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22/07/2010

La trappola
di Christian Elia

Un documentario racconta l'odissea dei rifugiati politici in Italia, minacciati e bastonati, solo perché protestano

Piazza Oberdan, a Milano, è un luogo di passaggio. Migliaia di sguardi frettolosi l'attraversano ogni mattina e ogni sera. Quanti di questi, per più di un anno, si saranno soffermati a guardare (e capire) le persone che dormivano per terra, in piazza, sotto un sofferente graffito del Cristo? Difficile dirlo, ma uno di loro lo ha fatto di sicuro. Lemnaouer Ahmine, classe '73, algerino di Setif, da anni in Italia. Uno dei volti della nuova Italia, che non ha perso il suo sguardo 'altro'. Con il suo lavoro di regista e documentarista racconta spesso il viaggio e l'incontro, per al-Jazeera, La7 e per la Rai, ma anche con produzioni indipendenti e coraggiose come La Trappola, vincitore della 20^ Edizione Festival Cinema Africano di Milano, sezione Premio Feltrinelli - Razzismo Brutta Storia. La storia di un gruppo di rifugiati politici (da Etiopia ed Eritrea) che non si sono mai visti riconoscere i diritti che il diritto internazionale prevede per loro. Con tanto di fondi pubblici previsti per loro svaniti nel nulla. 
Se occupano un posto per avere un tetto, vengono manganellati. Se protestano vengono minacciati. Come Paulus, il Virgilio che Ahmine sceglie nel documentario la Trappola come Caronte che ci porta nell'inferno dei diritti violati, nel cuore della civilissima Milano.

Cosa ne è stato di Paulus?
Paulus è ancora a Milano e continua a tentare disperatamente di creare un comitato che possa raggruppare più rifugiati, in modo che possano organizzarsi meglio per lottare e rivendicare i loro diritti. Ha lavorato nel giardinaggio come precario, presso una ditta nell'hinterland milanese, e aspetta continuando a vivere in Italia.

Quali difficoltà hai incontrato a raccontare questa storia?
Le difficoltà sono state tante, a cominciare da quelle emotive. Ho vissuto (non visto) la delusione di gente che ha idealizzato molto questa Europa, che ti accoglie a braccia aperte, ma purtroppo non è stato così o almeno hanno scoperto un giro di affari, finanziamenti e progetti a loro nome dei quali non beneficiano per niente. Vengono anzi abbandonati al loro destino. Ci sono state, poi, difficoltà pratiche, in primo luogo con gli stessi rifugiati. Molti di loro, non capendo il linguaggio cinematografico e le necessità per la realizzazione di un documentario che racconta, denuncia la loro sofferenza. Si chiedevano a cosa servisse, visto che i mass media controllano l'informazione. ''Con questo documentario cosa può cambiare'', mi chiedevano. Inoltre gli scontri con le forze dell'ordine sono state davvero dei momenti difficili.

Da persona che si è realizzata in Italia, che ne pensi del fatto che sia una democrazia 'limitata'?
Beh, l'Italia è una democrazia assolutamente compiuta rispetto a molti paesi, ma questo non vuol dire che è perfetta e soprattutto che non ci sia il rischio di limitarla. In secondo luogo, questa limitazione è purtroppo una caratteristica dell'Occidente, non solo dell'Italia, incapace di inglobare nel suo interno culture diverse e religioni che possano tutti vivere sotto una costituzione laica che garantisca a tutti i residenti sul suo territorio pari diritti e doveri e di non considerare l'altro una minaccia della nostra esistenza. Fino a quando, però, si continua ad usare la politica dei due pesi e delle due misure rispetto a tutti i cittadini non solo ai cittadini non occidentali presente sul suo suolo ma nel modo, rimane sempre una democrazia e civiltà limitata.

Da quando sei arrivato, come hai visto cambiare l'Italia?
L'Italia purtroppo è cambiata, a causa di un progetto politico fallimentare e malato, che vive di slogan elettorali vendendo paura a una società costretta a consumare informazione pilotata, costruisce delle intere strategie elettorali sulla sicurezza togliendo fondi alle forze dell'ordine. Facendo propaganda xenofoba, come se l'Italia avesse mandato all'estero solo migranti onesti e gran lavoratori, dimenticando Lucky Luciano, Al Capone e tanti altri. Ovviamente non sono tutti mafiosi, però nemmeno il contrario. Quando sono arrivato io in Italia lo sguardo verso l'altro, il diverso, era differente. Si guardava a lui come una persona che poteva contribuire a fare di questo un Paese migliore, invece ora c'è tutta una diffidenza quando non un vero e proprio rifiuto dell'altro, e si approvano delle leggi assurde per 'contrastare' l'immigrazione in generale. Mi sembra che l'Europa e l'Italia in particolare soffrono di una amnesia ormai cronica, abbiamo dimenticato le leggi razziali a cosa hanno portato. Abbiamo dimenticato la nostra migrazione e abbiamo dimenticato i meridionali che sono arrivati al nord a cercare un futuro migliore. Da tutto questo mi sembra che non abbiamo imparato niente. O meglio, abbiamo smesso di imparare.

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