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Scritto il 15/2/11

Blowin’ in the wind: basta il vento a dare energia al mondo

The answer, my friend, is blowin’ in the wind: dopo Bob Dylan, a scommettere sul vento per avere una risposta definitiva – in questo caso, sull’energia – è un professore di Harvard. Si chiama Michael McElroy, insegna scienze del pianeta e ha scoperto che la sola forza dell’aria, se adeguatamente sfruttata, sarebbe sufficiente a produrre 42 volte l’energia oggi utilizzata nel mondo. Basterebbe solo attrezzarsi con pale eoliche nei punti giusti della terra: in pole position Russia, Canada e Stati Uniti. Senza dimenticare la Cina: disponendo generatori sullo 0,5% del suo territorio – un’area grande quanto la Francia – il colosso asiatico riuscirebbe a rispondere completamente alla sua nuova, mostruosa fame di energia.

«Molti investimenti, sia in Europa che negli Usa, si stanno concentrando sull’eolico che rappresenta al momento la tecnologia più matura per generare energie da fonti rinnovabili», spiega Andrea Barolini sulla rivista “Valori”. Dall’esame delle risorse globali di vento nel pianeta, lo studio appena pubblicato del Department of Earth and Planetary Sciences dell’Università di Harvard, condotto da McElroy, ipotizza che un network di turbine da 2,5 megawatt di potenza (installate nei luoghi più adatti) potrebbe addirittura assicurare una quantità di energia elettrica pari a 42 volte quella attualmente impiegata in tutti i continenti. Il potenziale eolico garantirebbe 5 volte l’energia complessiva (in tutte le sue forme) oggi consumata dagli abitanti della terra.

McElroy e il suo team, tuttavia, non si sono fermati ad un’ipotesi globale, ma si sono spinti ad applicare lo stesso principio alla sola Cina, dove potrebbe essere costruita una serie di campi eolici: investendo 900 miliardi di dollari, Pechino otterrebbe entro il 2030 di rispondere all’intero fabbisogno energetico del paese utilizzando esclusivamente una fonte “verde”. Si tratterebbe infatti di una produzione pari a 24,7 PetaWatt (milioni di miliardi di Watt) all’ora. Che, secondo gli esperti, corrisponde al bisogno energetico cinese per il 2030 (cioè 7 volte l’attuale consumo). «Tenendo conto del fatto che, ad oggi, in Cina l’80% della domanda energetica è coperta dal carbone (quasi 6 miliardi di tonnellate di CO2 emesse ogni anno), la scelta dell’eolico equivarrebbe ad una boccata d’ossigeno senza precedenti».

Le analisi dei ricercatori di Harvard, spiega Barolini, si basano su una vasta serie di simulazioni dei campi di vento, effettuate sui dati forniti dal Goddard Earth Observing Data Assimilation System. «McElroy e il suo team hanno infatti “sezionato” il globo in aree estese circa 3.300 chilometri quadrati, analizzando la velocità del vento ogni sei ore, ed escludendo le aree forestali, quelle coperte di ghiaccio e quelle ad uso urbano». Lo studio non prende in considerazione neanche le aree coperte da acque profonde, che per quanto ottime dal punto di vista dell’intensità del vento, presentano notevoli problemi legati ai costi per la costruzione degli impianti.

Eppure, nonostante queste  limitazioni, il risultato è una forza potenziale impressionante: basti pensare che le proiezioni ipotizzano un utilizzo delle turbine eoliche pari a solo il 20% della loro capacità massima. Per quanto riguarda gli impianti on shore, cioè installati su terraferma, il paese potenzialmente più in grado di sfruttare l’energia del vento è la Russia, con 120.000 TeraWatt, seguita da Canada (78.000) e Stati Uniti (74.000). «Non a caso – precisa sempre Barolini – il 42% dei nuovi impianti installati nel 2007 negli Usa è costituito proprio da sistemi eolici, mentre le vendite globali (pari a 19.000 unità) hanno fruttato alle industrie produttrici 156 milioni di dollari».

La possibilità di installare in modo diffuso sul territorio impianti di generazione eolica apre nuove possibilità anche per la rete elettrica, che può diventare interattiva o “intelligente”. Lo stesso McElroy, tuttavia, sottolinea come soprattutto in Russia e Canada i luoghi con il più alto potenziale eolico siano ben distanti dai centri abitati, il che rischia di far lievitare i costi degli impianti. In ogni caso, la ricerca di Harvard dimostra, conti alla mano, che le possibilità di sfruttamento mondiale del vento sono davvero inimmaginabili. Blowin’ in the wind, appunto. Sperando che i risultati sbalorditivi di McElroy ottengano l’udienza che meritano.

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