Gli Israeliani sanno che la pace non paga
di Amira Hass, Ha’aretz 13 maggio 2009


I governi che si sono succeduti dopo il 1993 sapevano certo quel che facevano quando non si affrettavano per niente a fare la pace con i Palestinesi. Le colonie offrono a gente normale ciò che il loro salario non concederebbe loro in Israele. In quanto rappresentanti della società israeliana, questi governi hanno compreso che la pace causerebbe seri pregiudizi agli interessi nazionali.
Pregiudizi economici
L’industria della sicurezza è un ramo importante dell’esportazione di armi, munizioni e perfezionamenti testati quotidianamente nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.
Il processo di Oslo – negoziati per i quali non era previsto alcun termine - ha permesso a Israele di sbarazzarsi del suo statuto di potenza occupante (obbligata ad assicurare il benessere della popolazione occupata) e di trattare i territori palestinesi come entità indipendenti, vale a dire, di servirsi di armi e munizioni con un’ampiezza che sarebbe stata altrimenti impossibile per Israele contro i Palestinesi dopo il 1967.
La protezione delle colonie richiede un miglioramento costante della sicurezza, della sorveglianza e degli strumenti di dissuasione, come le chiusure, gli sbarramenti stradali, la sorveglianza elettronica, le telecamere e i robot. E’ il “top” della sicurezza nel mondo sviluppato, ed è venduto alle banche, alle imprese come ai quartieri residenziali vicini a bidonville e a enclave etniche dove le ribellioni devono essere annientate.
La creatività israeliana collettiva in materia di sicurezza è facilitata da una situazione di conflitto permanente tra la maggior parte degli Israeliani ed una popolazione definita come ostile. Una situazione di lotta contro una piccolo incendio, e a volte un grande incendio, che raggruppa tutta una varietà di caratteri israeliani: rambo, maghi del computer, persone con buona manualità, inventori. In tempo di pace, le loro chance di cavarsela sarebbero seriamente ridotte.
Pregiudizi per le carriere
Il mantenimento dell’occupazione e di una situazione di non pace permette l’impiego di centinaia di migliaia di Israeliani. Circa 70.000 persone lavorano nell’industria della sicurezza. Ogni anno, decine di migliaia di giovani terminano il loro servizio militare con abilità particolari o attraenti vantaggi. Per migliaia di loro, questa diventa la professione principale: soldati professionisti, agenti dello Shin Bet, consiglieri all’estero, mercenari, mercanti d’armi.
Di conseguenza la pace costituisce una minaccia per la carriera e il futuro professionali di una fascia importante e prestigiosa di Israeliani, una fascia che ha una grande influenza sul governo.
Pregiudizi sulla qualità della vita
Un accordo di pace esigerebbe una ripartizione uguale delle risorse acquifere in tutto il paese (dal fiume al mare), tra ebrei e Palestinesi, indipendentemente dalla desalinizzazione dell’acqua del mare e dalle tecniche di risparmio dell’acqua. Anche ora è difficile per gli Israeliani abituarsi a economizzare l’acqua in caso di siccità. Non è difficile indovinare quanto sarebbe traumatico limitare il loro consumo d’acqua in nome dell’uguaglianza.
Pregiudizi per la vita sociale
Come hanno dimostrato gli ultimi 30 anni, le colonie di popolamento prosperano come contratti di protezione sociale. Esse offrono alle persone normali quel che il loro salario non potrebbe permettere loro nell’Israele sovrano, all’interno delle frontiere del 4 giugno 1967: terreni a buon mercato, grandi case, vantaggi, sovvenzioni, grandi spazi, una rete stradale superiore e un insegnamento di qualità.
Anche per gli ebrei israeliani che non vi risiedono, le colonie illuminano il loro orizzonte come la soluzione per elevarsi socialmente ed economicamente.

Una pace avrebbe come conseguenza anche di attenuare, anzi di sopprimere completamente, il pretesto della sicurezza che permette la discriminazione contro gli Israeliani palestinesi - nella ripartizione delle terre, le risorse per lo sviluppo, l’insegnamento, la salute, il lavoro e i diritti civili (come il matrimonio e la cittadinanza).
Le persone che sono abituate ad essere privilegiate nel quadro di un sistema basato sulla discriminazione etnica vedrebbero la sua soppressione come una minaccia al loro benessere.

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