Manifestazione e repressione


[...] siamo appena tornati dalla manifestazione contro il muro che ha chiuso la tre giorni della conferenza internazionale di Bil'in. Bil'in e’ un villaggio a ovest di Ramallah dove, fin dal febbraio del 2005, il comitato popolare del villaggio e un’associazione veramente in gamba di Israeliani hanno cominciato a protestare contro la costruzione del muro che, nel caso specifico di Bil'in, passa a poche decine di metri dalle case dei suoi abitanti. In questi tre anni ogni venerdì attivisti nonviolenti si radunano nelle vicinanze del muro e cercano di portare avanti una protesta pacifica contro l’occupazione. Questo venerdì il corteo ha coinciso con la chiusura dei lavori della terza conferenza internazionale di Bil’in, dove sono intervenute molte associazioni e dove si e’ cercato di condividere le esperienze di resistenza nonviolenta qui in Palestina. Erano presenti associazioni, gruppi e singoli individui da molti paesi europei, Stati Uniti e Israele, oltre naturalmente alla società civile palestinese e al comitato popolare di Bil’ain.

Siamo tutti molto provati e tesi perché la reazione dei militari israeliani e’ stata forte e come sempre non commisurata alla reale minaccia. Alla fine sono state ferite 5 persone fra cui un italiano dell’Associazione Giuristi Democratici che erano qui con una delegazione per un’indagine sulla condizione dei bambini palestinesi arrestati e detenuti nelle carceri israeliani. Intorno all’una ci siamo radunati di fronte la rete metallica che segna il passaggio del muro, a poche decine di metri dalle scavatrici che stanno innalzando il muro della segregazione. Si e’ letto il comunicato di resistenza che nel corso della mattinata era stato preparato come momento di chiusura e riassunto delle idee emerse in questi giorni. I militari israeliani subito dopo hanno cominciato a sparare lacrimogeni, sound bombs (bombe sonore) e proiettili di gomma. Al primo lancio di lacrimogeni, che oggi sono stati sparati con una nuova arma che negli ultimi mesi e’ stata messa a punto dall’esercito israeliano e che consiste in un lancio contemporaneo di più di 30 candelotti di gas lacrimogeno, una scheggia partita da una bomba sonora ha colpito al viso Giulio Toscani, l’attivista italiano. Adesso sta bene ed e’ tornato in hotel con punti di sutura sul viso e tanta paura, accompagnato da Luisa Morgantini, vice presidente del Parlamento Europeo che era con noi in prima linea di fronte il muro e i militari.

Dopo questo primo lancio ne sono seguiti altri, sia con lacrimogeni singoli che di nuovo con il cannone che ne spara più di 30 contemporaneamente, mentre si sentivano spari senza fumo che indicavano il lancio di proiettili di gomma. Molti bambini palestinesi, mentre cercavano di spegnere piccoli incendi fra gli ulivi prodotti dal fuoco dei lacrimogeni, venivano presi come obiettivi dai proiettili di gomma. Siamo rimasti nella radura di fronte al muro per circa un’ora e mezza, dopodiché si e’ deciso di tornare nel villaggio. Nonostante questo i militari continuavano a sparare per creare fuochi sparsi sul terreno agricolo della parte palestinese al di là del muro.

I gas lacrimogeni sono state le armi che hanno prodotto più danni e paura, e’ veramente veleno che ti fa entrare nel panico, mentre si cerca di correre per scappare e non si riesce a respirare. Fortunatamente prima del corteo il comitato popolare ci aveva istruito sulle tattiche per evitare il panico e nonostante il forte attacco dell’esercito israeliano le informazioni si sono rivelate utili. Niente limone, niente acqua, niente panni umidi……la cosa migliore, e ve lo posso dire dopo averlo sperimentato poco fa, e’ una cipolla aperta e messa sotto il naso mentre si cerca di stare calmi e camminare verso luoghi più riparati non dando mai le spalle ai militari che li sparano, evitando così di essere colpiti dai candelotti.

E’ stato importante partecipare e dare un segnale di supporto ai manifestanti di Bil’in. Naturalmente come internazionali non subiremo ogni settimana la reazione dell’esercito israeliano ma ogni venerdì da Roma penseremo a queste persone che solo con pochi sassi cercano di mantenere vive la speranza per la fine dell’occupazione di un esercito fortissimo che esercita una violenza inaudita.

M.

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