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07/03/2010

 

Una volta la giustizia abitava a Gerusalemme, adesso la fanno i coloni
di Avraham Brug

Traduzione in italiano di Cecilia Dalla Negra 

 

La più grande, unificata Gerusalemme è stata fatta a pezzi. La capitale israeliana – ebrea e araba – è diventata la capitale di pericolosi e allucinati fanatici. Questa non è la città di tutti i suoi abitanti, né la capitale di tutti i suoi cittadini. È una città triste che appartiene ai suoi coloni, ai suoi Ultra-Ortodossi, ai suoi abitanti violenti e ai suoi messia.

Il profeta ha chiesto: “Come ha fatto la città della fede a diventare una meretrice! Lei che era abitata dalla giustizia, e adesso dagli assassini!” (Isaiah 1:21). Qui ancora non ci sono stati  omicidi, ma l’anima della nazione sta morendo ogni giorno davanti ai nostri occhi. Lo spirito israeliano della giustizia è stato calpestato da politici, coloni e giudici. L’anima della nazione è stata assassinata con gli eccessi di burocrazia e l’indifferenza.   

Sì, la capitale del popolo ebraico –  quel popolo che ha sempre giurato di non fare agli altri ciò che non avrebbe voluto facessero a lui - è diventata una meretrice. Moralmente lasciva, emotivamente svenduta. È manipolata dai suoi pastori per i loro stessi benefici ed è piena di leggi – tutti fanno causa a tutti, nascondendosi dietro il diritto dell’ingiustizia. E i giudici – come se fossero costretti – emettono sentenze in conformità con leggi discriminatorie, unicamente per il “popolo eletto”. Una volta la giustizia abitava qui. Adesso la fanno i coloni, assassini dell’anima della nazione.

E nessuno dice una parola, eccetto pochi patrioti. Il popolo della verità e della morale, che si rifiuta di stare a guardare mentre lo Stato dei rifugiati ebrei ripetutamente getta famiglie palestinesi sulla strada e consegna le loro povere case a delinquenti barbuti e bestemmiatori.

Queste persone integre sono la sinistra di Gerusalemme, che è passata attraverso innumerevoli scontri con la folle “sindrome di Gerusalemme”. Conoscono fin troppo bene la minacciosa verità della città, i suoi terribili adolescenti, e non si volteranno più dall’altra parte. Si sono impegnati a fermare con i loro corpi gli energumeni tedofori che cercano di appicare il fuoco.

Al momento, nessuno guida la città, né la salvezza per lei arriverà dal leader eletto del paese. Il caso di Sheikh Jarrah è oltre la conoscenza del sindaco Nir Barkat e del primo ministro Benjamin Netanyauh, come se le agitazioni non fossero affare loro, come se stessero accadendo in Sudan o a Teheran. E in mancanza di una leadership dello Stato, e di una coalizione per la pace, i nostri figli se ne sono assunti la responsabilità, scrollandosi via di dosso l’indifferenza e la disperazione, e ci hanno portati qui. Il cerchio si sta allargando, ed è pieno di vita, rabbia e speranza. L’umanesimo israeliano è rinato a Gerusalemme Est.

Stiamo lì con la calura estiva e sotto la pioggia invernale, urlando e invitando gli altri a raccogliersi intorno a noi, alla ricerca sia dello Shabbat che della pace. Non retrocederemo davanti ad ufficiali di polizia violenti o a molestatori e teste calde. Noi restiamo lì e promettiamo: non rimarremo in silenzio quando Ahmad e Aysha saranno costretti a dormire per strada, fuori dalla propria casa, diventata di dominio dei coloni. È giustizia questa? Non la nostra! No, questa è iniquità.

Gerusalemme si sta svuotando più velocemente di qualsiasi altra città al mondo. In un primo momento l’hanno lasciata i suoi facoltosi residenti, in seguito i suoi cittadini moderati hanno abbandonato la nave, seguiti dai laici e dai giovani. Molto presto non ci sarà più nessuno da lasciare lì a vivere, e la città resterà completamente sola. Le fonti di luce sono state estinte, offuscate da raggi di oscurità.

Per quanto tempo, signor Primo Ministro e signor Sindaco? E perché voi, giudici di Israele, collaborate con il diavolo che minaccia di distruggerci? Venite con noi, tornate al giudaismo del “Non rubare” e “Non uccidere”. Lasciate Sheikh Jarrah ora!

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