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09 luglio 2010

La cura contro la fame
a cura di Mani Tese

Il 2010 è stato l’anno in cui la Fao (Food and Agriculture Organization) ha reso noti i dati più preoccupanti: la fame nel mondo ha raggiunto il livello storico di 1,02 miliardi di persone in stato di sotto-nutrizione. 

Nei decenni scorsi le politiche imposte dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale hanno esposto maggiormente i Paesi in via di sviluppo alla crisi alimentare mondiale degli scorsi anni: le superfici destinate alle coltivazioni alimentari sono state ridotte enormemente e specializzate in uno o due prodotti per l’esportazione; i sistemi di stabilizzazione dei prezzi sono scomparsi; le economie di autosufficienza sono state spazzate via a causa dell’ apertura dei mercati e della concorrenza sleale tra le società multinazionali e i piccoli produttori locali; sono state abbandonate le politiche di creazione di riserve di cereali pubbliche; gli stanziamenti per finalità sociali sono continuamente e progressivamente diminuiti a causa delle politiche di aggiustamento strutturale; sono state ridotte le sovvenzioni ai prodotti di base e all’agricoltura familiare su piccola scala; le economie dei Paesi poveri si sono ulteriormente indebolite a causa dell’ estrema dipendenza dalle evoluzioni dei mercati e della finanza mondiale.

Conseguenza: la fame nel mondo aumenta invece di diminuire e le politiche agricole sostengono sempre di più un’agricoltura senza contadini. 

Il movimento internazionale Via Campesina ha da anni individuato una valida soluzione per diminuire la fame nel mondo e garantire il diritto al cibo: stiamo parlando della Sovranità alimentare, che non significa cibo padrone ma cibo sano e buono per tutti.

In parole semplici significa la possibilità per gli Stati, le regioni, le comunità locali in tutto il mondo di decidere autonomamente cosa produrre, di scegliere metodi di coltivazione sostenibili e rispettosi dell’ambiente e delle tradizioni locali, di decidere su quali mercati e a quali destinatari indirizzare gli alimenti, di offrire cibi sani e a prezzi accessibili anche alle fasce meno fortunate della  popolazione mondiale, di promuovere in sostanza la riduzione della fame e della povertà. La sovranità alimentare è in grado di migliorare notevolmente la produttività agroalimentare e l’autosufficienza dei piccoli contadini e delle comunità con modalità rispettose dell’ambiente.

Ma in pratica?

I promotori della sovranità alimentare chiedono di lavorare sull’asse produzione-consumo, sviluppando sistemi agroalimentari sostenibili e in grado di favorire i consumi tramite i mercati locali e la diffusione di prodotti come quelli a filiera corta e “chilometro zero”, biologici e quindi con minore impatto sull’ambiente. 

Fissare norme obbligatorie per tutte le imprese, che garantiscano trasparenza, responsabilità pubblica, rispetto dei diritti umani e delle norme ambientali; stabilire leggi atte a bloccare la formazione di monopoli industriali nei settori agricolo e alimentare.

Per concretizzare il concetto di sovranità alimentare è necessario il coinvolgimento e la partecipazione di diversi soggetti, come tutti i consumatori del Nord del mondo, le cui scelte alimentari quotidiane hanno un forte impatto sulla società. Solo un impegno condiviso tra cittadini e istituzioni può realmente cambiare il modo di produrre e consumare cibo.

Il cibo, la terra e le persone devono tornare al centro dell’attenzione e le politiche pubbliche devono avere la funzione di tutelare le persone in quanto produttori e consumatori e difendere la terra.

Intorno al cibo si gioca una battaglia di civiltà enorme: la difesa del cibo è un modo di proteggere l’uomo e la donna. Rimettere questi elementi al centro significa dare futuro alle persone, anche e soprattutto a quelle che vivono nei paesi già colpiti da un impoverimento crescente. A questo punto non manca che convincersi che la fame si può davvero combattere.

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