Il sogno della "Grande Gerusalemme".
Perché Israele confisca nuove terre ai palestinesi
di Carlo M. Miele

Osservatorio Iraq, 9 ottobre 2007

Tel Aviv lo considera un passaggio necessario per garantire la sicurezza nell’area. Per i palestinesi, invece, sarebbe una vera e propria catastrofe da evitare a ogni costo. Oggetto della disputa è il “progetto E1”, il piano lanciato a metà degli anni novanta dal governo israeliano, che – se realizzato – comporterebbe la divisione in due della Cisgiordania e la fine del sogno di uno stato palestinese unitario.
Proprio in queste ore il governo guidato da Ehud Olmert ha rilanciato il progetto, ordinando la confisca delle terre a ridosso della colonia ebraica di Ma’aleh Adumim, nella zona compresa fra Gerusalemme e il mar Morto. Obiettivo finale dell’intervento è la costruzione di almeno 3500 unità abitative a nord di Ma’aleh Adumim in modo da collegare di fatto la più grande colonia ebraica dei Territori occupati palestinesi (30 mila abitanti) alla città Gerusalemme.
Secondo quanto reso noto da fonti palestinesi e confermato dall’esercito israeliano, a fine settembre Israele ha ordinato il sequestro di 110 ettari di terre nelle zone palestinesi di Abu Dis, al Sawahreh al Sharqiyeh, Nabi Mussa e al Khan al Ahmar, unite dal solo fatto di trovarsi nei pressi del confine di Gerusalemme est e sulla strada verso Ma’aleh Adumim.
L’intenzione – ha detto Hassan Abed Rabbo, direttore generale per la regione di Gerusalemme al ministero palestinese delle Collettività locali – sarebbe quella di "creare un blocco di colonie" ebraiche nella zona "e impedire ogni continuità territoriale dei palestinesi con la valle del Giordano".
"Usurpano decine di ettari di terre della Cisgiordania a vantaggio del loro progetto di colonizzazione detto della Grande Gerusalemme, che comprende Maaleh Adumim", ha dichiarato Rabbo.
Ragioni di sicurezza
Nelle notifiche di sequestro arrivate ai proprietari delle terre, l’esercito israeliano si giustifica tirando in ballo "fini militari" e "misure destinate a impedire operazioni terroristiche".
La stampa israeliana tuttavia non sembra dar troppo credito alle questioni di sicurezza avanzate dall’Israeli Defence Force (Idf) e dà invece credito all’ipotesi palestinese, affermando che le terre sequestrate serviranno alla costruzione di un collegamento tra Gerico e Gerusalemme. “Questa nuova strada – scrive Ha’aretz – consentirà di liberare la zona detta E-1, per la quale passa la strada esistente Gerusalemme-Gerico, a vantaggio di un progetto ebraico di lunga data consistente nel costruire 3.500 abitazioni e un distretto industriale".
I palestinesi - ha spiegato il primo cittadino di Ma'aleh Adumim, Benny Kashriel – potranno consolarsi con i nuovi centri commerciali che verranno realizzati nell’area e con la creazione di nuovi posti di lavoro.

Una vecchia storia
A lanciare il “progetto E1” nell’oramai lontano 1994 fu l’allora primo ministro Yitzhak Rabin, firmatario degli accordi di Oslo e premio Nobel per la pace.
Suo sostenitore è stato anche l’ex premier Ariel Sharon, che si spinse a progettare la realizzazioni di ponti e tunnel per i palestinesi attraverso la "Giudea e la Samaria", in base al principio "contiguità di trasporti” in cambio di continuità territoriale.
Solo le forti pressioni della comunità internazionale e dei palestinesi stessi sono servite finora a impedire il compimento del progetto. La sua sospensione ufficiale è arrivata nel 2005, quando Israele assicurò agli Stati Uniti il suo “congelamento”.
Verso la conferenza di novembre
Le indiscrezioni su Ma’aleh Adumim arrivano a poche settimane dalla conferenza sul Medio Oriente, sponsorizzata dagli Stati Uniti e prevista per la seconda metà di novembre ad Annapolis, nel Maryland.
Lunedì si è tenuto un incontro in una località segreta tra negoziatori israeliani e palestinesi allo scopo di creare un documento congiunto da presentare alla conferenza.
Proprio la questione degli insediamenti ebraici costituirà uno dei punti chiave del negoziato e la notizia del rilancio del “progetto E1” ha suscitato il malumore della parte palestinese. "Condanniamo questa decisione israeliana di confiscare delle terre palestinesi nel momento in cui noi tentiamo di rilanciare il processo di pace", ha dichiarato alle agenzie internazionali il negoziatore Saeb Erakat.
"L'espansione di colonie, in particolar modo nella regione di Gerusalemme, va a minare, addirittura ad annientare questi sforzi” ha aggiunto Saeb, che ha chiesto anche al governo israeliano di “rinunciare a questa decisione per dare una speranza alla pace".
In caso di mancato dietro-front, ai palestinesi non resterà che rivolgersi all’Alta corte di giustizia per chiedere di annullare la decisione. Ma in questo caso le speranze saranno minime. Difficilmente – scrive Ha’aretz – il tribunale annullerà un provvedimento che lo Stato ebraico ritiene "necessario per interessi militari” e per la “particolare situazione di sicurezza che esiste nell’area".

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