PÚBLICO
18 agosto 2010
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La tela di Penelope
di Óscar Abou-Kassem

traduzione di Andrea De Ritis

Partner privilegiato dell'Ue, lo stato ebraico attacca regolarmente strutture finanziate dall'Unione nel corso dei suoi raid contro gli obiettivi palestinesi. E Bruxelles non chiede risarcimenti per i danni causati. 

Dell'orfanotrofio di Al Karameh a Gaza rimangono solo le rovine. L'istituto, che accoglieva 50 bambini palestinesi, è stato distrutto dall'aviazione israeliana durante l'operazione "Piombo fuso" nel gennaio 2009, ed era costato 1.198.718 euro, di cui metà pagata dall'Agenzia spagnola di cooperazione internazionale (Aecid) e dalla Fondazione Olof Palme.

L'orfanotrofio è solo uno dei 78 progetti finanziati dai fondi europei che sono stati distrutti dagli attacchi dell'esercito israeliano in Palestina nel corso degli ultimi dieci anni. Secondo un rapporto della Commissione europea il loro valore sarebbe superiore a 79,5 milioni di euro (secondo le stime più basse). E almeno otto erano stati pagati integralmente dalla Spagna ed erano costati più di 33 milioni di euro.

Mentre il suo esercito distruggeva sistematicamente questi progetti europei, Israele concludeva con l'Ue un accordo molto vantaggioso. "Questo accordo di associazione dà a Israele molti vantaggi nelle sue relazioni con l'Unione europea, sia sul piano politico che su quello economico", si è rallegrato il ministro degli esteri israeliano.

L'Europa è il principale mercato di esportazione dei prodotti agricoli israeliani e dal 1981 ha versato 637 milioni di euro a Israele attraverso la Banca europea d'investimento. L'anno scorso 25 milioni di euro sono stati concessi allo stato ebraico per la costruzione di un desalinizzatore a Hadera, a nord di Tel Aviv, oltre ai 120 milioni già versato nel 2007.

Dall'inizio della seconda Intifada nel 2000 il governo israeliano ha avviato una sistematica campagna di distruzione delle infrastrutture palestinesi. L'aeroporto, le strade, i ponti, le centrali elettriche, i depuratori, gli ospedali, le serre e i granai hanno subito la punizione collettiva inflitta dall'esercito israeliano.

L'Ue non ha ancora osato reclamare un risarcimento a Israele per i danni causati alle sue costruzioni in Palestina. "I progetti finanziati dall'Ue appartengono legalmente all'autorità palestinese e non siamo a conoscenza di una sua richiesta di risarcimento nei confronti dello stato ebraico", aveva risposto nel marzo 2009 Benita Ferrero-Waldner, all'epoca commissario europeo agli esteri, alle interrogazioni dei deputati europei sull'argomento. "Sarebbe giusto chiedere un risarcimento a Israele per le spese sostenute dall'Europa", ha però dichiarato l'eurodeputato austriaco Johannes Swoboda.

La passività dell'Ue è criticata da molte ong internazionali. "Il problema è che da un lato l'Ue non vuole essere più quella che paga nel processo di pace mentre il ruolo di mediatore è stato preso dagli Stati Uniti", spiega Brigitte Herremans, specialista per il Medio Oriente presso l'ong belga Broederlijk Denle. "Ma al tempo stesso l'Ue non vuole fare pressioni su Israele, rischiando di perdere tutta la sua influenza".

Il progetto più costoso era stato l'aeroporto di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. I numerosi bombardamenti di Israele e l'intervento delle sue ruspe sull'unica pista esistente lo hanno completamente distrutto. Rimane solo lo scheletro del terminal e un vicino edificio. La torre di controllo è scomparsa, così come la pista, diventata una cava dove i palestinesi recuperano pezzi di asfalto per utilizzarlo come materiale de costruzione.

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