Tratto da La Nonviolenza è in Cammino

Verso Il 2 Ottobre. Nonviolenza E' Liberta'
di Carlo Gubitosa

Carlo Gubitosa, giornalista e scrittore, e' segretario di "Peacelink" (la principale rete telematica pacifista italiana, sito: www.peacelink.it <http://www.peacelink.it> ), collabora con varie testate ed e' uno dei piu' noti operatori dell'informazione di area pacifista e nonviolenta. Tra le opere di Carlo Gubitosa: (con Enrico Marcandalli e Alessandro Marescotti), Telematica per la pace, Apogeo, Milano 1996; Oltre internet, Emi, Bologna 1997; L'informazione alternativa, Emi, Bologna 2002; Genova, nome per nome, Berti, Piacenza 2003

C'e' un alternativa tra la rassegnazione e la rivolta? Che cosa fare qui e ora, nel tempo storico in cui viviamo, per combattere le ingiustizie e le violenze che condizionano la nostra vita? Che spazi di espressione possono avere la rabbia, l'indignazione e la voglia di ribellarsi? Come occupare questi spazi senza innescare spirali di scontro?
A 141 anni dalla nascita di Mohandas Gandhi, la sua figura ci interroga su tutte queste domande, attualissime come attuale e' il conflitto che da sempre contrappone gli uomini potenti ai popoli su cui si fonda il loro potere.
Osservo quanta strada si sia fatta in questi 141 anni. Osservo la politica, inizialmente incapace di accettare un servizio alla patria diverso da quello armato, che oggi si ritrova concorde nell'affermare l'inutilita' della coscrizione obbligatoria. Osservo idee come l'obiezione di coscienza, la disobbedienza civile e il boicottaggio, che hanno da tempo abbandonato il mondo delle teorie per diventare concetti popolari e diffusi nella pratica quotidiana. Osservo il pensiero di grandi uomini come Gandhi e di grandi italiani come don Milani, Aldo Capitini e Danilo Dolci che acquistano sempre piu' forza col passare del tempo, mentre la traccia lasciata dai rivoluzionari armati si affievolisce sempre di piu' con il passare degli anni, perche' nella lotta armata alla lunga ha sempre vinto il potere. Osservo tutto questo e provo speranza.
Ma poi osservo quanta strada ci sia ancora da fare, e mi sento voce nel deserto quando sostengo l'urgenza di organizzare la resistenza alle strutture di dominio con gruppi di azione nonviolenta, preparati e addestrati al conflitto meglio di quanto gli eserciti siano addestrati alla guerra. Osservo la protesta popolare che si coagula in iniziative tanto genuine quanto disorganizzate, prestando il fianco a chi vorrebbe tacciare di "squadrismo" qualsiasi iniziativa di contestazione al potere e ai suoi abusi.
I nostri leader politici sembrano preparati su ogni possibile questione: l'economia, l'occupazione, l'energia, l'ambiente, e su questi temi hanno riflettuto e studiato per costruire teorie complesse in grado di renderli credibili agli occhi dei loro elettori. E allora come mai dopo aver studiato tutte queste cose non sentono il bisogno di approfondire lo studio della cultura nonviolenta? Come mai una folla disarmata e composta che fischia a mani nude viene tacciata di squadrismo per aver tolto la parola a un uomo che puo' parlare a piacimento su tutte le televisioni nazionali con un semplice schiocco di dita? Come mai su un settore cosi' cruciale e delicato come quello della gestione dei conflitti sociali si naviga in un oscuro pantano di ignoranza? E allora ci fa bene ripartire da Gandhi, e ripercorrere le tappe storiche della nonviolenza per essere preparati ad affrontare le sfide del futuro.
Se i capi e capetti di partito avessero studiato la nonviolenza quanto il liberismo, anziche' combattere i fischi e i pernacchi lanciati dal popolo scoprirebbero che in molti casi la resistenza dal basso si traduce in un "pernacchio al potere", scoprirebbero che la forza di un leader sta nell'ascoltare, interpretare e capire i pernacchi del suo popolo, e scoprirebbero infine che alcuni tra i piu' grandi pernacchi fatti al potere nella storia della nonviolenza sono stati azioni di irriverente sfotto' verso le regole di "buona educazione" e di "convivenza civile" stabilite dai potenti di turno.
Gandhi ha fatto la "marcia del sale", invitando le folle a seguirlo per produrre gratis col proprio lavoro quel sale, e si e' fatto beffe delle tasse imposte dalla potenza coloniale britannica, che usava questa materia prima per mettere le mani in tasca ai piu' poveri, e sfruttare chi era gia' sfruttato. King ha risvegliato la coscienza dei neri d'America grazie all'irriverenza di Rosa Parks, che un bel giorno ha deciso di salire sull'autobus per sedersi nei posti riservati ai bianchi, dimostrando che il suo senso di giustizia era piu' forte e legittimo delle regole scritte dall'"autorita'", e che ogni uomo e donna ha il diritto di farsi beffe delle leggi stabilite "democraticamente" quando la sua coscienza le considera ingiuste.
Aldo Capitini fece il suo pernacchio al potere rifiutando di prendere la tessera del partito fascista, una scelta che gli costo' il posto di segretario alla normale di Pisa.
Danilo Dolci organizzo' uno dei piu' grandi sberleffi della storia italiana con lo "sciopero al contrario", al quale parteciparono centinaia di braccianti e contadini decisi ad affermare il diritto al lavoro. Vecchie strade di campagna (le cosiddette "trazzere") furono rimesse in sesto dagli "scioperanti", per dimostrare che in Sicilia non mancava il lavoro da fare, ma la volonta' politica di combattere la disoccupazione.
I partecipanti allo "sciopero al contrario" vennero processati per occupazione abusiva di suolo pubblico, e Danilo Dolci fu messo in carcere per due mesi assieme ai sindacalisti che avevano appoggiato l'iniziativa. Ma proprio quando sei perdente agli occhi del potere, e il carcere viene usato come strumento di massima repressione e privazione della liberta', i semi piantati dalla lotta nonviolenta iniziano a dare i loro frutti. L'eco dello "sciopero al contrario" raggiunse vari paesi del mondo, e i piu' noti intellettuali italiani e stranieri dell'epoca si coalizzarono attorno alle lotte nonviolente di Danilo.
Perfino Gesu' Cristo (anche lui arrestato e incarcerato come Dolci, Gandhi e Capitini) e' stato condannato a morte per i suoi sberleffi al potere, dopo aver preso in giro l'ipocrisia di scribi e farisei chiamando "sepolcri imbiancati" uomini potenti e meschini che sostenevano di agire in nome di Dio.
Tutte queste azioni sono state dei pernacchi rivolti al potere, dei gesti irriverenti considerati pericolosissimi per il loro valore simbolico, politico, culturale, etico e filosofico. E ci dimostrano che ognuno di noi, anche senza eserciti, partiti o leader alle spalle, puo' cambiare la storia con un pernacchio al potere fatto con l'animo orientato alla nonviolenza.
Ogni momento della storia in cui uomini disarmati e appassionati hanno fatto sentire la loro voce, guidati unicamente dalla loro coscienza e dalle loro persuasioni interiori, sta li' a dimostrare che c'e' un alternativa tra la rassegnazione e l'insurrezione. Le esperienze di vita delle deboli creature umane trasformate in grandi leader dalla forza della verita' ci dimostrano che l'azione diretta nonviolenta e' la cosa migliore da fare qui e ora, nel tempo storico in cui viviamo, per combattere le ingiustizie e le violenze che condizionano la nostra vita. L'eredita' culturale, letteraria e morale, lasciata da chi ci ha preceduto nell'azione nonviolenta, ci rivela che spazi di espressione possono avere la rabbia, l'indignazione e la voglia di ribellarsi, e ci insegna come occupare questi spazi senza innescare spirali di scontro.
Abbiamo tutti gli strumenti in mano per cambiare il mondo lottando contro la violenza, la poverta', lo sfruttamento di popoli e nazioni. Ma per farlo la prima lotta da vincere e' quella contro la nostra ignoranza della cultura nonviolenta, la nostra impreparazione nell'oganizzare azioni dirette conformi ai principi della nonviolenza e la nostra paura nell'assumerci le inevitabili conseguenze di ogni seria lotta nonviolenta. La scommessa da fare sul genere umano e' che tutti questi ostacoli possano essere superati.
 

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