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Sabato 11 Dicembre 2010 18:35

Sulla Nomina di Yair Naveh a Vice Capo del Personale dell´Esercito Israeliano
di Nurit Peled-Elhanan Premio Sakharov
Tradotto dall’inglese da Chiara Ascari e Luisa Morgantini
Translated from Hebrew by George Malent

3 Dicembre 2010

Il grande stupore con cui è stato salutata la nomina di Yair Naveh a Vice Capo del Personale è di per sè un fatto di cui ci si dovrebbe stupire. Dopo tutto, chi altri avrebbe potuto essere nominato Vice Capo del Personale se non Yair Naveh? A chi altro piacerebbe assassinare immediatamente chiunque guardi a lui con sospetto, uccidere immediatamente chiunque si muova, distruggere, devastare, conquistare, schiacciare? Yair Naveh è uno dei migliori figli dell’esercito, ha appreso tutto ciò che doveva apprendere e dato prova di sé sul campo. L’Alta Corte di Giustizia non gli interessa (Uri Blau, grazie alle informazioni fornite dall’ex soldato Anat Kamm, su Haaretz, 28 Novembre 2008), non riconosce i diritti umani, odia gli arabi – o forse loro passano solo sulla sua strada al lavoro. Ma adora uccidere. Che altro è necessario per un Vice Capo del Personale dell’esercito di Occupazione, la cui funzione è stata ben definita nel corso di quarant’anni: uccisione, eliminazione, distruzione, devastazione e abuso di una popolazione civile di milioni di persone?

Ma coloro che sono dubbiosi sulla sua nomina e vorrebbero ostacolarla sono ancora immersi in una specie di infondato romanticismo sull’Esercito di Occupazione israeliano. Un romanticismo che pretende che le persone come Yair Naveh sono l’eccezione e che non si può lasciare l’esercito nelle loro mani. Né nelle mani dei coloni, né dei mercenari o dei rabbini che predicano l’assassinio dei bambini non ebrei, né dei piloti che sentono solo un sobbalzo sull’ala quando sganciano una bomba su una casa abitata [1], né nelle mani di ragazze soldato come Eden Aberjil, o nelle mani di comandanti come il Col. Bentzi Gruber, il quale è assolutamente convinto che il massacro di Gaza sia stata un’espressione della giustizia divina e che Dio sia quindi dalla nostra parte, che l’uccisione di centinaia di bambini a Gaza sia stata commessa in accordo con il codice etico dell’IDF (Forze di Difesa Israeliane) che ci impone dei limiti morali e dunque “non è possibile che noi abbiamo arrecato danno a degli innocenti”, che non capisce perché riceva delle spiacevoli lettere che spaventano sua moglie nella sua meravigliosa casa rinforzata in un insediamento (Yediot Aharonot, Venerdì 26/11/2010). In quali mani dovremmo dunque lasciare l’esercito? Forse nelle mani di coloro che hanno partecipato come osservatori e aiutanti al massacro di Sabra e Shatila (vedi il nominato all’Oscar Walse with Bashir) e le cui anime da allora sono state scosse fino ad oggi, o nelle mani di coloro che “Rompono il Silenzio” (il gruppo “Break the Silence”, ndr) perché non possono portare il fardello dei loro crimini e sono perseguitati giorno e notte dallo sguardo terrorizzato di una ragazzina di Gaza/Jenin/Nablus/Beit Umar/Bil’in/Ni’lin/Sheikh Jarrah/Beit Hanun/Jabaliya/Qalqiliya o Hebron, o nelle mani delle donne soldato che, diversamente da Eden Aberjil, hanno difficoltà a ricordare se sorridevano quando venivano fotografate vicino al cadavere di un bambino a Hebron, per il divertimento o per i ragazzi, e le cui vite sono state costantemente scosse da quando sono state dismesse dal servizio nell’esercito e hanno realizzato ciò che avevano fatto? [3]

Yair Naveh, i suoi discepoli e i suoi insegnanti , ci impediscono di immaginare e credere, contro ogni evidenza, che quarant’anni di abusi, uccisioni e distruzioni siano eccezioni al codice etico dell’esercito più immorale del mondo. La nomina di Yair Naveh ci impedisce di continuare a raccontare ai nostri puri, giovani, entusiasti figli, che vogliono contribuire e agire, costruire ed istruire, e che si inseriscono nei programmi pre-esercito con un magnifico fervore di auto-realizzazione, sicuri che potranno apportare un cambiamento “dall’interno”, che tutto andrà bene solo se si inseriranno nelle giuste unità – le unità “combattenti” – cioè quelle dell’assassinio, delle uccisioni e delle eliminazioni, o al limite nelle unità di “sostegno al combattimento” – quelle che forniscono l’addestramento per le uccisioni e gli assassini e che irrobustiscono le nostre forze; la nomina di Yair Naveh ci impedisce di continuare a dire ai nostri figli che, in risposta agli opuscoli dei rabbini che inneggiano all’uccisione e al massacro, possono distribuire la loro– e nostra – dottrina di pace e fratellanza tra le truppe dell’IDF.

La nomina di Yair Naveh è opportuna. Nessuno è più adatto di lui a stare quasi alla testa dell’esercito più immorale del mondo, l’esercito più crudele al mondo, che si considera illuminato. Un esercito con una disponibilità illimitata di soldi e potere e mercenari (li hanno già giudaizzati tutti?), una folla immersa in impulsi ed interessi nessuno dei quali è morale. Questo è il significato di un esercito. Per questa ragione non è Yair Naveh ma noi, che dobbiamo rinunciare al ruolo di creare soldati, fornire soldati, far nascere sodati ed istruire futuri soldati. Dobbiamo raccogliere il coraggio e insegnare ai nostri figli e rifiutare. Rifiutare di prender parte ad un’organizzazione guidata da criminali di guerra, assassini di bambini. Un’organizzazione come questa non può essere altro che un’organizzazione criminale. Evitala come eviteresti il fuoco – dobbiamo dire loro – e pensa ad altri modi in cui puoi contribuire alla società in cui vivi. Forse puoi andare a vivere a Yeruham per tre anni, aiutare i bambini etiopi che sono trattati con sfacciato razzismo nella loro terra promessa, oppure vai a vivere a Bil’in o a Ni’lin o in qualsiasi altro villaggio palestinese che è stato preso d’occhio dall’esercito per distruggerlo? Puoi forse organizzare sempre più barche di solidarietà con Gaza? O forse con il tuo corpo puoi bloccare la via a polizia e soldati che vanno a buttare i bambini sulla strada a Sheikh Jarrah e Silwan? Forse puoi aiutare i rifugiati che arrivano sulle nostre spiagge fuggendo da olocausti e genocidi perché hanno sentito che qui c’era la democrazia, e aiutarli a nascondersi, a cavarsela, a scappare dal crudele governo razzista della democrazia degli Ebrei? Forse puoi salvare il Mar Morto? Ci sono così tante possibilità, figli, per contribuire al miglioramento della società - dello Stato, se volete - del posto in cui vivete. E queste possibilità non includono l’uniforme dell’IDF, né le sue pistole, né le sue bombe o i suoi comandanti, modello e pietra di paragone dei quali è Yair Naveh, uno dei molti ai cui ordini non dovrete mai obbedire.

E’ quindi un nostro vantaggio vedere un uomo del genere alla testa dell’esercito – o quasi. La nomina di Yair Naveh ci permetterà di indicare un oggetto preciso e dire ai nostri figli: vedi? Questo è l’uomo cattivo. Non andargli vicino. E quando loro chiederanno spaventati: che cosa fa ai bambini? – Noi risponderemo: li uccide, semplicemente così, senza l’Alta Corte di Giustizia e senza Btselem. [2]

Note del traduttore:

1. Nell’agosto del 2002, poco dopo che le Forze Aeree Israeliane sganciassero una bomba sopra una casa a Gaza, uccidendo il leader di Hamas Salah Shehadeh assieme a 14 civili innocenti, molti dei quali erano bambini, chiesero al comandante delle Forze Aeree, Dan Halutz, come si sentisse da pilota quando sganciava una bomba. Lui rispose: “Sento un leggero sobbalzo sull’aereo, risultante dallo sganciamento della bomba. Un attimo dopo, è finita. E questo è tutto. Questo è quello che sento.” Halutz è stato più tardi nominato Capo del Personale dell’ Israel Defence Forces (Vered Levi-Barzilai, “Yefei nefesh, nim’astem”, Haaretz, 23 Agosto 2002. In ebraico. http://www.haaretz.co.il/hasite/pages/ShArt.jhtml?itemNo=543557 )

2. Btselem: un’organizzazione israeliana per i diritti umani che monitora gli abusi dell’esercito e della polizia israeliani in Cisgiordania. Website: http://www.btselem.org/English/index.asp. Il Primo Ministro Yitzhak Rabin disse che avrebbe voluto poter trattare con i territori palestinesi “senza l’Alta Corte e senza Btselem”.

3. Riferimento al documentario "to see if I'm smiling". di Tamat Yarom, 2007. http://www.haaretz.co.il/hasite/pages/ShArtPE.jhtml?itemNo=921422&contras-sID=2&subContrassID=13&sbSubContrassID=0

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