Comunicato ai media - Roma 11 giugno 2009

Usciti i dati dell’autorevole istituto SIPRI: Italia settima nel mondo per export di armi e per spesa militare pro-capite
Cresce la spesa militare nel mondo ma non cresce la sicurezza



"Il 2008 ha visto un incremento delle minacce alla sicurezza, alla stabilità e alla pace in quasi ogni parte del globo". E' la preoccupante introduzione del SIPRI Yearbook 2009, l'annuale rapporto presentato nei giorni scorsi dall'autorevole Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma. Una considerazione ancor più grave considerato che - come nota il direttore del Sipri, Bates Gill - "gli effetti della crisi finanziaria globale tenderanno a esacerbare queste sfide mentre i governi e le organizzazioni non-governative faticheranno a rispondervi efficacemente".
I dati presentati dal Rapporto non sono affatto rassicuranti. Nell'ultimo anno le spese militari mondiali sono cresciute del 4%, raggiungendo nel 2008 un nuovo record dalla fine della Guerra Fredda: si tratta di 1.464 miliardi di dollari (equivalente al 2,4% circa del Prodotto interno lordo mondiale) pari ad una spesa di 217 dollari per ogni abitante del pianeta. Dieci anni fa la stessa spesa non toccava i 1000 miliardi di dollari e l'incremento dal 1999 ad oggi è stato del 45%.
Si confermano quindi le preoccupazioni già espresse da Rete Italiana Disarmo sull'aumento delle spese militari internazionali e nazionali: l’Italia si posiziona infatti all’ottavo posto a livello mondiale tra i paesi con le maggiori spese per la difesa, mentre le esportazioni di armamenti confermano nel quinquennio 2004-2008 il permanere dell'Italia al settimo posto nel mondo.
Anche sul versante del commercio internazionale di armamenti, nonostante una leggera flessione nell'ultimo anno, dal 2005 si registra un trend di incremento nelle consegne dei maggiori sistemi di armamenti convenzionali. Il "valore finanziario" riportato dal SIPRI relativo all'anno 2007 segnala oltre 51,1 miliardi di dollari, ma le cifre - avverte l'Istituto di Ricerche - "sono al ribasso" in quanto non comprendono le esportazioni della Cina e di altri importanti paesi esportatori che non rendono noti i loro dati.
La produzione di armamenti è infatti andata aumentando e nel 2007 la vendita complessiva delle 100 maggiori industrie a produzione militare ha toccato quota 347 miliardi di dollari. Tra le prime dieci aziende troviamo, nell’ordine, Boeing, BAE Systems, Northrop Grumman, General Dynamics, Raytheon, EADS, L-3 Communications, Finmeccanica e Thales, tutte statunitensi o europee.
Per quel che riguarda le spese militari, troviamo per primi gli Stati Uniti non solo in termini assoluti (il 41,5% della spesa complessiva), ma anche relativamente all'incremento, che tra il 1999 e il 2008 è stato ben il 58% di tutto l'incremento di spesa mondiale. Altro dato preoccupante sono i budget per la difesa della Cina, ormai posizionatasi al secondo posto con quasi 85 miliardi di dollari, seguita poi da Francia (65,7 miliardi), da Gran Bretagna (65,3) e dalla Russia (58,6). Desta ulteriore preoccupazione poi il fatto che Cina e Russia, con un incremento assoluto rispettivamente di 42 miliardi e 24 miliardi di dollari, abbiano triplicato circa la loro spesa militare nell'ultimo decennio. Anche nel continente africano (20,4 miliardi di dollari nel 2008) si riscontra un preoccupante incremento delle spese militari nell’ultimo decennio del 40%.
La Guerra al Terrore condotta da molti governi in termini puramente militari ha contribuito a creare questo incremento, ha rilevato Sam Perlo-Freeman capo del progetto sulle spese militari all'istituto svedese, ma la Rete Italiana per il Disarmo sottolinea come tale incremento delle spese militari sia iniziato già a fine anni Novanta.
Nonostante la crisi economica mondiale iniziata nel 2008, il comparto non sembra subirne per ora particolari contraccolpi, anche sospinto dai 16 maggiori conflitti in atto nel mondo, concentrati per lo più in Asia, in Africa e in Medio Oriente, mentre quasi 190.000 soldati sono impegnati in 60 operazioni di peacekeeping multilaterale.
Permane contemporaneamente la minaccia attraverso le 23.300 armi nucleari possedute di otto paesi. Di fronte a questi dati, che evidenziano gli enormi flussi finanziari verso questo settore a scapito di altri possibili utilizzi di natura sociale che sicuramente avrebbero un maggiore impatto sulla condizione delle popolazioni, si riscontrano dei segnali di altra tendenza, come quelli provenienti dalla nuova amministrazione Obama, che sembra indirizzata a ripensare le priorità della propria politica nazionale.

La Rete Italiana Disarmo ritiene pertanto importante continuare nelle azioni per un miglioramento del controllo degli armamenti in una prospettiva di vero e complessivo disarmo. In particolare le azioni che come Rete e come organizzazioni aderenti intendiamo continuare a proporre riguardano:

1) l’istituzione di un Trattato internazionale sul commercio di armamenti (ATT) già oggetto di dibattito in sede ONU e per il quale negli anni scorsi si è condotta la mobilitazione internazionale Control Arms
2) la ripresa e la forte intensificazione di un percorso di disarmo nucleare anche sulla spinta della nuova politica a riguardo dell’amministrazione Obama negli USA
3) Accogliere le richieste della società civile mondiale per la messa al bando delle munizioni di tipo “cluster” eredi dirette di quelle mine anti-uomo ormai universalmente poste fuori legge
4) Operare una decisa riduzione delle spese militari e delle risorse così sottratte ad investimenti più utili ed importanti a vantaggio delle popolazioni.

Su quest’ultimo punto la Rete Italiana per il Disarmo ricorda che ciò si può fare anche direttamente a partire dal nostro paese e rilancia la mobilitazione in corso per chiedere al Governo di non procedere all’acquisto di 131 caccia bombardieri JSF F35 per circa 15 miliardi di euro. Con gli stessi soldi si potrebbero costruire 3000 nuovi asili nido, costruire 8 milioni di pannelli solari, dare a tutti i collaboratori a progetto la stessa indennità di disoccupazione dei lavoratori dipendenti, allargare la cassa integrazione a tutte le piccole imprese e procedere in tempi rapidi alla completa ricostruzione dell’Abruzzo colpito dal terremoto.


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Ulteriori informazioni sui temi trattati in questo comunicato si possono trovare alle pagine:

Armi tricolore in giro per il mondo: serve una nuova trasparenza!
Armi italiane per oltre 3 miliardi di euro: le autorizzazioni all’esportazione del 2008 fissano un nuovo record
http://www.disarmo.org/rete/a/29138.html

Clusters Bombs: L’Italia mantenga la parola data ad Oslo
http://www.disarmo.org/rete/a/27968.html

Iniziativa congiunta di Rete Italiana per il Disarmo e Sbilanciamoci!
Stop F35! Parte la campagna contro i cacciabombardieri
http://www.disarmo.org/rete/a/29509.html

La mobilitazione con raccolta di adesioni contro gli F35 è alla pagina www.disarmo.org/nof35


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