Servizio Civile Internazionale
Operazione Colomba

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