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Questione Kurda: Lotta Armata o Nonviolenza?

Per i kurdi è giunto il momento di mettere da parte la lotta armata?

Di Carlo M. Miele (Osservatorio Iraq)- foto www.referl.org – Roma – Ad aprire il dibattito è stato il sindaco di Diyarbakir Osman Baydemir, che nei giorni scorsi ha dichiarato pubblicamente che la guerriglia “non rappresenta più uno strumento adeguato” per ottenere il riconoscimento dei diritti della minoranza kurda.

Le dichiarazioni del primo cittadino della capitale simbolica del Kurdistan turco hanno suscitato dure reazioni all’interno della comunità kurda che vive in Turchia, pari a circa 12 milioni di persone.

La più degna di nota è stata quella di Abdullah Ocalan.

Il leader storico del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), detenuto dal ’99 nel super-carcere dell’isola di Imrali, ha criticato aspramente le parole di Baydemir, affermando che la questione non è all’ordine del giorno.

“Seguo la questione (kurda, ndr) sui giornali e talvolta provo rabbia per alcuni sviluppi. Qualcuno dice che la lotta armata non è più valida. Come si fa a decidere una cosa del genere in proprio? Come si fa a dire certe cose se nemmeno da Qandil [le montagne del nord Iraq dove vi sono le basi di migliaia di guerriglieri del Pkk] possono decidere autonomamente?”, avrebbe commentato Ocalan, ripreso dalla agenzia di stampa filo-kurda Firat.

Lo stesso Ocalan, stando alla stessa fonte, avrebbe poi posto l’attenzione sulla trattativa da lui stesso avviata con lo Stato turco.

“Stiamo sviluppando un dialogo maturo con il governo. Altrimenti ci sarebbero stati terribili massacri. Se vi saranno progressi, interverrò personalmente e giocherò il mio ruolo, compreso quello di ritirare il Pkk. Questa decisione non può essere presa da nessun altro se non da me”, avrebbe detto Ocalan.

Opzione non-violenta

Di sicuro le parole di Baydemir contribuiscono ad alimentare un dibattito già vivo in Turchia.

Negli ultimi mesi, infatti, la disobbedienza civile sembra aver conquistato terreno tra i kurdi, come dimostra lo sciopero attuato alla metà di settembre da migliaia di studenti del sudest per chiedere l’insegnamento in lingua kurda all’interno delle scuole statali.

E sulla stessa scia si inserisce la campagna “Leggi parla e scrivi in kurdo ovunque”, lanciata per protestare contro i divieti tuttora vigenti in Turchia all’utilizzo della lingua kurda.

Con questa iniziativa, l’ong promotrice TzpKurdî (Tevgera Ziman û Perwerdahiya Kurdî) mira a ottenere l’insegnamento in kurdo nelle scuole, la possibilità di parlare in kurdo sia in contesti privati che pubblici, così come in occasione di manifestazioni politiche.

Alla campagna hanno già aderito decine di organizzazioni, comprese l’Associazione per i diritti umani (Ihd), il Sindacato degli insegnanti di Diyarbakir, l’Associazione dei familiari delle persone scomparse in Mesopotamia (Meyader) e il Centro per le donne (Kamer).

Nel frattempo il Pkk ha prolungato il cessate-il-fuoco unilaterale lanciato la scorsa estate, proprio allo scopo di “spingere Ankara verso una soluzione democratica della questione kurda”.

La nuova scadenza per la ripresa delle ostilità è fissata alle elezioni politiche turche del prossimo anno, previste per giugno. Nena News

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