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25/08/2010

I mea culpa degli Usa
di Antonio Marafioti

Per la prima volta nella storia gli Stati Uniti presentano una relazione al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ammettendo le falle nel proprio sistema di rispetto delle minoranze

"Sebbene abbiamo fatto passi da gigante, continuiamo a lavorare per soddisfare il nostro obiettivo di assicurare l'uguaglianza davanti alla legge per tutti". Questa una delle dichiarazioni contenute in un rapporto di 29 pagine, redatto dal Dipartimento di Stato, con cui gli Stati Uniti ammettono di fronte al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, le falle nel proprio sistema di tutela delle diverse etnie che compongono lo strato sociale del Paese.

Le mancanze. La relazione è di alto valore simbolico. Non solo perché è il primo documento del genere che il governo di Washington presenta all'organo speciale dell'Onu ma anche, e soprattutto, perché in esso vengono elencati i punti in cui la "nazione della democrazia" sarebbe ancora in ritardo rispetto alla salvaguardia dei diritti. "Non siamo soddisfatti - si legge nel rapporto - di una situazione in cui il tasso di disoccupazione per gli afroamericani è del 15.8 percento, per gli ispanici del 12.4 percento e per i bianchi del 8.8 percento come registrato nel febbraio 2010. Non siamo soddisfatti che una persona con disabilità abbia solo un quarto delle probabilità di essere assunto rispetto a una persona senza disabilità. Non siamo soddisfatti tanto meno che la metà delle famiglie afroamericane e ispaniche non abbiano una casa propria mentre tre quarti delle famiglie bianche sì. Non siamo soddisfatti che i bianchi abbiano il doppio delle probabilità di avere una laurea rispetto agli altri. Gli Stati Uniti - prosegue il documento - continuano ad affrontare le disparità lavorando per garantire che le pari opportunità non solo siano garantite dalla legge, ma siano godute da tutti gli americani". Alla presenza dei giornalisti il portavoce del Dipartimento di Stato P.J.Crowley ha sostenuto che "il prossimo passo sarà una presentazione formale da parte del governo Usa prima che il Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu si riunisca il prossimo novembre a Ginevra". Fonti interne alla Casa Bianca avrebbero inoltre aggiunto che questo è il primo passo concreto della politica estera del presidente Barack Obama per raggiungere il cuore della comunità internazionale. Non sarebbe nemmeno da escludere il tentativo del numero uno dei democratici di ottenere uno scranno per gli USA all'interno del Consiglio, mossa sempre accuratamente evitata dall'ex inquilino della White House, George W. Bush.

I traguardi. Nonostante le ammissioni e le promesse di un maggior impegno l'establishment di Washington non ha tralasciato di evidenziare gli obiettivi che dall'inizio del mandato di Obama gli States sono riusciti a soddisfare. "Trent'anni fa - continua la relazione - l'idea di avere un presidente afroamericano non sembrava possibile, oggi è la nostra realtà. Anche il nostro Procuratore Generale, il funzionario di polizia più importante della nazione, è afroamericano (Eric Holder ndr). Abbiamo recentemente nominato il primo giudice ispanico alla Corte Suprema (Sonia Maria Sotomayor ndr) così come le persone Lgbt (acronimo per Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender ndr) in diverse posizioni di altro rilievo nel campo esecutivo". Ma Washington non dimentica di fare accenno alle politiche volte a garantire un trattamento equo delle minoranze asiatiche e musulmane che vivono nel Paese sostenendo che "il governo si impegna a proteggere i diritti dei membri di questi gruppi e a lottare contro la discriminazione e l'intolleranza nei loro confronti". Feedback positivi alla dichiarazione sono giunti unanimi da parte di diversi gruppi per la tutela dei diritti umani che ora aspettano di assistere ad un salto concreto dalla carta ai fatti. "Sollecitiamo l'amministrazione - ha sostenuto Tad Stahnke di Human Rights First - ad adottare questa relazione non solo come un'opportunità per difendere gli aspetti positivi della situazione dei diritti umani, ma come un passo in un processo in atto per ovviare alle carenze e impegnarsi a miglioramenti concreti". Fanno da eco alle dichiarazioni di Stanhke quelle di Jamil Dakwar direttore dell'American Civil Liberties Union (Aclu): "È giunto il momento per gli Stati Uniti - ha sostenuto -di abbinare la sua retorica sui diritti umani con azioni e politiche interne concrete e creare una cultura dei diritti umani e delle infrastrutture che promuovono i valori americani di uguaglianza e giustizia per tutti".

Le omissioni. Alle lodi per il "passo in avanti" l'Aclu fa seguire una lunga lista di omissis da parte dell'amministrazione Obama che, e non è la prima volta, non fa accenno ai diritti della popolazione carceraria ancora sottoposta a condizioni disumane, disparità razziali nel braccio della morte e abusi di detenzione, che spesso si tramutano in decessi sospetti, per gli immigrati senza regolare permesso di soggiorno.

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