Alternative Information Center
Monday, 21 November 2011 10:49

La resistenza popolare a Bil'in: intervista a Basem Yasheen
di Rossella Del Fiore

L'Alternative Information Center propone l'intervista a Basem Yasheen, uno dei rappresentanti del Comitato Popolare di Bil'in, impegnato nei movimenti di resistenza contro il muro fin dalla sua costruzione, nel 2005.

Basem e la moglie Qamar hanno raccontato all'Alternative Information Center com'è cambiata  la vita nel villaggio da quando è iniziata la resistenza popolare contro il muro.
“Prima del muro, la situazione era migliore, potevamo andare in Israele, molta gente del villaggio lavorava in Israele, persino dopo lo scoppio della seconda Intifada” ha raccontato Qamar -  Ma da quando è stato costruito il muro non è più possibile ottenere i permessi per andare in Israele. Abbiamo perso il lavoro e sono cominciati i problemi economici".


“Il rifiuto dei permessi è stato netto in particolare per gli abitanti di Bil'in, siamo considerati una minaccia per la sicurezza dello stato, visto che abbiamo iniziato a manifestare sin dal primo giorno dell'esistenza del muro” ha continuato Basem.
Il suo sorriso scompare quando ricorda quel lontano giorno nel 2005 quando i soldati sono arrivati con le jeep e i bulldozer, hanno iniziato a distruggere gli uliveti e ad innalzare il muro a soli 30 metri dall'ultima abitazione del villaggio, in terreni privati appartenenti agli abitanti, dichiarando il territorio 'zona militare' e impedendo a chiunque di avvicinarsi. Inoltre contemporaneamente è iniziata la costruzione delle colonie.


"I primi mesi andavamo ogni giorno a manifestare contro il muro, senza un ordine, senza una logica, eravamo solo pieni di rabbia" ha continuato Basem – anche se manifestavamo pacificamente, i soldati rispondevano con gas lacrimogeni e proiettili e facevano continue incursioni nel villaggio sia di notte che di giorno, minacciando le famiglie, arrestando e uccidendo. Abbiamo perciò deciso di formare il Comitato Popolare, consultandoci con i rappresentanti del villaggio di Hamas e Fatah e abbiamo cominciato a manifestare in maniera organizzata e soprattutto originale: ogni manifestazione era caratterizzata da un'idea diversa, ad esempio ci legavamo agli ulivi o costruivamo muri fittizi per rappresentare metaforicamente l'oppressione dell'occupazione”.

Benché le proteste fossero pacifiche, i soldati hanno continuato a rispondere con la forza, con arresti di massa e con le armi, ferendo e uccidendo indistintamente palestinesi, internazionali ed israeliani. "Ogni settimana utilizzavano gas lacrimogeni diversi ed apparecchi che emettono suoni ad alta frequenza per paralizzare la gente. Inoltre i soldati facevano incursioni mirate nelle abitazioni, venivano da me e dagli altri responsabili del Comitato Popolare ogni notte a minacciare noi e le nostre famiglie, a volte in cento, duecento unità e per cosa? Siamo essere umani, abbiamo mogli e bambini, non siamo dei terroristi armati. È stato un periodo molto duro per me e per la mia famiglia."

Le manifestazioni pacifiche a Bil'in, iniziate nel 2005 continuano ancora oggi, e la partecipazione è molto alta: ogni settimana ci sono circa 200- 500 persone tra palestinesi, internazionali e israeliani. 
Nel 2007 l'Alta Corte di giustizia israeliana ha decretato la distruzione del muro e la creazione di un altro muro, questa volta a circa 500-600 metri dall'ultima abitazione, davanti all'insediamento dei coloni israeliani.


Solo tre mesi fa la decisione dell'Alta Corte si è trasformata effettivamente in realtà.


Tuttavia le proteste continuano e Bil'in è divenuto un esempio di resistenza per tutta la Palestina.


Ha concluso Basem: "Il vero successo che abbiamo ottenuto non sta nell'aver spostato il tracciato del muro, ma nell'esser riusciti a creare una grande rete di solidarietà internazionale. Gli stranieri che sono stati qui e che hanno vissuto la nostra situazione la racconteranno quando torneranno nei loro paesi e questo contribuirà a cambiare l'opinione su Israele."


Anche venerdì scorso, 18 novembre, nonostante la forte pioggia, i manifestanti sono partiti come di consueto dal villaggio per dirigersi verso il muro dopo la preghiera del venerdì. "Saremo una cinquantina, non c'è molta gente oggi" ha raccontato all'Alternative Information Center uno dei rappresentanti del Comitato Popolare - il tempo non è favorevole, la pioggia dissuade facilmente la gente, in più da quando hanno spostato il muro, gli internazionali vanno a protestare nei villaggi vicini e anche molti abitanti di Bil'in sono andati in loro supporto".

Ma nonostante la scarsa partecipazione alla manifestazione, i soldati schierati al di là del muro non hanno esitato a lanciare gas lacrimogeni. "Non è importante quanti siamo, attaccherebbero anche se ci fosse una sola persona, vogliono azione, sono addestrati all'azione, sempre e comunque" ha raccontato un ragazzo israeliano del movimento 'Boycott from within'. "La mia prima manifestazione è stata nel 2005, e da allora manifesto ogni settimana" ha affermato mentre urlava in ebraico contro i soldati. La sua voce si confonde tra gli slogan in arabo.

"Conosco bene i soldati, so cosa pensano, so cosa dirgli, mi hanno arrestato diverse volte, ma io non desisto. Purtroppo gli attivisti rappresentano un'esigua minoranza in Israele. Il nostro governo mente sull'occupazione attraverso i mezzi d'informazione e la propaganda. Non è facile ribellarsi ad un governo dalle svolte sempre più anti -democratiche che sta emanando leggi fasciste. In quanto attivisti siamo perseguitati ed emarginati dalla nostra società, ma continueremo, fino a che Israele non getterà la maschera che si è costruito di fronte all'opinione pubblica internazionale."


La protesta è terminata senza eventi di particolare rilevanza e i manifestanti hanno fatto rientro nelle loro abitazioni.

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