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Thursday, 22 September 2011 11:04

Il gruppo ”Rifiutarsi morire in silenzio” contro la violenza dei coloni
di Ben Lorber

Il lancio della nuova campagna “Rifiutarsi di morire in silenzio”, domenica 18 settembre

“Rifiutarsi di morire in silenzio” è una campagna lanciata domenica nel villaggio di Nabi Saleh, vicino Ramallah. Il gruppo usa un sistema coordinato di automobili e videocamere per monitorare, rispondere e intervenire durante gli attacchi dei coloni che questo settembre si stanno verificando in tutta la Cisgiordania. Parlando dell’utilità di questo gruppo per settembre, Mohammed Khatib, residente a Bil’in e membro del Comitato di Coordinamento della Lotta Popolare, ha sottolineato che “se qualcuno avesse bisogno della prova che i palestinesi non possono contare sulle autorità israeliane per fermare la violenza dei coloni, gli eventi recenti mostrano senza alcun dubbio perché dobbiamo organizzarci da soli. Questo è esattamente quello che i volontari faranno in modo pacifico e civile”.

“L’idea – spiega Thom – è quella di ricevere una telefonata dai villaggi sotto attacco così da raggiungerli velocemente in auto. Ci sono due palestinesi nella macchina e due internazionali, due macchine fotografiche e  una videocamera. Andiamo direttamente al villaggio e documentiamo la violenza dei coloni e, se possibile, se non ci sono soldati e sembra che la violenza aumenti, allora gli internazionali intervengono per bloccare le aggressioni”.

“Rifiutarsi di morire in silenzio” rappresenta il tentativo comune di unificare gli sforzi dei comitati popolari dei villaggi della Cisgiordania, nell’affrontare la crescente violenza dei coloni in vista della richiesta di membership della Palestina alle Nazioni Unite. Il miglior modo di reagire alle aggressioni dei coloni, che colpiscono senza preavviso e scompaiono subito dopo che il danno è fatto, è rispondere velocemente e proteggere i palestinesi. Thom spiega che “l’idea è arrivata dalla mancanza di mezzi di informazione nei luoghi dove i coloni compiono le violenze. Ci sono molti report sulle aggressioni dei coloni, si possono trovare numerosi media che coprono l’evento dopo che si è verificato, ma sono pochi quelli che provano a coprire gli eventi mentre si verificano. Così il gruppo vuole tentare di coprire questo gap”.

Gli internazionali giocano un ruolo cruciale nell’organizzazione, non solo come meri osservatori del conflitto, ma come attori solidali con la popolazione palestinese. “Utilizziamo la solidarietà internazionale qui in Palestina – dice Thom – come deterrente alla violenza e per fermare i coloni che entrano nei villaggi”.

I coloni sono entrati ad Affira martedì in risposta all’iniziativa palestinese alle Nazioni Unite, come parte di una campagna volta a “mostrare ai palestinesi di chi è la terra”. Hanno tentato di farlo martedì anche in un altro villaggio, ad Awarta dove alle 17.30 i coloni sono stati visti, come racconta Thom, “nei campi di Awarta suonare, sventolare bandiere israeliane, cantare e festeggiare”. Violenze e intimidazioni anche la scorsa settimana nel villaggio di Burin, vicino Affira, quando i coloni hanno dato fuoco a 220 alberi di ulivo appartenenti a contadini palestinesi.

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