La Riscossa Civica
di Carla Biavati


La Riscossa Civica

Quando devo parlare dell'impegno sociale dei giovani di tutto il mondo, le prime immagini che mi vengono alla mente sono quelle di gruppi di ragazze e ragazzi infangati e infagottati in eskimo e stivali di gomma che scavano, son scarsi lumi, all'interno di antiche stanze e irriconoscibili Musei, a Firenze, subito dopo l'alluvione.

Ed e' emblematico nel mio immaginario, che prima fra tutte le immagini e le indimenticabili processioni di visi amici incontrate negli anni nelle zone di conflitto, mi appaiano prime quelle di Firenze, dove io "troppo piccola" non ho potuto essere.

Ma e' su quelle fotografie di un’alluvione devastante, che si e' formato il mio desiderio di partecipare. Vedere giovani di tutto il mondo chini su antichi libri che, con gesti accurati e sensibili, raccoglievano e catalogavano e ripulivano. Quelle pagine per loro e per me e per tutti cosi’ preziose, mi facevano invidiare il loro compito, il loro impegno.

Da allora, sono passati almeno 25 anni, di impegno e presenza nei luoghi di conflitto, mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se non avessi ricevuto quell’imput cosi' forte, da quella visione; ripetuta su tutti i media nazionali, di carovane di giovani arrivate ad aiutare i cittadini di Firenze a recuperare dal fango il loro Tesoro Culturale, memoria dell’intera umanita’.

Oggi mi chiedo quale sia il messaggio che altrettanti giovani ricevono dai media, dalle nuove tecnologie e dalla pubblicita' sempre piu’ aggressiva.
Cosa rimane della cittadinanza responsabile e dell’impegno civico che ho conosciuto cosi' forte e chiaro 30 anni orsono?

Quali sono oggi i messaggi che vengono forniti ai Giovani per stimolarne l'impegno nella societa'?

Quando leggiamo i dati DOXA sulla composizione sociale ed economica delle famiglie italiane, scopriamo che nel nostro "Bel Paese" poverta' e diseguaglianza sono sempre molto alte e che l'Italia si colloca insieme a Portogallo, Spagna, Irlanda e Grecia, nel gruppo dei paesi con piu' alta diseguaglianza interna. Questi dati testimoniano la forbice tra ricchezza e poverta', che va via via aumentando anche in Italia come nel nord e nel sud del mondo.

Inoltre i dati indicano che; se nel 1990 c'erano 1.250 miloni di persone in condizioni di Poverta' estrema, nel 2007 sono ancora 980 milioni, e sembrerebbe confortante se non scoprissimo che allo stesso tempo il consumo dei piu' poveri e' crollato dal 4,6 al 3,9 per cento del totale dei consumi.

La poverta' stagnante nel sud del mondo e la crescente poverta' nei paesi occidentali palesano una condizione allarmante di urgenza "Planetaria" a cui pero', i giovani dimostrano di saper rispondere con grandi numeri di partecipazione.

Nonostante l’ampio ricorso alla delega in favore delle istituzioni, le ONG continuano a godere di credibilita' e fiducia presso l'opinione pubblica giovanile. I giovani, o meglio le loro associazioni, responsabili e impegnate attivamente nell'aiuto nazionale e internazionale rivolgono una pressante richiesta alle istituzioni pubbliche Italiane, e principalmente al Governo, per un impegno piu' deciso nella solidarieta' verso le poverta' nel mondo, attraverso un incremento dei fondi destinati alla cooperazione e allo sviluppo, da veicolarsi tramite le agenzie delle nazioni unite, ed i progetti promossi dalle ONG.

Unitamente chiedono anche una revisione dei parametri di accreditamento e del concetto stesso di cooperazione internazionale (come emerso dai documenti espressi negli Stati Generali della cooperazione dell'Ottobre 2007 a Roma che pero', pur se recepiti dai ministri preposti, rimangono all'oggi inattuati).

Inoltre si conferma da parte dei giovani piu' impegnati nel dialogo con le istituzioni una strategicita' a lungo termine, coerente con i fini della nonviolenza, che chiede una riduzione delle spese per gli armamenti e per le politiche militari, a favore di quelle che vengono percepite come le grandi emergenze attuali; dalla fame nel mondo alle guerre dimenticate, dalla disoccupazione alla violenza urbana, dalla pace alla convivenza per tutti.

Scopriamo cosi' che nonostante il progressivo impove-rimento economico, i giovani italiani rispondono ancora con marcata partecipazione ad attivarsi sostanzialmente per la strutturazione di interventi che aiutino a risolvere i conflitti e ad occuparsi dei civili.

Di piu', parlando e contattando svariate organizzazioni in cui il personale e' composto in gran numero da giovani, ho trovato una diversa connotazione della "partecipazione". Infatti, per i problemi interni-locali ci si muove in modo ancora massicciamente volontario, per esempio il lavoro di attivissimi comitati regionali, contro sfruttamenti, discrimi-nazioni e criminalita' e' percepito come dovere civile e quindi dovuto, da parte dei giovani attivisti, mentre per i progetti di aiuto all'estero, si condiziona spesso l'intervento alla ricerca dei finanziamenti necessari. E la partecipazione e' tendenzialmente sempre piu' professionale.

Ovviamente, la percezione del piu' alto rischio e di insormontabili difficolta' burocratiche nelle pratiche di accesso, in teatri di conflitto internazionali sempre piu' distanti dal luogo di origine dei volontari, ha bloccato di molto la massiccia partecipazione dei giovani ad imprese di interposizione diretta nonviolenta ed aiuto alle popolazioni civili.

Paesi lontani come l'afganistan, la birmania, il tibet, il darfur ecc.. risultano pressoche’ irraggiungibili se non addirittutra impraticabili, a differenza degli interventi di massa attuati nei primi anni novanta da tanti gruppi in ex-Yugoslavia ed in Palestina-Israele, dove tuttora continua un impegno internazionale partecipativo e continuato attraverso le iniziative dell’international solidarity movement.

E anche se l'espressione della societa’ civile, oggi e' meno veemente che in passato, il registro cambia completamente quando si osserva l’impegno civile nei paesi asiatici, in Africa, nel Caucaso, in America Latina ed in Medioriente. I giovani attivisti di questi paesi, sono molto informati sulle strategie nonviolente e chiamano a raccolta i giovani del resto del mondo su iniziative sempre piu' mirate e precise.


In Palestina-Israele un esempio fra gli altri, e’ l'impegno di movimenti locali nella "grassroot nonviolent resistence" dove l'aiuto internazionale e' richiesto ed auspicato ma in riferimento ad un’organizzazione unitaria e concordata tramite un forum misto di associazioni Israeliane e Palestinesi. Ed e’ su questi obbiettivi comuni che vengono richiesti i finanziamenti.

Oggi cresce la partecipazione delle associazioni di Donne alla costruzione di nuovi ponti e occasioni di dialogo tra reti europee e reti mediorientali, che favoriscano un importante incremento della presenza femminile nelle strategie sociali e nelle azioni che implementino un cambiamento del ruolo delle donne nelle societa' in cui vivono.

Senza dimenticare le attivissime reti sociali di mutuo soccorso costruite dalle donne in Africa. Ad esempio il movimento “Societe’ Civil“ da noi incontrato nel nord Kivu in Congo), dove il ruolo sociale femminile sta’ rivoluzionando la societa’ interna e aiuta anche noi donne cosiddette emancipate a riscoprire i temi e i valori per cui le nostre nonne e madri hanno combattuto, valori che aiutano le ragazze di oggi a fruire e conservarne una corretta memoria storica ed un‘esaustiva coscienza critica.

L’impegno e' meno fisico ma piu’ massiccio per i conflitti lontani, dove si osserva la tendenza all’informazione partecipativa, attraverso la diffusione di notizie, appelli, commenti e report sul web, dove nascono nuove reti indipendenti di comunicazione globale e dove scorre un dialogo ininterrotto per il cambiamento sociale, l’applicazione dei diritti e la sostenibilita’ del sistema globale.

Un ulteriore esempio e’ l’uso delle reti informatiche per l'approfondimento, la strutturazione e la divulgazione di metodologie di "nonviolenza attiva" nel mondo arabo, come "LAHONF” per il medioriente, che promuove gia' da anni la settimana per la nonviolenza in Irak, ed anche trainings tematici in Giordania, Kurdistan e Libano.

Ma non solo!
Negli anni vi e' stata una costante ricerca di interventi sempre piu' mirati ed approfonditi, ed il tesoro di esperienze e testimonianze scaturite dalle nostre prime imprese si e' trasformato in una ricerca di approfondimento e analisi delle ragioni dei conflitti e degli scenari mondiali complessi, che ha portato molti di noi a strutturare e istituire corsi di laurea, masters, training, summer schools e quant'altro per abilitare i giovani interessati ad intervenire in modo mirato ed esaustivo all’interno dei diversi conflitti sociali.

La capacita' di conservare il valore dell’intervento e mantenere vivo lo slancio solidaristico e gratuito dei giorni dell’alluvione di Firenze, persiste nelle risposte dei giovani di oggi, nonostante essi vivano in una civilta' commerciale che esaspera il modello dei consumi e, di conseguenza, il potere che questi rappresentano nel determinare la ricchezza e quindi il “valore” di ogni persona.

Il richiamo alla riscossa civica, per esprimere il proprio impegno e le proprie convinzioni, sono ancora vive e presenti nella societa’ civile. Esaminando le esperienze fatte, posso testimoniare che esiste e si sta sviluppando nel tempo una concreta globalizzazione delle strategie di risposta nonviolenta in molti paesi in conflitto e non.

Mi preme mettere in evidenza come, queste miriadi di resistenze locali, nel loro insieme, divengono tendenze globali capaci di cambiare idee e comportamenti molto diffusi, partendo da un punto di vista molto locale e circoscritto.

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