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13/5/2010 - Biodiversità

Allarme Onu sparirà un terzo degli animali
dal Corrispondente da New York Maurizio Molinari

Per gli esperti il tasso di estinzione è mille volte superiore al normale

La popolazione umana raddoppia ma gli animali diminuiscono di un terzo, per effetto di un degrado dell’ambiente che va dalla deforestazione dell’Amazzonia alla diminuzione dell’acqua dolce nei laghi fino al collasso degli ecosistemi delle barriere coralline: è questa la tesi contenuta nell’ultimo rapporto dell’Onu sulla biodiversità destinato ad essere la base dell’agenda del summit internazionale in programma a Nagoya, in Giappone, nel mese di ottobre.

«Per affrontare le cause della perdita di biodiversità - scrive il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon nell’introduzione al rapporto - bisogna dare maggiore priorità alla sua tutela quando si adottano decisioni in tutti i settori della vita economica». La diminuzione di forme di vita di flora e fauna viene infatti indicata dal «Global Biodiversity Outlook 3» come il risultato di cinque processi convergenti: l’aumento di popolazione che porterà nel 2050 il Pianeta ad avere almeno 9 miliardi di abitanti, il sovrasfruttamento delle risorse naturali, l’inquinamento dell’atmosfera causato dalle emissioni di gas nocivi, lo spostamento di specie dai luoghi tradizionali e l’accelerazione dei cambiamenti climatici. Flora e fauna si trovano all’incrocio di questi fenomeni, pagando un prezzo molto alto. «Stiamo perdendo biodiversità ad un ritmo mai visto nella Storia, il tasso di estinzione di specie è mille volte più alto del normale» afferma Ahmed Djoghlaf, segretario esecutivo della Convenzione sulla diversità biologica che è in corso a Nairobi, in Kenya. Declinando nel dettaglio tale valutazione numerica si scopre che la minaccia di sparire dalla faccia della Terra incombe sul 21 per cento dei mammiferi, il 30 per cento degli anfibi, il 12 per cento dei volatili, il 17 per cento degli squali e il 27 per cento dei coralli, come si evince dalla «lista rossa» che è stata redatta dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn). Fra le specie più colpite vi sono gli uccelli presenti nelle regioni agricole dell’Europa, che sono diminuiti del 40 per cento a causa dello sviluppo industriale, e i volatili marini, ridottisi del 44 per cento per effetto soprattutto dei cambiamenti climatici. Il fenomeno dello «spostamento delle specie» lontano dai loro luoghi naturali è una delle conseguenze della perdita di biodiversità: l’avvistamento di una balena del Pacifico di fronte alle coste di Israele è solo la cartina tornasole di un fenomeno molto ampio, come dimostra il rapporto sulle «Specie aliene in Europa» che ne enumera oltre 11 mila, dalle oche canadesi alle trote di ruscello, dai ranuncoli delle Bermuda alle cozze zebrate, sottolineando come sono gli «invertebrati terrestri e le piante terrestri» a provocare i maggiori danni ad un’ecosistema che gli è estraneo.

«Se il mondo stesse perdendo l’equivalente in azioni sui mercati finanziari saremmo di fronte ad un panico dilagante come ad una risposta rapida da parte dei Paesi più ricchi - commenta Bill Jackson, vicedirettore dell’Iucn - ma la scelta di ignorare i danni alla biodiversità avrà nel lungo tempo un prezzo più alto di quello che il Pianeta può permettersi di pagare». L’atto d’accusa nei confronti delle maggiori economie è contenuto nella parte iniziale del rapporto: «Sono ceche di fronte al grande valore che hanno le diversità di animali, piante e altre forme di vita per il funzionamento del nostro ecosistema, dall'acqua dolce al suolo, dagli oceani all’atmosfera». La tesi di fondo è che «perdita di biodiversità e cambiamenti climatici sono interconnessi» e devono essere «affrontati con pari priorità dai leader politici» incominciando con l’estendere la superficie delle 130 mila aree protette che al momento coprono circa il 13 per cento della superficie della Terra e il 6 per cento degli Oceani. Per Ban Ki-moon si tratta di «un’emergenza legata anche al rischio di carenze alimentari» perché l’effetto della diminuzione negli ultimi 35 anni del 30 per cento delle specie di mammiferi pone le nazioni di fronte allo scenario di «una progressiva diminuzione dei pesci e delle terre fertili» con la conseguenza di «far aumentare i prezzi del cibo» con effetti pesanti da un punto di vista economico soprattutto per i Paesi meno sviluppati. «La Natura è una grande catena e il declino di specie come il tonno rosso, le tigri, il tricheco del Pacifico o la farfalla monarca pone rischi per l’intero Pianeta» aggiunge Stuart Butchard, analista del Centro di studio dell’Onu sulla conservazione dell’ambiente.

Si terrà a Bonn, dal 31 maggio all’11 giugno, la sessione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico (Unfccc). L’incontro nasce con lo scopo di intensificare le negoziazioni prima della conferenza mondiale sul clima in programma a Cancun, in Messico, a dicembre. La Convenzione è un trattato ambientale, attualmente riconosciuto da 194 Paesi, che punta alla riduzione delle emissioni dei gas serra.