Donne in Afghanistan
di Cecilia Strada

Dal sito www.peacereporter.net riprendiamo il seguente articolo dell'8 marzo 2007. Cecilia Strada, figlia di Gino Strada, impegnata in Emergency, e' giornalista e documentarista



Dal 2001 a oggi, qualcosa e' cambiato per la popolazione femminile in
Afghanistan. Diverse donne sono state elette all'Assemblea nazionale (tutte
pero', e' bene ricordarlo, grazie alle "quote rosa" e non perche' siano
state realmente premiate dal voto degli elettori), nelle citta' in molte
hanno potuto ricominciare a lavorare fuori casa, a studiare, a frequentare
gli spazi pubblici. Per la stragrande maggioranza di chi abita al di fuori
dei grossi centri urbani, tuttavia, sembra che il tempo non sia passato.
Ancora oggi, una donna che nasce in Afghanistan - chiamiamola Gulchi', con
nome di fiore - ancora prima di venire al mondo appartiene al padre. Nella
vita di tutti i giorni, e' il fratello a controllarla, accompagnandola e
sorvegliandola quando e' costretta a uscire di casa. Se il padre deve
assentarsi per lavoro, o se il padre muore, e' il fratello a diventare il
capo della famiglia e a disporre di lei. "Il fratello e' peggio del padre"
e' la frase di circostanza che le donne usano ogni volta che vengono a
conoscenza di qualche abuso perpetrato su una donna da parte del fratello.
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Matrimoni forzati
Il matrimonio in Afghanistan perlopiu' non e' una faccenda di cuore, ma un
affare di famiglia: i matrimoni combinati sono all'ordine del giorno,
perche' dare in sposa le proprie figlie a questo o quell'altro gruppo
sociale serve a stringere legami di solidarieta' e cooperazione (e in
questo, notiamo, raramente i maschi hanno piu' liberta' di scelta rispetto
alle loro sorelle). Gulchi' quindi sposera' per scelta della sua famiglia,
in cui ha poca o nulla voce in capitolo, un uomo che attraverso il
matrimonio acquisisce il diritto di disporre della sua persona, del suo
lavoro e della sua capacita' riproduttiva. La dote, o shir baha, viene di
norma corrisposta alla famiglia della sposa, proprio nel momento in cui
questa lascia la casa del padre per trasferirsi con il nuovo marito. Questo
sistema, contrario peraltro alle disposizioni coraniche (secondo il Corano,
infatti, la dote spetta alla sposa, che ne dispone in completa liberta' e
non puo' essere costretta a cederla o alienarla contro la sua volonta') fa
si' che Gulchi' di fatto non possieda nulla in tutto l'arco della sua vita,
anche perche' tendenzialmente sara' costretta a lavorare in casa, ma non
potra' trovare un impiego al di fuori di essa. La condizione delle donne e'
ulteriormente complicata dalla tendenza, piuttosto frequente in Afghanistan
e pressoche' abituale per i gruppi pashtun, al matrimonio fra cugini primi,
e in particolare fra i figli di fratelli maschi. Nei matrimoni esogamici,
vale a dire quando si sposa qualcuno estraneo al proprio nucleo familiare, i
poteri del padre e del marito possono in qualche modo bilanciarsi allentando
la pressione sulla donna, che ha "piu' gioco" fra l'uno e l'altro per
ottenere maggiore liberta'. Al contrario, quello che succede quando ci si
sposa all'interno della famiglia, e' che il controllo sulla donna di fatto
raddoppia.
*
Suocere e mullah
All'interno della casa, che per una donna sposata e' quindi gran parte del
mondo, Gulchi' e' sottoposta all'autorita' della madre del marito: la
suocera dirige la casa, decide dell'educazione dei nipoti, da' ordini alle
nuore. La vecchiaia e' di fatto l'unico periodo della vita in cui una donna
acquisisce una forma di potere, per quanto limitato all'ambito domestico.
Ogni venerdi' della vita di Gulchi', invece, il mullah - figura religiosa
che a livello del villaggio incarna una serie di altre funzioni politiche e
di controllo sociale - puo' dettare le regole della sua liberta' dagli
altoparlanti della moschea, imponendo ad esempio restrizioni sui movimenti
delle donne, o sulla loro possibilita' di andare a scuola.
*
Lo spazio negato
E' bene ricordare che alle donne afgane lo spazio pubblico e' di norma
negato. Quando escono di casa lo possono attraversare, ad esempio per andare
a comprare qualcosa al mercato (accompagnate naturalmente da un uomo di
famiglia) o per raccogliere legna, ma non lo possono abitare: gli uomini si
fermano a chiacchierare al mercato, un diritto che le donne non hanno. Tutto
lo spazio e' diviso e organizzato in modo che uomini e donne appartenenti a
diverse famiglie non si possano mai incontrare. Ad esempio la strada e'
maschile, come il bazar e la moschea: le donne pregano tendenzialmente nelle
loro case. Gli spazi di necessita' comuni, come ad esempio il campo ed il
cimitero, possono essere luoghi "pericolosi": una regola non scritta,
quindi, ne regola l'accesso in tempi distinti, affinche' uomini e donne non
vi si possano incontrare. Nel caso dei funerali, alla sepoltura di un
parente (uomo o donna) possono partecipare solo gli uomini: le donne
rimangono a casa e possono recarsi al cimitero solo il giorno dopo, quando
gli uomini ne sono invece esclusi. Il primo giorno dell'anno afgano e' il
giorno della festa e dei pic-nic per tutti i maschi: le donne e i bambini
festeggiano il giorno dopo, quando prati e montagne sono precluse al sesso
opposto. La vita di una donna afgana, quindi, e' ancora oggi nelle mani
degli uomini - padri, mariti, fratelli, mullah.

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