http://it.peacereporter.net
17/11/2011

Siria, futuro incerto
di Christian Elia

Intervista al prof. Campanini, docente di di Storia e istituzioni del mondo musulmano, rispetto alle prospettive della crisi di Damasco

La situazione in Siria diventa sempre più complicata. Mentre nel Paese la violenza non accenna a diminuire, il contesto internazionale isola sempre più il regime di Assad. Dopo la Turchia, anche la Lega Araba abbandona il presidente siriano. Cosa accadrà adesso, in uno dei paesi più importanti per gli equilibri della regione? PeaceReporter l'ha chiesto a Massimo Campanini, docente di Storia e istituzioni del mondo musulmano, che ha insegnato a Milano, all'Orientale di Napoli e a Trento, autore di numerosi saggi tra i quali Storia del Medio Oriente, edizioni il Mulino.

Cosa si aspetta che possa accadere adesso? La scadenza dei tre giorni posta dalla Lega Araba ad Assad per porre fine alle violenze può significare, in qualche modo, che una soluzione si avvicina?
La prospettiva dei tre giorni, comunque vada, è un orizzonte temporale troppo ristretto. Il regime di Assad gode tuttora dell'appoggio di una parte significativa delle forze armate, di una parte importante della minoranza alauita e di una parte - non so quanto consistente - della popolazione. Un dittatore come lui non avrebbe potuto reggere così a lungo se non avesse avuto dei supporti dal punto di vista popolare. In Egitto, in Tunisia e in Libia, dove comunque la situazione era differente, questi dittatori sono stati in qualche modo abbandonati dall'opinione pubblica in un tempo relativamente breve e sono crollati. Credo, possa piacere o meno, che Assad abbia ancora delle risorse sulle quali contare e delle armi sulle quali fare riferimento. Di sicuro la presa di posizione della Lega Araba, e ancor di più della Turchia, ne indeboliscono la posizione internazionale, ma sono pessimista rispetto al fatto che il regime possa abbandonare il potere in fretta. Il rischio potenziale di una guerra civile, sul modello libico, rimane alto. Ed è molto probabile che le pressioni internazionali diventeranno sempre più forti, indebolendo ancor di più la posizione di Assad. Credo però, anche se si può essere smentiti in un attimo, che Bashar Assad venderà cara la pelle, avendo ancora le risorse per resistere. L'orizzonte temporale della crisi siriana, secondo me, non può essere limitato a tre giorni, ma sarà più lungo.

Che idea si è fatto dell'influenza internazionale sulla crisi siriana? Magari rispetto alla crisi libica?
La situazione in Libia, almeno in parte, è stata di sicuro eterodiretta. Lo stesso non può dirsi della Siria, dove le manifestazioni e la rivolta sembrano un fenomeno più endogeno. Per molto tempo i rivoltosi non hanno goduto dell'appoggio internazionale e le grandi potenze hanno usato con Assad una maggiore cautela rispetto a quella riservata a Gheddafi. La Siria, ad esempio, conserva tutt'ora un certo appoggio dalla Russia e anche della Cina. La posizione di Damasco è più solida di quella della Libia, che in un tempo relativamente breve è stato abbandonata al suo destino dai suoi vecchi alleati, tipo l'Italia. La sensazione, in generale, è che al di là della presa di posizione di Turchia e Lega Araba ci sia un clima internazionale meno favorevole a un intervento esterno, anche perché una 'balcanizzazione' della Siria potrebbe avere effetti molto pesanti sulla situazione regionale, magari spingendo l'Iran a un intervento. Israele stesso potrebbe vivere con preoccupazione un mutamento, perché in qualche modo Assad garantiva uno status quo. La pressione internazionale, rispetto alla Libia, mi pare differente e questo potrebbe allungare i tempi di soluzione della crisi siriana.

L'eventuale fine del regime di Assad come potrebbe influire nel futuro di una regione dove la Siria ha, da sempre, avuto una centralità politica, storica e identitaria molto importante?
Fino a non molto tempo fa, parlando del conflitto con Israele, si diceva che gli arabi non potevano far la guerra senza l'Egitto, ma non potevano far la pace senza la Siria. Questo è significativo, perché la Siria è sempre stata la principale esponente del panarabismo e del nazionalismo arabo, molto più dell'Egitto, a parte la parentesi del nasserismo. E' assolutamente verosimile che l'eventuale caduta del regime di Assad possa aprire scenari imprevisti negli equilibri regionali e internazionali, anche perché non si sa chi riempirebbe il vuoto di potere. La Siria è un Paese con tensioni e divisioni di tipo confessionale. Sciiti, sunniti, drusi, alauiti, cristiani. Non è facile l'equilibrio. Un governo sunnita, ad esempio, rispetto alla maggioranza della popolazione, ben visto dalla Lega Araba, taglierebbe lo storico legame con l'Iran e, in questo senso, indebolirebbe Teheran. Lo stesso accadrebbe per il Libano, dove la Siria ha sempre avuto un peso particolare, che potrebbe essere abbandonato a sé stesso o vedere un ulteriore rafforzamento di Hezbollah. Un altro aspetto interressante potrebbe essere quello di chiedersi come funzionerebbe la cintura sciita composta da Iran, Iraq meridionale e Libano meridionale, della quale la Siria è stata in qualche modo garante fino a ora.

top