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5 lug 2011

La società armoniosa
di Chen Xinxin

Con una repressione senza precedenti dal 1989 e particolarmente intesa nel Xinjiang, il Partito comunista cinese (Pcc) celebra i suoi 90 anni. A due anni dai fatti del luglio 2009, si è rafforzata la repressione delle voci del dissenso della minoranza uigura della regione del Xinjiang, mentre in tutto il Paese il governo di Pechino usa il pugno di ferro contro dissidenti, attivisti, avvocati impegnati per la difesa dei diritti umani. La denuncia arriva da Amnesty International a quattro giorni dai festeggiamenti ufficiali del Pcc per i 90 anni dalla sua fondazione. «La tendenza generale verso la repressione che vediamo in tutta la Cina è particolarmente pronunciata nel Xinjiang, dove la popolazione uigura è divenuta una minoranza nella sua stessa terra» a causa della massiccia immigrazione Han (etnia maggioritaria in Cina), ha affermato Sam Zafiri, direttore di Amnesty per la regione dell’Asia Pacifico.

Dai fatti del 2009, nel Xinjiang si è assistito ad «arresti di massa, detenzioni arbitrarie e sparizioni forzate», ha detto ancora una volta Dilxat Raxit, portavoce del Congresso mondiale uiguro. Le autorità cinesi, ha aggiunto, «hanno intensificato la repressione della libertà di espressione». I fatti del luglio 2009 hanno provocato la morte di 800 persone, per lo più uiguri, secondo il bilancio fornito dagli attivisti uiguri, mentre per Pechino le vittime sono state “solo” 197. Da allora molte persone – almeno 26 secondo il governo cinese – sono state condannate a morte e almeno nove condanne sono state eseguite.

Non solo nel Xinjiang. La repressione cinese, che ha colpito anche il noto artista Ai Weiwei, si è abbattuta con sempre maggiore intensità in questi mesi anche contro gli avvocati indipendenti, che si battono per la difesa dei diritti umani. A denunciarlo è sempre Amnesty. Tra i 204mila avvocati della Repubblica Popolare, secondo il gruppo internazionale, solo poche centinaia di coraggiosi rischiano di assumere incarichi per la difesa dei diritti umani. Questi ultimi sono sempre più spesso messi a tacere, con ogni mezzo e metodo possibile. Si va, stando a Catherine Baber, numero due di Zafiri, dalla «sospensione» alla «revoca delle licenze», passando per maltrattamenti, aggressioni, «sparizioni forzate e persino torture». In un recente rapporto, Amnesty sostiene che gli avvocati cinesi per i diritti umani siano divenuti un obiettivo perché «usano la legge per proteggere i cittadini dagli abusi dello Stato».

E, almeno in un certo senso, in questa dura campagna di repressione – scattata sulla scia delle rivolte contro governi autoritari in Medio Oriente e Nord Africa – rientra anche l’operazione di propaganda messa a punto dal Pcc in occasione dei 90 anni dalla sua fondazione a Shanghai. Oggi il gigante d’Asia conta oltre 1,3 miliardi di persone e al partito sono iscritti 80 milioni di cinesi, non più solo operai e contadini, ma anche imprenditori e «nuove forze» (in virtù degli emendamenti allo statuto del 2002). Il messaggio che Pechino ha voluto lanciare, ancora una volta, è che «senza il partito non c’è la Nuova Cina», perché il Pcc lavora per il «bene della Cina». E’ una sorta di “campagna di rieducazione” di massa del Terzo Millennio condotta attraverso cori rivoluzionari, ma anche tramite il maxi schermo, dove è arrivato il kolossal propagandistico “L’inizio di una grande rinascita”, proiettato nei cinema di tutta la Repubblica Popolare, a discapito delle produzioni di Hollywood. Nell’ambito di questa “campagna di rieducazione”, la Cina, alla vigilia del 90esimo anniversario del Pcc e a testimonianza della crescita cinese grazie al partito, ha anche inaugurato il treno-proiettile che collega Pechino a Shanghai in appena cinque ore, più facilmente spendibile a livello popolare del varo della prima portaerei.

Durante il suo discorso in occasione dei festeggiamenti per i 90 del Pcc, il presidente cinese e segretario generale del partito, Hu Jintao, ha ripetuto per ben 14 volte il concetto legato all’armonia, la «società armoniosa», su cui ha focalizzato i suoi anni di leadership per poi lanciare quello di «sviluppo scientifico» nell’intento dichiarato di portare la Cina lungo la strada di una crescita sostenibile. Il concetto di «società armoniosa» è stato spesso utilizzato in questi anni per nascondere in qualche modo la repressione contro ogni forma di dissenso. «Senza la stabilità, nulla può esser fatto, e anche i successi raggiunti sinora potrebbero andare perduti», ha sottolineato Hu nel suo intervento, parlando dell’esigenza di trovare un equilibrio tra «riforme, sviluppo e stabilità». La «stabilità» è il monopolio del Pcc sulla vita politica cinese.

Questo monopolio, parzialmente celato sotto l’etichetta del “multipartitismo”, viene esercitato anche attraverso otto partitini-satellite «non-comunisti», ma «amici» del Pcc, che contano 840mila iscritti. Ufficialmente, questi otto partiti, prendono parte alle decisioni del Pcc, all’«amministrazione degli affari dello Stato», come ha spiegato di recente Zhang Xiansheng, portavoce di uno dei tanti dipartimenti del Comitato centrale del Pcc. In Cina l’opposizione non è consentita (oltre 200 persone sono state fermate a Hong Kong dopo una manifestazione antigovernativa, organizzata nell’ex colonia britannica per il 14° anniversario dal ritorno sotto l’amministrazione cinese), ma è ammesso “partecipare” alle decisioni assunte dal Faraone.

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