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Al Fianco del Popolo Kurdo
Appello della Rete Italiana di Solidarieta´ con il Popolo Kurdo

Da molti anni, in Turchia e in Europa, è in atto un tentativo strisciante di criminalizzazione di un intero popolo, quello kurdo; nel silenzio e nell´indifferenza della Comunità Internazionale, esso sta subendo un processo di annichilimento.

Con il pretesto della lotta al terrorismo, la Comunità Internazionale relega i kurdi in un angolo: per essi diviene impossibile organizzarsi e agire; non si rassegnano però a essere spettatori passivi della distruzione della loro identità. 

L´operazione di polizia del 26 febbraio serviva a smantellare, come è stato detto, una rete internazionale finalizzata al reclutamento di militanti per il PKK, da inviare a combattere contro l´esercito turco. Spiegata così, l’azione s’inquadra nel tentativo di criminalizzazione. Nel corso dell´operazione di polizia, tuttavia, non sono state rinvenute armi da fuoco; l´operazione è comunque giustificata affermando che la struttura organizzativa scoperta è parte di una rete internazionale; in Italia vi sarebbe pertanto soltanto la componente che provvede alla formazione politica delle giovani “reclute” kurde. 

La stampa ha profuso fiumi di parole riguardo a tale attività, definendola "indottrinamento"; tuttavia si tratta solo, e non è cosa da poco, della presa di coscienza, da parte di centinaia di giovani kurdi, delle drammatiche condizioni di miseria, sfruttamento e repressione che affliggono il loro popolo, al quale è negata una patria. Essi vengono così a sapere che i loro coetanei rimasti in territorio turco subiscono arresti e torture e, talvolta solo per aver partecipato a manifestazioni, anche dure condanne carcerarie. A ciò non sfuggono nemmeno i minori di età, quantunque la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia sia stata ratificata dalla Turchia. Berivan, 15enne kurda, è fra i 3000 minori processati: è stata condannata a 10 anni di carcere, solo per aver preso parte a un corteo! 

E’ dunque un crimine acquisire una coscienza politica? E’ questo il reato imputato ai figli di persone cacciate dalla propria terra e costrette all’esilio, private di beni e della possibilità di costruirsi un futuro? Non è così; al contrario, proprio la consapevolezza acquisita porta quei giovani a credere in un’organizzazione collettiva capace di agire, soprattutto ricercando il dialogo politico, al fine di esigere la libertà finora negata al popolo kurdo. 

Non sono state affatto spese parole su milioni di sfollati interni, presenti in Turchia, né sulle migliaia di villaggi kurdi che sono stati distrutti in operazioni volte a fare “terra bruciata”: massacrando persino il bestiame presente nelle stalle! Nessun rigo è stato scritto per denunciare l’abnorme decisione giudiziale che ha determinato a dicembre 2009 la messa al bando del Partito della Società Democratica (DTP). Eppure esso partecipava alla vita politica turca: nelle elezioni amministrative di marzo 2009 aveva ottenuto nell’area popolata dai kurdi oltre il 70% dei voti. In seguito oltre 1500 persone, fra sindaci, amministratori, esponenti sindacali e appartenenti alla società civile kurda, hanno subito arresti in Turchia. Perché ciò è passato sotto silenzio? 

Nulla dicono i media su testate messe al bando, giornalisti assassinati, su uccisioni di persone, in Turchia, solo perché intonavano canti kurdi! Si oscurano, altresì, i molteplici tentativi di apertura
di un dialogo democratico che il movimento kurdo continua a compiere, al fine di giungere a una soluzione giusta, pacifica e condivisa della Questione Kurda. Cala una cappa di silenzio sugli appelli al dialogo che il Leader del Popolo Kurdo, Abdullah Ocalan, lancia: quello di agosto 2009 è stato accompagnato da una roadmap per giungere alla pace fra movimento kurdo e autorità turche, che le stesse autorità hanno tuttavia omesso di far conoscere. 

In Turchia e in Europa si lancia in sostanza al popolo kurdo il seguente messaggio: non organizzatevi, non discutete fra voi, restate passivi, mentre la vostra storia è messa nel dimenticatoio e la vostra identità è negata! In Italia la comunità kurda, anche se piccola, si è
comunque integrata pacificamente e propone numerose attività per illustrare la propria cultura millenaria, affinché non vada persa. La società civile italiana ha dimostrato di saper essere solidale con i kurdi e interessata alla conoscenza della loro storia e della loro cultura, della lingua e del folklore; ha anche avviato il dialogo con gli enti locali, per promuovere con essi progetti di sviluppo di cui siano beneficiari i kurdi che vivono in Turchia. Tutto ciò serve anche a ovviare a una linea politica turca che per decenni ha lasciato le province abitate in prevalenza da kurdi in una condizione di sottosviluppo e marginalità.


Noi, firmatari del presente appello: 

- richiediamo all’Europa di non essere parte di un piano di etnocidio, messo in atto dallo Stato turco, ma di far prevalere il diritto, di riconoscere appieno il diritto d´asilo ai profughi kurdi; 
- reputiamo irresponsabile e pericoloso il tentativo di criminalizzazione di un intero popolo, che colpisca qualsiasi sua forma di espressione della sua identità;
- riteniamo pericolosa la condotta della Turchia, che impedisce al popolo kurdo di crescere dal punto di vista politica e porta avanti una guerra infinità e crudele, per esigenze interne di potere; 
- riteniamo che la Questione Kurda potrà essere risolta solo in presenza di un impegno reale, da parte della Comunità Internazionale, finalizzato a pervenire a un’autentica democratizzazione della Turchia, che consenta l’accettazione all’interno di essa di una componente, la popolazione kurda, capace di agire politicamente in maniera paritaria, ricorrendo al dialogo;
- rimaniamo fiduciosi nel lavoro della magistratura italiana, consapevoli che l´eventuale accertamento di responsabilità individuali non potrà e non dovrà condurre a una criminalizzazione di un intero popolo e della sua storia e identità;
- rivendichiamo il pieno diritto di difendere la lotta del popolo kurdo, in Turchia e nella diaspora, dunque anche in Italia. Eserciteremo questo nostro diritto con gli strumenti che ci sono familiari: dialogo, confronto, passione per l´umanità!

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