Fonti: Associated Free Press, Oceans' fish could disappear in 40 years:

UN, 17 maggio 2010

ONU: I Pesci Potrebbero Scomparire Entro 40 Anni

Report ONU denuncia la situazione di sovrasfruttamento nei mari e i vergognosi sussidi pagati all'industria della pesca. 

Non e' la prima volta che fonti autorevoli mettono in guardia contro il rischio di estinzione di diverse specie di pesci a causa della pesca industriale. Questa volta sono fonti ONU ad avvertire del rischio di oceani senza piu' pesci entro il 2050 se non si porranno limiti all'attivita' dei pescherecci. Lo ha affermato Pavan Sukhdev, capo della iniziativa Green Economy all'interno del Programma Ambientale delle Nazioni Unite in una recente conferenza tenutasi a New York nel maggio di quest'anno. 

Questo rapporto sostiene che il disastro puo' essere evitato a patto di tagliare le sovvenzioni alla pesca e di creare aree protette per i pesci. 

Secondo gli esperti del Programma Ambientale dell'ONU, il fallimento della conferenza di Doha in marzo sulla moratoria del commercio del tonno rosso, a opera di potenti lobby giapponesi e di altri paesi con forti interessi nel consumo di questa specie, deve essere considerato solo come un segnale di una catastrofe molto piu' vasta. Attualmente solo un quarto degli "stock" di pesce, quelli piu' economici e meno ricercati, sono considerati in equilibrio, mentre il 30% degli altri stock sono gia' praticamente al collasso. 

Il rapporto mette poi in evidenza quella che viene considerata la causa prima di questo disastro: i sussidi governativi che ottusamente sostengono flotte di pescherecci sempre piu' grandi per pescare sempre meno pesci. Il risultato di questi politiche, ha dichiarato Sukhdev, e' quello di avere delle flotte con una capacita' di pesca superiore del 50-60% rispetto a quello che sarebbe sostenibile. 

Gli attuali 27 miliardi di dollari in sussidi governativi contro un valore del pescato di soli 85 miliardi, devoluti per lo piu' dai paesi ricchi, sono stati definiti da Sukhdev come un investimento "perverso". 

Il rapporto propone la ritrutturazione delle flottiglie di pescherecci verso barche piu' piccole e la creazione di aree protette dove i pesci possano svolgere compiutamente il loro ciclo riproduttivo. 

E' sufficiente? Secondo noi no, se parallelamente non si promuovono azioni per far crescere la consapevolezza del problema e cambiare le abitudini alimentari. Sara' ben difficile che si possa frenare e invertire questa tendenza ad un uso scriteriato delle risorse se nutrizionisti, media e comunicazione commerciale continuano a magnificare il consumo di pesce. La gente deve sapere che quel pesce costa cosi' poco perche' per un terzo e' pagato con i soldi di tutti, e che pescare distrugge l'equilibrio di ecosistemi essenziali. 

Proprio in questi giorni e' in atto nel Mediterraneo una "battaglia" tra l'associazione conservazionista Sea Shepherd, e i bracconieri di tonno rosso, tra cui molti italiani, vale a dire o pescherecci battenti bandiera italiana, o pescherecci di fatto italiani ma battenti bandiera di altri stati. Pochi giorni fa la nave Steve Irwin della Sea Shepherd è stata aggredita da un peschereccio italiano in acque libiche, mentre cercava di ispezionare le reti in cui centinaia di tonni rossi erano stati catturati illegalmente. 

Da uno studio fatto nel 2007, i pescherecci per i tonni italiani rappresentano il 17% della capacità totale di cattura dell'intero Mediterraneo. La flotta italiana dal 1997 ha varato ben 27 nuove unità, raggiungendo un totale di 102 pescherecci con reti a circuizione, tecnica di pesca usata solamente per il tonno e il pesce spada. La capacità di pesca italiana è di circa 7.500 tonnellate, e questa capacità è oltre il doppio della quota concessa dall'ICCAT all'Italia. Nonostante questo, uno studio indipendente ha dimostrato che nel 2001 la flotta italiana, ha pescato tre volte la quantità massima permessa. Tra i paesi dell'Unione Europea noi siamo i peggiori nel sottodichiarare le quantità pescate. 

Tornando al tema "sussidi", negli ultimi 15 anni l'Italia ha ricevuto dalla Comunità Economica Europea 97.9 milioni di euro per riconvertire la pesca illegale del tonno in attività di pesca legali (non che questo sia una cosa positiva per gli animali, che vengono uccisi comunque, ma solo per sottolineare l'uso illegale che e' stato fatto di questi sussidi). Il risultato è quello accennato prima: abbiamo varato nuovi enormi mostri per oltrepassare senza alcun pudore le nostre capacità di cattura già enormemente superate. 

Nel 2008, con l'avvento delle nuove e più rigide quote imposte dall'Unione Europea, buona parte delle flotte di pesca italiane, messe sotto pressione anche dalla guardia costiera e dalla guardia di finanza che non potevano più chiudere entrambi gli occhi, sono state "vendute" ad armatori libici, algerini e marocchini, che non facendo parte dell'UE non sono soggette a tali restrizioni. In realtà esistono delle quote anche per loro, ma chi vuole creare incidenti diplomatici per far rispettare queste "sciocchezzuole"? 

E' importante che emerga la situazione di vergognoso favore di cui gode questa industria che sta distruggendo l'ambiente, ma non e' solo uno scandalo economico. Non si tratta di sovvenzioni date per una delle tante opere inutili o per blandirsi i favori elettorali di questa o quella categoria. Di mezzo ci sono miliardi di vite animali che ogni anno vengono sacrificate con totale indifferenza e senza minimamente mettere in conto i disastri economici e sociali di questa politica miope e scriteriata.