Corriere Canadese On Line
Tibet, va in scena la protesta


Manifestazione a Toronto contro la repressione cinese
Migliaia di tibetani hanno protestato ieri contro la Cina, nell’ultimo anniversario della rivolta di Lhasa prima delle Olimpiadi di Pechino. La protesta ha avuto luogo in centinaia di città sparse in tutto il mondo.
A Toronto la manifestazione - alla quale hanno partecipato circa 500 persone - ha avuto luogo a Queen’s Park. "Il governo cinese - ha dichiarato Tsering Lama, direttore dell’associazione “Students for a Free Tibet Canada” - sta sfruttando il palcoscenico mondiale offertogli dalle Olimpiadi per legittimare la sua brutale occupazione del Tibet".
Da Dharamsala, la piccola città sull’Himalaya indiano dove il Dalai Lama vive in esilio da quando, nei giorni della rivolta, fuggì in India per evitare di essere arrestato, cento esuli sono partiti in quella che chiamano la “marcia del ritorno”, che dovrebbe concludersi col loro rientro in Tibet l’8 agosto prossimo, il giorno nel quale si apriranno i Giochi Olimpici di Pechino.
Lo stesso Dalai Lama, che ha 72 anni, ha denunciato in un discorso le "inimmaginabili e grossolane violazioni dei diritti umani che continuano a verificarsi in Tibet". Manifestazioni di protesta si sono svolte anche in Grecia, dove un gruppo di atleti tibetani ha fatto partire la “fiaccola dei diritti umani” che, nelle loro intenzioni, dovrebbe passare per una ventina di Paesi prima di concludersi, sempre l’8 agosto, alla frontiera della Cina.
A Kathmandu, in Nepal, la polizia ha disperso con la forza migliaia di tibetani che si apprestavano a marciare verso l’Ambasciata della Cina. La “marcia del ritorno” è stata organizzata dal Tibetan Youth Congress e da altre organizzazioni non governative tibetane basate in India o in Europa. "C’è molta eccitazione - ha dichiarato il presidente del Congress Tsewang Rigzin - vogliamo dire a tutti che il Tibet appartiene a noi".
Migliaia di persone, applaudendo e piangendo, hanno saluto i marciatori, che sono partiti sventolando le bandiere gialle, blu e rosse del Tibet. Tra gli altri era presente una delegazione radicale con Matteo Mecacci, Marco Perduca e il deputato Sergio d’Elia, secondo il quale "sostenere questa marcia è un dovere per tutti coloro che amano la libertà".

Il Tyc reclama l’ indipendenza del Tibet e giudica troppo “morbida” la politica del Dalai Lama, che chiede per la sua regione una “genuina autonomia”. I colloqui che si sono tenuti tra esponenti del leader tibetano e del governo cinese dal 2002 al 2006 si sono conclusi con un nulla di fatto. Ieri il leader tibetano ha ripetuto che non intende "deviare" da quella che chiama la "via di mezzo", ovvero un onorevole compromesso con la Cina.
Oggi il Dalai Lama, che nel 1979 ha avuto il premio Nobel per la pace, ha affermato che "negli ultimi anni il Tibet ha vissuto un incremento della repressione e della brutalità".
Il leader tibetano ha negato di voler sabotare le Olimpiadi, cosa della quale è stato accusato da Pechino ma ha aggiunto che esse rappresentano "un’ occasione d’oro" per la comunità internazionale per denunciare il trattamento dei tibetani da parte della Cina.
Il parlamento tibetano in esilio, eletto democraticamente dai tibetani della diaspora, si è unito alle denunce del Dalai Lama, affermando che dal 2002, quando "sono ripresi i contatti" con la Cina, non si è registrato in Tibet "alcun miglioramento".
L’Esercito Popolare di Liberazione cinese ha occupato il Tibet nel 1951.
La rivolta di Lhasa conclusa con una sanguinosa repressione e la fuga in India del Dalai Lama è scoppiata nel marzo del 1959.



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