26-7-2010

Due proposte per attuare concretamente e limpidamente il dettato della legge sulla Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta (DCNANV)
di Antonino Drago, Massimo Paolicelli, Nanni Salio  
 

Dopo le note e dolorose vicende che hanno caratterizzato l'iter della non attuazione della legge istitutiva della Dcnanv, rimasta disattesa dopo ben dodici anni (v. lettera su Mosaico di Pace, giugno 2010, pp. 4-5), è forse giunto il momento di una prima, seppur assai limitata, possibilità di sperimentazione? Un comunicato dell’Ufficio Naz. SC prospetta il finanziamento di un bando speciale per l’invio all’estero; la somma disponibile corrisponde a quanto costa un solo SC.ista all’estero.  La prospettiva che si presenta sembra ancora una volta ispirata a criteri non accettabili, di subordinazione agli apparati militari e di rischi di minimizzazione da parte dei tanti Enti di Servizio Civile, dei quali pochi finalizzati ad una politica nonviolenta .

Per cambiare questa prospettiva occorre ribadire che siamo in uno Stato Costituzionale, il quale è obbligato ad attuare le sue stesse leggi e a realizzarle, in tutti i casi, secondo fini pubblici. Quindi anche il SC deve tornare ad essere realizzato per una finalità pubblica (quella della difesa alternativa, come dice la Corte Costituzionale) che lo Stato non può dichiarare di ignorare come si possa attuare, quando ci sono esperti in Italia e nel mondo ben disposti a collaborare.

E d’altra parte anche la nostra politica nei confronti dello Stato, su un tema così delicato come l’inizio di una prima difesa alternativa nel mondo, deve essere pubblica.

In questo quadro ci sono due obiettivi politici pubblici che possono evitare l’asservimento della Dcnanv a politiche privatistiche e addirittura sfiguranti:

1)     Proporre che gli invii di SC.isti all’estero avvengano non al solito modo, cioè su progetti delle ONG private, quasi che solo sparuti gruppi minoritari facciano attenzione alla Dcnanv; ma sotto l’ONU venendo incontro al capitolo della Carta dell’ONU che chiede agli Stati di devolvergli parte delle sue forze difensive. In proposito si possono intavolare trattative con l’ufficio PK dell’ONU a New York. In maniera più semplice, basta offrire la somma destinata a questo scopo all’Ufficio italiano ONU, che può bandire altrettanti posti di UN Volunteer grado Junior minimo, posti che costano altrettanto di un SC.sta all’estero. Questo è un sacrificio per i movimenti nonviolenti, ma a fin di bene politico; essi non avrebbero un coinvolgimento diretto (né un finanziamento), ma nell’immediato questa iniziativa, siccome richiede allo Stato un atto solo amministrativo, chiarirebbe subito se esso vuole veramente realizzare una Dcnanv e non suoi sottoprodotti, compromissori con il monopolio dei militari sul concetto di difesa internazionale; e sulla distanza l’iniziativa, che è ripetibile da ogni altro Stato, avrebbe la massima autorevolezza per costruire la Dcnanv in termini politici e giuridici internazionali sperimentati al massimo grado, senza dover dimostrare nulla a nessuno. 

2) Nei rapporti con lo Stato, superare l’esperienza avuta con il Ministero AA.EE., che ci ha qualificato come indistinto “volontariato”, senza valore politico: creare una rappresentanza pubblica, da porre come controparte agli organismi pubblici. Per ogni discussione con lo Stato, indicare un gruppo preciso di persone (Garanti) dal quale lo Stato non deve prescindere per attribuire la parola nonviolenta ad una sua qualsiasi iniziativa. I nomi più autorevoli in questo senso sono: Altieri, Bettazzi, Drago, Fabbrini, L’Abate, Nervo, Pinna, Salio, Venditti (è chiaro che molti altri potrebbero essere aggiunti, sia italiani che non; ma l’importante è indicarne il nucleo).


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