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08/06/2010

Israele, la legge non è uguale per tutti
di Caterina Donattini

Intervista all'avvocato di Ameer Makhoul, attivista arabo-israeliano accusato di spionaggio

Ameer Makhoul è cittadino israeliano palestinese, 52 anni, direttore di Ittijah, piattaforma che coordina 64 organizzazioni non governative palestinesi nello stato israeliano agendo attraverso il sostegno delle stesse in campagne di sensibilizzazione volte in particolare a proteggere e consolidare i diritti umani dei palestinesi all'interno di Israele contro ogni forma di discriminazione razziale. Ittijah ha potere consultivo presso il Consiglio Economico e Sociale (Ecosoc) delle Nazioni Unite ed è membro del Forum Civile Euro mediterraneo e del World Social forum.

Ameer Makhoul è stato arrestato alle 3 di notte il 6 maggio 2010 presso la propria abitazione ad Haifa. Dopo l'arresto Ameer è stato trattenuto in isolamento per 21 giorni in detenzione amministrativa, senza che nessun accusa fosse stata notificata. Per dodici giorni non gli è stato permesso né il contatto con l'esterno né quello con i suoi avvocati. Per 21 giorni gli è stato negato il diritto di visita da parte di un emissario dei Medici per i Diritti Umani Israeliani; il Dipartimento israeliano dei Servizi Segreti ha impedito che fossero pubblicati i contenuti del resoconto medico compilato durante i giorni di interrogatorio. Tali contenuti sono infine stati pubblicati il 27 maggio scorso e parlano di tortura. Secondo tale bollettino, infatti, Ameer è stato privato del sonno e del cibo, legato mani e piedi per più di 36 ore di seguito a una sedia molto bassa fissata al terreno. Quando, sotto interrogatorio, Ameer non riusciva più a tollerare i dolori lancinanti avvertiti in tutto il corpo, gli è stato risposto che sarebbe stato lasciato in condizioni di disabilità.

I capi d'accusa sollevati contro di lui il 27 maggio parlano di spionaggio aggravato e collaborazione con il nemico. Questi argomenti ricordano quelli indirizzati contro Azmi Bishara, leader carismatico del Balad, partito arabo israeliano oggi in esilio in Giordania, ridotto al silenzio senza nessuna prova a suo carico. Ugualmente Sheikh Raed Salah, leader del Movimento Islamico Popolare, fu arrestato nel 2003 e per due anni detenuto con simili accuse, per poi essere rilasciato senza che nessuna di esse fosse stata provata. Infine Jamal Jumah e Mohammed Othman, esponenti di Stop The Wall, un'altra organizzazione per i diritti umani, arrestati nei mesi passati e poi rilasciati dopo diversi mesi di detenzione amministrativa. In un comunicato 24 organizzazioni arabe per i diritti umani chiedono alle Nazioni Unite e agli organi dell'Unione europea competenti di "intervenire contro le autorità israeliane perché pongano fine ad azioni arbitrarie basate sullo Statuto d'Emergenza e volte a reprimere i difensori dei diritti umani". Mohammed Zeidan, direttore di un'associazione per i diritti umani di Nazareth, dichiara che il caso di Makhoul "Fa temere tutti i difensori dei diritti umani sul territorio". Anche Amnesty International si è pronunciata chiaramente, definendo Ameer prigioniero per motivi di coscienza, accusando Israele di pura vessazione. Abeer Baker, intervistata telefonicamente il 28 maggio, è l'avvocatessa che segue il caso di Ameer insieme ad un team di legali e lo ha rappresentato durante l'ultima udienza presso la Corte di Giustizia, durante la quale è stata infine sollevata l'accusa.

L'accusa sembra essere pesante, ritiene che verrà confermata?


Nulla di quanto dichiarato da Ameer sotto interrogatorio è vero, come lui stesso ha confermato nella dichiarazione di apertura dell'udienza di ieri. Sono centinaia i casi in cui gli accusati sotto tortura dichiarano cose che non corrispondono alla realtà. Secondo il diritto israeliano nei crimini più gravi, che riguardano pene di oltre 10 anni, gli interrogatori devono essere registrati, ma questo non è valido nei casi che vengono definiti pertinenti alla sicurezza del paese; in questo modo durante gli interrogatori può accadere di tutto, ma noi non abbiamo il materiale per dimostrarlo.

Sappiamo che Ameer è stato tenuto in isolamento per 12 giorni, privato del contatto con i suoi avvocati, il diritto israeliano lo permette?

Certo. Nel diritto israeliano esiste la possibilità di trattare alcuni detenuti secondo parametri speciali, nel caso siano sospetti di crimini contro la sicurezza del paese. In quel caso gli accusati-sempre palestinesi- sono tenuti in isolamento fino a 20 giorni. Pertanto spesso accade che un ragazzino accusato di aver tirato una pietra venga tenuto in isolamento per 20 giorni, privato dei diritti umani più fondamentali, mentre un colpevole omicida non corre questo rischio.

Ameer è stato privato del sonno per 36 ore continuative in cui era legato ad una sedia. Continua ancora oggi a soffrire di acuti dolori alla schiena e alla gambe, l'uso della vista è compromesso. La tortura viola il diritto internazionale, ritiene che sia pratica comune nelle prigioni israeliane?

La Suprema Corte di Giustizia israeliana proibisce l'uso di metodi illegali durante gli interrogatori, tuttavia la parola tortura non viene usata direttamente. Di fatto la tortura è praticata nelle prigioni israeliane quotidianamente, ma si tratta di metodi sofisticati che evitano di provocare ferite visibili o l'effusione di sangue dell'accusato. I metodi utilizzati riguardano tra gli altri l'obbligo di mantenere posizioni innaturali che causano dopo lungo tempo violenti dolori articolari, la privazione del sonno e del cibo. La condizione della stanza in cui l'accusato viene inviato dopo interminabili interrogatori contribuisce ugualmente al deterioramento delle condizioni psicologiche dell'individuo. Si tratta di stanze sporche e puzzolenti, completamente vuote e sigillate, senza finestre, letto o materasso. La luce è sempre accesa ed è arancione, i muri sono gialli o grigi. Infine l'isolamento stesso contribuisce al disorientamento, la persona perde la percezione del tempo, del giorno e della notte. Siccome è privato del contatto con i propri avvocati l'accusato, che si trova in condizione di esaurimento, finisce per credere che l'interrogante sia l'unico essere umano a cui poter fare riferimento. Tutte queste pratiche sono permesse dal diritto israeliano e non abbiamo modo di appellarci contro di esse. Che io sappia nessun agente è mai stato incriminato per aver attuato questi metodi durante gli interrogatori. Il sistema stesso lo impedisce: un'eventuale denuncia deve essere inviata al Ministero di Giustizia israeliano, sarà quindi un altro agente dei servizi segreti a decidere se la denuncia è o meno legittima. E' ovvio pensare che non vedremo mai un agente israeliano incriminato.

Dopo 21 giorni di attesa finalmente le forze di Sicurezza Israeliane hanno permesso la pubblicazione del report medico riguardante le condizioni di salute dell'imputato e la visita di un medico indipendente. Il sistema di giustizia israeliano ha dunque infine rispettato le norme del diritto internazionale?

Assolutamente no. Hanno permesso tutto questo dopo 21 giorni. I più duri metodi sono stati praticati durante i primi 3 giorni di interrogatorio. Hanno semplicemente aspettato che le tracce più evidenti di tali trattamenti scomparissero. Allo stesso tempo in questo modo credono di poter dimostrare al mondo che sono dalla parte del giusto.

Nel comunicato stampa la famiglia di Ameer parla di un attacco alla società civile araba e ai suoi rappresentanti. In quanto avvocato che si occupa dei diritti dei cittadini arabi nello stato di Israele, crede che essi godano degli stessi diritti dei cittadini israeliani?


Se così fosse non avrei uno stipendio e sarei senza lavoro. Non si tratta solamente di discriminazione ma di vero e proprio razzismo. Cittadini arabi ed ebrei non hanno nessun contatto, vivono vite separate, l'interazione sociale è inesistente. Recenti studi dimostrano che cittadini arabi ed ebrei non hanno alcun interesse ad interagire tra loro. L'opinione pubblica israeliana non arriva a comprendere il motivo per cui dimostriamo la nostra solidarietà alla nostra gente, ai palestinesi della diaspora, a quelli che vivono nella West Bank e a Gaza.

In questi giorni in Italia è in corso una grossa campagna mediatica contro un successo della campagna Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele (Bds). Due grosse catene di supermercati hanno promesso di bandire i prodotti di Carmel Agrexco dai propri scaffali. Ritiene che la BDS possa aiutare il popolo palestinese nell'ottenimento dei propri diritti?


Senza alcun dubbio. Le violazioni dei diritti umani perpetrate da Israele fanno leva sull'immagine positiva di quest'ultimo presso l'opinione pubblica internazionale. Ritengo che la Bds la possa scalfire. Lo dimostrano i successi ottenuti ed il fatto che si tratta di uno strumento molto concreto grazie a cui tante famiglie possono essere raggiunte nelle loro case, comprendendo gli argomenti del popolo palestinese, prodotto dopo prodotto. La Bds è uno strumento di lotta non violenta contro le ingiustizie che subiamo, perché non dovremmo usarlo?


                                                                                                               

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