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03/11/2011

Le promesse di Assad
di Noemi Deledda

Dopo l'accordo con la Lega Araba si continua a morire e i rifugiati in Libano non hanno più fiducia nel regime

Nessun dialogo con il regime di Bashar al Assad", grida Ahmad, un uomo di cinquant'anni rifugiatosi da Homs in Siria a Beirut, mentre commenta le immagini trasmesse da al-Jazeera circa l'accordo tra il regime di Damasco e la Lega Araba.

Ha le idee chiare Ahmad, perche' ormai dice: "Non ha piu' nulla da perdere". Dopo che le forze di sicurezza hanno ucciso nel giugno scorso suo figlio appena ventenne e un mese dopo anche suo fratello, Ahmad rimasto senza casa e senza lavoro con una piccola valigia ha deciso di venire a Beirut con sua moglie Rania e i suoi tre figli fino a quando il suo Paese gli potra' offrire una vita dignitosa. 

''Una punizione meritata'', commenta ironico. All'indomani dell'accordo tra il regime di Bashar al Assad e la Lega Araba circa una soluzione in Siria che porti alla fine delle violenze (circa 3mila le vittime da quando la rivoluzione e' iniziata) e al via di un dialogo con l'opposizione, (senza specificare quale opposizione) la maggior parte dei cittadini siriani rifugiatosi in Libano esprime la propria disapprovazione e il proprio scetticismo a riguardo.

Ieri mentre il presidente siriano Bashar al Assad prometteva alla Lega Araba e al rappresentante del Qatar in primis la fine delle violenze nel Paese, Muhammad Gntawa, veniva ucciso dalle forze di sicurezza nel quartiere di Bab Amro a Homs assieme a suo fratello Ibrahim. Jassim Hilal, un uomo di 55 anni veniva ucciso a Homs e a Deraa una campagna di arresti e di distruzioni di case dei cittadini veniva eseguita dalle forze di sicurezza.

"Non crediamo nelle promesse del regime", racconta Yasin, un attivista di Homs. "Le strade qui sono ancora piene di carri armati e di soldati, e l'esercito continua a sparare". "Assad ha un solo scopo'', conclude Yasin. "Quello di guadagnare tempo e pensare ad una via d'uscita. Questa e' soltanto un'ennesima tattica per frenare le pressioni internazionali e per dividere ulteriormente l'opposizione".

"Come si puo' pensare di avviare un dialogo con chi ha ucciso piu' di tremila persone?, rincara Nor, una ragazza di trent'anni, "le manifestazioni andranno avanti anche senza nessun appoggio internazionale".

Quella che racconta Hiba, una ragazza siriana di venti anni e' invece un'altra storia. Hiba, promessa sposa di Hasan, collega universitario, avrebbe dovuto sposarsi il mese scorso. Tutto era pronto per un matrimonio fissato da circa un anno fino a quando Hasan due mesi fa viene stato arrestato dalle forze di sicurezza per aver preso parte ad una manifestazione contro il regime. Sorride ingenuamente adesso Hiba, alla notizia dell'accordo tra regime e la Lega Araba. L'accordo prevede infatti anche il rilascio di tutti i manifestanti e gli attivisti che sono stati arrestati dall'inizio della rivoluzione. 

"Non vedo l'ora di abbracciarlo'', dice Hiba, mentre sul suo volto si accende una luce di speranza. Quella stessa speranza che la accumuna ad Ahmad, Rania e Yassin in attesa di ritornare ad una vita che gli e' stata sottratta dai carri armati che non gli permettono piu di passeggiare per i vicoli di Homs , dalle bombe che hanno distrutto le loro case e dagli arresti e le uccisioni arbitrarie che gli hanno portato via i loro cari. "Possono anche ammazzarci tutti'', dice Ahmad, ''ma nessuno mai potra uccidere la nostra dignità".

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