Paolo Arena e Marco Graziotti Intervistano Fredo Olivero

Don Fredo Olivero e' in Italia una delle figure piu' autorevoli dell'impegno di solidarieta', di pace e di nonviolenza; e' stato per molti anni responsabile dell’Ufficio “Stranieri e Nomadi” del Comune di Torino, ed e' direttore dell’Ufficio Pastorale Migranti dell’Arcidiocesi di Torino e direttore di Migrantes Piemonte/Valle d’Aosta; coordina stabilmente i centri di ascolto e accoglienza della Caritas-Migrantes e le attivita' della Pastorale. E' autore di molte utilissime pubblicazioni
 
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come e' avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?
- Fredo Olivero: Il mio accostamento alla nonviolenza e' cominciato nel giugno 1967 con la lettura del testo della scuola di Barbiana, animata da don Lorenzo Milani, Lettera a una professoressa, che venne pubblicato in quei giorni: sconvolse il modo in cui ero stato formato e mi apri' gli occhi rispetto alla lettura della storia recente.
Un altro testo che mi preparo' culturalmente fu l’enciclica di papa Giovanni XXIII “Pacem in terris” del 1963 nella quale il pontefice si rivolgeva “a tutti gli uomini di buona volonta'”, credenti e non credenti, perche' la chiesa si deve aprire e guardare a un mondo senza blocchi ne' muri.
La proposta “ricercare cio' che unisce e non cio' che divide!” e' stata il punto di lettura degli avvenimenti laici ed ecclesiali.
Tutto il tempo del Concilio Vaticano II accompagno' la mia formazione teologica nel seminario per l’America Latina di Verona e mi apri' ad una visione “cattolica” del mondo, cioe' universale, sotto la guida di un uomo eccezionale, don Fernando Pavanello, ancora vivo, ma messo da parte dalla Chiesa che contava, anima della chiesa conciliare in America Latina, inviando centinaia di giovani preti “fidei donum” e seguendoli con la sua presenza ogni anno.
Negli anni piu' recenti mi aiuto' il collegamento del sindacato italiano con la Polonia di Solidarnosc - sindacato pacifista - in particolare con uno degli uomini migliori, che incontrai e sostenni, pacifista ed obiettore di coscienza Jerzy Popieluszko, ucciso dal potere con il silenzio-assenso della Chiesa che lo vedeva come “un sassolino nella scarpa” da togliere di mezzo con le sue omelie e messe troppo orientate alla solidarieta'.
Poi la cultura diversa di Gandhi e la rivolta nonviolenta del popolo indiano mi hanno insegnato la possibilita' di una nuova strada per la vita “in pace”, sempre smentita dalla scelte di potere, ma valida nelle sue scelte di fondo. Scelta di lotta che libero' il popolo indiano attraverso la resistenza nonviolenta al regime coloniale inglese.
Ed, infine, il Vangelo di Cristo, che ancora oggi guida le mie scelte molto critiche nella chiesa cattolica. Certamente non un testo “pacifista”, ma una proposta di fede dove i nonviolenti trovano la loro collocazione.
La lettura di Hans Kung (Cio' che credo, 2010) e' la sintesi di cio' che anch’io condivido. La teologia della liberazione ha avuto ed ha una base popolare forte nell’America Latina che conosco. La sua strada e' oggi di “liberazione e resistenza al potere“ anche nella chiesa cattolica, al dominio, per una scelta di servizio dove i poveri sono protagonisti.
Nelson Mandela, ed ancora prima le “marce” di Martin Luther King, mi hanno convinto che questa e' la strada maestra per una convivenza positiva.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalita' della nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'?
- Fredo Olivero: La figura di Cristo, riletta alla luce dei nuovi avvenimenti e delle sue scelte, e' forse quella che piu' mi convince per le mie radici culturali.
Il don Milani di Barbiana, rude e talora aggressivo, ma uomo di pace e di nonviolenza (“Lettera ai cappellani militari”) mi ha segnato nelle scelte di chiesa.
I teologi della liberazione (da Gustavo Gutierrez a Vigil, da Frei Betto - che conosco personalmente - a Boff, da Ellacuria a Kung) mi convincono che una lettura seria di questa teologia puo' rendere nuovamente credibili i cristiani e la chiesa fatta di cristiani battezzati (quindi sacerdoti), protagonisti possibili per un tempo in cui la chiesa si svestira' dei compromessi con i poteri corrotti e non, senza piu' credere nel potere delle “banche armate”, degli eserciti.
Infine uomini come Popieluszko, ucciso perche' aveva data la parola libera agli operai (40.000) delle Fonderie Nova Huta, che davanti alla chiesa di S. Stanislao Kosta prendevano la parola (ogni primo venerdi') per commentare in modo liberante il Vangelo coniugato con una vita di liberazione che sentivano vicina e che ritrovavano nella rilettura del Vangelo.
Oggi Gandhi pesa ancora nelle scelte mondiali: pochi, pero', lo scelgono fino in fondo come modello. Sono tentati, ma solo a parole, poi i fatti li smentiscono.
Uomini come Sereno Regis (e l’associazione fondata da Nanni Salio e a Sereno Regis intitolata dopo la sua morte per ricordare le sue scelte ed approfondirle) mi hanno insegnato a fare un sindacato liberante prima (e non solo promotore di diritti economici!) e, poi, un lavoro di integrazione pacifica tra immigrati e nativi. Cosa possibile se ai muri si sostituiscono guadi e ponti.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?
- Fredo Olivero: I libri che consiglierei sono: i testi di Gandhi; i messaggi di Martin Luther King; Lettera ad una professoressa di don Milani e della scuola di Barbiana; le riflessioni raccolte nella biblioteca di un centro come il "Sereno Regis" (anche se non pochi sono i libri, ma piu' interessanti le loro dispense e ricerche); la Pacem in terris di Giovanni XXIII ed alcuni testi della Teologia della Liberazione (anche al femminile). Poi “esperienze di intercultura” come il Cem o - piu' piccole - come l’Asai di Torino (che da dieci anni fa crescere giovani e ragazzi, a centinaia, senza confini!). Sono gli stessi che metterei in una biblioteca.
Sul piano interreligioso, tutti i testi che affrontano il tema con il coraggio di leggere le diverse fedi per metterle in dialogo, senza pensare alla “superiorita'” di una, ma leggendole tutte come strade per cercare Dio.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con piu' impegno?
- Fredo Olivero: Parto dall’Italia: per me fu significativa, anche personalmente, l’obiezione alle spese militari, la stessa obiezione di coscienza al servizio militare (diventata in molti casi non condivisa dagli stessi obiettori ma scelta piu' “comoda” del servizio militare). Fece riflettere i giovani degli anni ’80-’90.
Oggi sono significativi: tutti i cammini di dialogo ed integrazione culturale fatti con i nuovi cittadini ed i nativi (soprattutto giovani).
In questi ultimi dieci anni, per me, ha molto senso il lavoro orientato a superare muri e steccati con il dialogo, il confronto, la composizione dei conflitti.
Insieme a questi hanno significato, perche' si pongono nella linea della costruzione di pace vera, movimenti come Libera, le associazioni e le cooperativa di resistenza alle mafie.
Infine i lavori di riflessione di centri di cultura per la pace (il Centro Studi "Sereno Regis" e il vostro “La nonviolenza e' in cammino”) ci permettono di ragionare e proporre percorsi diversi di convivenza, di capire come si potrebbero reperire ed investire le risorse sociali ed economiche in un paese senza guerre ("di pace") e senza eserciti.
A livello mondiale, tutti i movimenti per i diritti umani (non credo molto all’efficacia di centri come l’Onu, l’Unesco, frutto di mediazioni e poteri imposti, se non diventano “operatori di pace”, non creatori di “eserciti di interposizione” tra le parti!).
L’esperienza dell’economista Yunus mi ha molto interessato (forse perche' l’avevo provata con i “sem terra” in un progetto brasiliano a Rio de Janeiro): il microcredito, il prestito dato a chi non ha le garanzie richieste dalle banche per la restituzione, la garanzia sulla parola tua e della famiglia. Questa e' una forma vera di nonviolenza verso i poveri e di fiducia!
La teologia della liberazione, i movimenti indigeni, i "sem terra" hanno, di volta in volta, avanzato proposte di pace con i rischi di violenza se non e' controllata. Ma passa attraverso questi cammini la composizione dei conflitti sociali e l’educazione concreta alla nonviolenza come stile di vita.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento?
- Fredo Olivero: Se mi riferisco all’Italia, credo sia quello della cultura della convivenza tra diversi. L’immigrazione va affrontata, prima, sul piano culturale, poi sociale. Capire che e' una risorsa, che una nuova cultura e' positiva anche se e' diversa, e' essenziale per ogni intervento sociale.
Poi, in ambito scolastico: istituzione che ha quasi abbandonato questo impegno.
Sul territorio con i giovani, perche' riescano a trovare le ragioni per convivere senza “distruggere l’altro”.
Vi e' poi l’ambito ecologico: la nonviolenza verso la “terra madre”, rispetto in ogni campo per lasciare una terra migliore (l’unica dove vivere oggi) alle generazioni future. Anche la non privatizzazione dell’acqua e', per l’Italia, oggi, un cammino sul divieto di condizionare la vita dei poveri comprandosi le risorse insostituibili!
A livello mondiale: vanno ripensate e terminate le “guerre di pacificazione” (Iraq, Afghanistan, Somalia, Sudan) e, quindi, il lavoro per trovare vie per il dialogo ed il sostegno allo sviluppo, investire i fondi nello sviluppo sostenibile (microcredito, sostegno alle iniziative che combattono l’emarginazione). Per gli immigrati: “aiutarli a restare a casa loro”, ma con dignita' e riconoscimento dei diritti, investendo risorse vere subito.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalarebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?
- Fredo Olivero: Non segnalo le grandi iniziative mondiali, da tutti conosciute.
Mi fermo a casa nostra. Il vostro centro e', per l’Italia, un riferimento soprattutto culturale: esame di esperienze, proposte, riflessioni. Poi i centri (limitati) di ricerca della pace: dalla catena di Peacelink, ai vari centri di difesa della natura, dal Centro Studi Sereno Regis a Pax Christi.
Vorrei, però, sottolineare l’importanza di associazioni nate con altri obiettivi, ma che, in realta', usano il metodo nonviolento. Indico, una per tutte, l’Asai (Associazione di animazione interculturale) che da dieci anni sul territorio delle “periferie del centro” di Torino (luoghi di prima immigrazione) fa incontrare centinaia di giovani di cinquanta diverse nazionalita', che, nella scuola e nel territorio, si confrontano, si incontrano, fanno doposcuola, passano insieme i “centri estivi” o i campi di riflessione.
Inoltre, i gruppi ecumenici, i centri per la “composizione dei conflitti” (vedi Gruppo Abele). Coloro che lavorano per l’integrazione dei rifugiati come il “Centro Astalli” di Roma, il coordinamento “Non solo asilo” di Torino, “Terra del fuoco” che si occupa dell’integrazione dei Rom, le iniziative di contrasto alla soluzione violenta dei conflitti come il Centro Caritas di Milano (don Colmegna).
Questi sono quelli che seguo direttamente.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?
- Fredo Olivero: La nonviolenza e' la soluzione dei conflitti senza l’uso della forza fisica, repressiva, impositiva della armi, ma attraverso la composizione tra le persone, nella societa', tra culture e popoli con forme di dialogo, confronto, nel pieno rispetto dei diritti di tutti, anche dei piu' deboli.
Le caratteristiche fondamentali sono: il rispetto di tutte le persone (e tutti i viventi), mettendole sullo stesso mio piano e, quindi
il rispetto e la valorizzazione dei diritti umani; la considerazione positiva delle diverse culture, lingue, religioni; la volonta' di convivenza attraverso il dialogo rispettoso; la rinuncia ad ogni forma di uso della forza contro un altro: togliere la vita (pena di morte) e' un reato contro l’umanita'; la fine dell’utilizzo degli eserciti armati per risolvere militarmente le ragioni dei conflitti tra i popoli; la creazione di una nuova cultura che prepari gli uomini a convivere pacificamente nel dialogo e nel rispetto reciproco; l’eliminazione dalla religioni ufficiali di ogni giustificazione all’uso della forza in nome di Dio e della fede.
Direi, in particolare, la rinuncia ad andare sempre ad un confronto legale, della giustizia formale, rinunciando a qualche diritto non essenziale per trovare l’accordo: composizione dei conflitti.
E, questo, tra persone, gruppi, stati.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?
- Fredo Olivero: E’ la parte femminile della rivolta del ’68 rimasta in piedi. Non voglio fare valutazioni, anche se ho conosciuto bene questo aspetto all’interno del sindacato e nella citta'. La lettura della storia quotidiana fatta dalle donne e' una grande risorsa: ci ha fatto scoprire aspetti normalmente sottovalutati e, talora, ignorati. Ci sono settori di questo movimento che utilizzano la stessa nonviolenza partendo da un ambito piu' sottovalutato del potere sociale. Utile, quindi, culturalmente e socialmente, si puo' lavorare insieme a chi e' convinto di questo cammino.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?
- Fredo Olivero: Vi è un modo serio, rispettoso della vita di chi lavora sulla terra dove e' nato, che e' il vero rapporto nonviolento con la natura.
Ogni forma di difesa della vita (ecologia) puo' essere nonviolenta. In particolare, il contrasto alle nuove tecnologie non controllabili (nucleare), all’estrazione del petrolio in qualsiasi modo per mantenere una cultura del consumismo, la difesa delle vittime del nucleare e delle guerre e' ecologia.
Ma vi e' un aspetto che ritengo valga la pena di essere affrontato con maggiore serieta': gli idrocarburi (petrolio), risorsa enorme, devono essere usati per il trasporto, il riscaldamento solo dell’attuale generazione? I nostri figli non ne hanno diritto? Dobbiamo rischiare l’inquinamento irreversibile per arrivare ad utilizzare nuove fonti?
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza, impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?
- Fredo Olivero: Sono sempre stato contrario alle associazioni che  esistono solo sulla carta, cartelli ideologici che sono vissuti sfruttando l’antirazzismo. Oggi, pero', e' il tempo di partire dai diritti umani delle persone per arrivare a combattere ogni forma di razzismo. Si va dall’accoglienza dei clandestini che sono per lo piu' dei richiedenti asilo, al dialogo sul territorio. Quello che oggi e' fatto dai cartelli di associazioni contro il respingimento, per l’accoglienza dei migranti e rifugiati mi pare piu' serio che in passato. Hanno una parte importante coloro che difendono la salute dei “non cittadini” (barboni, irregolari stranieri, donne e uomini vittime di tratta, ecc.). E’ questo il diritto ad una vita dignitosa.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotta antimafia?
- Fredo Olivero: Coloro che operano in Italia ed in Europa per contrastare la mafia (ad esempio Libera, Gruppo Abele, Acmos, gruppi antimafia delle regioni interessate da Policoro a Palermo, da Napoli a Reggio Calabria, da Bari a Badolato) usano i principi della lotta nonviolenta. Una maggiore attenzione dei movimenti nonviolenti va data alle iniziative di recupero culturale, economico e sociale dei beni sottratti. Se non si utilizzano socialmente, tornano, di fatto, sotto il controllo della mafia. Va fatto un lavoro di appoggio per creare un clima culturale e politico accogliendo e sostenendo le loro iniziative. Dobbiamo coinvolgere, anche, le forze di polizia che condividono questa strada...
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse?
- Fredo Olivero: Dobbiamo distinguere molto tra occidente e sud del mondo. Il sindacato in occidente (vedi Italia ed Europa) e' accettato dalla societa': difende i diritti dei lavoratori (di alcuni, per lo piu' gia' garantiti). Ogni movimento puo' essere un luogo dove far conoscere le proposte nonviolente. Il sud del mondo ha movimenti anche molto diversi e piu' impegnati a difendere la sopravvivenza dei deboli. Con questi movimenti (della terra, delle donne, dell’acqua, della salute) si puo' essere molto piu' vicini e propositivi. Ma il movimento nonviolento e' quasi assente dal movimento dei lavoratori che, sovente, non e' convinto che la “composizione dei conflitti” e' possibile.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli oppressi?
- Fredo Olivero: Negli anni ’70-’80 ho sostenuto le lotte dei popoli oppressi: dal Vietnam alla Bolivia, dal Brasile all’Argentina, all’Uruguay, al Cile (oppressi dai generali), dal Centro America (Nicaragua, El Salvador, Guatemala), alla Polonia (Solidarnosc, che considerava “l’orso russo” irrecuperabile). Avendo seguito gia' in precedenza Cuba e Che Guevara, la lotta di liberazione non mi faceva rabbrividire. Era il popolo che si ribellava, anche se - quasi sempre - erano normalmente le persone del popolo a morire. In particolare, visitando a meta' degli anni ’80 il Vietnam capii che per alcuni aspetti era una lotta popolare di resistenza e l’invasore Usa era terribile portatore di morte e distruzione. Questo non significo' mai approvare l’autoritarismo del regime comunista.
Leggendo Gandhi e seguendo l’est europeo incontrai il movimento politico-sociale e sindacale polacco Solidarnosc che era frutto di lotta di popolo, di lavoratori e nonviolento per scelta contro un regime (“l’orso russo”, come veniva chiamato) che avrebbe distrutto ogni armata.
Credo che non ci siano, oggi, esperienze di lotta nonviolenta, se non limitate, e, quando vi sono, sovente vengono distrutte od emarginate e considerate utopie (irrealizzabili). Il Brasile di Lula e' figlio di un cammino complesso, ma certo - in alcuni aspetti - di scelte nonviolente. Forse lo stesso Paraguay del vescovo Lugo, la lotta di Aung San Suu Kyi in Myanmar, e ben poco altro.
I piu' pensano che le armi siano “un grande mezzo” e che la “resistenza armata“ sia legittima ed efficace. Credo, invece, che - se alcuni movimenti sociali crescessero - la nonviolenza sarebbe un cammino possibile.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e pacifismo?
- Fredo Olivero: Nonviolenza e pacifismo sono, per me, due modi simili di affrontare il problema centrale della convivenza umana. La prima parte da una scelta (la nonviolenza), l’altro dall’obiettivo (la convivenza pacifica). Le scelte possono dar vita ad un futuro comune, almeno negli obiettivi centrali.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e antimilitarismo?
- Fredo Olivero: L’antimilitarismo e' un aspetto primario e cruciale della nonviolenza: le armi, gli eserciti sono una sottrazione enorme di risorse alla qualita' della vita dei ceti piu' deboli. Le “guerre per la pacificazione” sono, sovente, la copertura di una guerra non dichiarata o camuffata o giustificata. La produzione e l’esportazione degli armamenti e' una grande promozione contro la cultura della nonviolenza. La gente comune, alcuni anziani che hanno “fatto la guerra” (come mio padre), non hanno il coraggio di dire che questo e' stato un periodo infame, che ha sottratto uomini e risorse ai paesi, e che, alla fine, c’era solo distruzione. Il Mir (anche negli aspetti di ricostruzione dei rapporti conflittuali) merita un riconoscimento. Il lavoro da fare oggi e' sulle persone coinvolte, sui giornalisti, sulla gente normale.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e disarmo?
- Fredo Olivero: Il disarmo e' una scelta dei popoli e degli stati, il cammino per non distruggere l’avversario. La nonviolenza e' la strada da percorrere per convincere un popolo ed un governo che questo strumento e' una scelta positiva che mi porta su altre strade: convivenza pacifica, maggiori risorse di vita risparmiando armi, eserciti, morti, distruzioni, guerre. Senza disarmo la nonviolenza rischia di tornare ogni volta da capo e rendere inefficace il suo cammino.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e psicoterapie?
- Fredo Olivero: E’ una scelta possibile per aiutare l’uomo e la donna ad uscire dal disagio mentale con strumenti che non li privino della liberta'. Alcuni percorsi psicoterapeutici si muovono su linee pacifiste, di superamento del disagio in modo incruento, dialogico, ridando dignita' ai pazienti. Altri utilizzano (per quel che conosco) la stessa violenza per aiutare ad “uscire dal disagio”. Quindi e' uno strumento possibile, ma con risvolti anche ambigui.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e informazione?
- Fredo Olivero: La violenza dei regimi, oltre alla forza degli eserciti, utilizza lo strumento dell’informazione al servizio del potere: e' un’arma micidiale di consenso. Non e' possibile costruire pace, attraverso la nonviolenza, senza l’appoggio dei media. Poi c’e' un’informazione di base (forse si tratta piu' di formazione) fatta alla persona per renderla capace di comprendere le ragioni della scelta nonviolenta e di farla propria con costanza nel tempo. E’ il compito di centri come il vostro che conduce verso una convinzione documentata e serena.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione filosofica?
- Fredo Olivero: La scelta nonviolenta e' una scelta culturale e, quindi, anche una scelta filosofica che proviene da una certa visione del mondo umano, dove i contrasti, i conflitti tra persone e popoli possono trovare sempre una composizione in positivo. Questo taglia la testa ad ogni lettura filosofica autoritaria. Quindi, solo una filosofia umanizzante e' possibile con la scelta nonviolenta, non integrista sul piano religioso, non autoritaria sul piano della fede, democratica nel confronto sociale.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione delle e sulle religioni?
- Fredo Olivero: Tutte le religioni “del libro”, che affermano un Dio onnipotente, si sono asservite ai capi religiosi delle rispettive chiese, facendo di loro “l’immagine in terra” del Dio onnipotente. La burocrazia religiosa sia del cristianesimo cattolico, che dell’islam che dell’ebraismo e', purtroppo, cosi', con sfumature e comportamenti diversi. Quando potere politico e religioso si sono alleati e supportati, sono nate religioni di regime che hanno favorito l’integrismo. Questa lettura non e' totalizzante, ma, certo, ha basi storicamente dimostrabili. Condivido l’analisi di Hans Kung in Cio' che credo (Rizzoli, 2010), che e' vicino alle scelte della nonviolenza.
Ma e' possibile un altro cammino? Penso che solo se si lascia, come ci annuncia il Cristo, la “liberta' dei figlio di Dio” a chi crede, la fede e la religione possono essere positive. La paura di “chiese” democratiche e' un abbaglio: il servizio critico del potere e' scelta nonviolenta.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'educazione?
- Fredo Olivero: E’ certamente una scelta alternativa per l’educazione: far crescere nella nonviolenza e' una forma educativa fondamentale. Preparare e convincere le nuove generazioni ad un futuro di dialogo e di pacifica convivenza, far comprendere che il diverso e' bello, che l’immigrato e la sua cultura sono una risorsa - mentre quasi tutti i media e la politica predicano l’opposto - e' veramente difficile. La nonviolenza ha come strada maestra l’educazione, il far crescere i giovani affinche' pensino e ragionino con la propria testa. Se non nascono reti, centri di cultura e di riflessione, scuole, universita' capaci di proporre questa strada, la nonviolenza non ha futuro. Proporre questi cammini anche concreti (lo sperimento con l’Asai gia' citata) e' possibile, e' bello e molto piu' interessante ed efficace.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'economia?
- Fredo Olivero: L’economia di sviluppo e' considerata, oggi dai piu' come l’unica strada da imporre per guidare un paese. Ma quale economia e' possibile? E’ possibile un’economia che permetta consumi non crescenti, ma una qualita' migliore della vita?
Credo che le riflessioni che la nonviolenza pone ai paesi ed ai governi siano: e' inutile produrre armi sottraendo risorse alla qualita' della vita; e' inutile un esercito che serva a consumare risorse in tempo di pace e distruggerle nelle guerre; vi e' una possibilita' di vita migliore se non consumistica, senza eserciti e senza armi; per i paesi del sud del mondo, dove armi, eserciti e guerre consumano un terzo delle risorse, certo che ha qualcosa da dire; ma anche per i paesi del nord, trainati da produzioni di sistema di armi e consumi dannosi (auto che rovinano l’atmosfera, produzioni inquinanti, estinzione di fonti energetiche non rinnovabili, risorse umane e finanziarie consumati nella produzione di armi di distruzione).
Dunque si', l’economia attuale espansionistica e' in contrasto con la nonviolenza che propone qualita' della vita anche senza crescita del Pil di un paese.

 

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