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Turchia, messo al bando il Partito curdo Dtp
di Paola Sarappa


Il presidente dell’Alta Corte Costituzionale turca, Hasim Kilic, ha annunciato ieri in conferenza stampa, la decisione degli 11 giudici della massima istanza della magistratura di mettere al bando il Dtp, Partito per una Società Democratica, il maggiore partito curdo del paese.

A condizionare la scelta, che pare sia avvenuta all’unanimità dopo quattro giorni di camera di consiglio, e comunicata in serata, forse per farla passare inosservata, sarebbe la convinzione che il partito tenti di minare l’unità nazionale e inoltre favorisca le azioni del Pkk, Partito dei Lavoratori del Kurdistan, considerato dal governo turco un partito separatista ad azione terroristica e fuorilegge.

Nonostante negli scorsi giorni Ankara sia stata messa in guardia dall’Unione Europea, a cui dal 2004 ha chiesto l’adesione, la convinzione dei legami tra il Dtp e il Pkk, dà la sicurezza alla Corte Costituzionale di poter affermare che nessun partito può usare il terrore e la violenza come metodo ai danni dello Stato e della comunità, come più volte Kilic ha tenuto a precisare ai giornalisti, mentre esponeva le motivazioni della scelta.

In serata arriva la preoccupazione da parte della presidenza svedese riguardo la decisione che, come si legge in una nota, sottolinea che «Lo scioglimento di partiti politici è una misura eccezionale che dovrebbe essere usata con la massima prudenza».

Soprattutto perché la chiusura del partito rappresenta una grave violazione dei diritti della minoranza curda in Turchia.

La sentenza della Corte Costituzionale vieta inoltre ai 21 deputati e ai 37 dirigenti del Dtp di fare politica per i prossimi 5 anni, con la motivazione di essere una minaccia per l’unità nazionale secondo  gli articoli 101 e 102. Ancora più dure le sanzioni per Ahmet Turk e Aysel Tugluk, i leader del partito, che hanno addirittura perso il diritto di essere rieletti in Parlamento. Oltre questo tutti i beni del partito verranno confiscati dallo stato e finiranno nelle casse del Tesoro.

Questa sentenza non potrà che generare un terremoto politico in Turchia, dove si rischiano addirittura le elezioni anticipate, se appunto i deputati del partito dovranno lasciare i loro seggi. Intanto sono iniziate le prime rappresaglie dei curdi che a Diyarbakir, roccaforte curda in Turchia, difendono il partito che li rappresenta. Ieri sera i primi scontri con la polizia che, in assetto anti sommossa, ha usato lacrimogeni e idranti per disperdere la folla che con il lancio di molotov e l’uso di fionde inneggiava ad Abdullah Ocalan, fondatore del Pkk, urlando «sangue e vendetta».

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