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11 luglio 2011

Assalto alle ambasciate di Usa e Francia , Clinton: "Assad non è indispensabile"

DAMASCO - Sostenitori del presidente siriano, Bashar al Assad, hanno tentato di fare irruzione nelle ambasciate di Usa e Francia a Damasco. Lo hanno riferito fonti diplomatiche. La situazione più difficile alla sede della diplomazia di Parigi, dove tre agenti, di cui due sicuramente francesi, sono rimasti feriti e gli assalti dei lealisti sono andati avanti per tutta la giornata, come ha spiegato una fonte del Quai d'Orsay, aggiungendo che "le forze di sicurezza siriane non stanno facendo nulla". In precedenza, il portavoce del ministero degli Esteri francese, Bernard Valero, aveva spiegato che durante l'assalto gli agenti di sicurezza francesi hanno esploso tre colpi in aria come deterrente, per "evitare il moltiplicarsi delle intrusioni nel perimetro dell'ambasciata".

Nessun ferito, invece, all'ambasciata americana. Fonti del Dipartimento di Stato, citate dalla Cnn, hanno precisato che la sede diplomatica non è stata violata: diversi dimostranti si sono arrampicati sul muro di cinta, rimanendo comunque all'esterno del complesso. La Bbc, citando una fonte diplomatica, ha parlato di alcune finestre rotte e di una bandiera siriana issata durante l'assalto. Secondo quanto riferito all'Ansa da testimoni, tre o quattro persone sono riuscite a scavalcare il muro arrampicandosi poi sul tetto dell'ambasciata Usa e c'è voluta una mezz'ora per ristabilire l'ordine. Allontanatisi dalla sede diplomatica americana, alcuni dimostranti pro-Assad hanno poi preso di mira anche la vicina residenza dell'ambasciatore Usa.

Anche gli americani hanno denunciato la "lenta e insufficiente" reazione delle forze dell'ordine siriane. Di conseguenza, il Dipartimento di Stato Usa ha convocato l'incaricato d'affari siriano a Washington, Mounir Koudmani, per chiedere ragione dell'attacco alle due ambasciate. Critico, il Dipartimento di Stato, anche nei riguardi della televisione siriana, pesantemente influenzata dalle autorità siriane e ritenuta responsabile di aver incoraggiato l'assalto. "Condanniamo con forza il rifiuto del governo di Damasco di proteggere la nostra ambasciata - ha dichiarato un portavoce della Difesa americana - e chiediamo il risarcimento dei danni. Facciamo appello al governo siriano perché assolva pienamente anche agli obblighi che ha nei riguardi dei suoi stessi cittadini".

Ieri era stato il governo siriano a convocare gli ambasciatori di Usa e Francia, Robert Ford ed Eric Chevallier, per esprimere l'irritazione del regime per la loro visita, venerdi scorso, ad Hama, una delle "città ribelli", a 210 chilometri a nord di Damasco, dove il primo luglio si è svolta un'imponente manifestazione anti-Assad con almeno mezzo milione di persone in strada a chiedere la caduta del regime. Poche ore dopo, il 2 luglio, Assad aveva rimosso il governatore di Hama, Ahmad Khaled Abdel Aziz, e ieri è stato promulgato il decreto con cui il presidente ha nominato Anas Naem nuovo governatore della città.

Per tutta risposta, Washington ha accusato la Siria di aver organizzato proteste davanti all'ambasciata americana a Damasco durante il fine settimana. Secondo il dipartimento di Stato, inoltre, Ford non è stato convocato dal ministero degli Esteri siriano per protesta: l'incontro era già programmato ed era stato richiesto dall'ambasciata statunitense. In serata è arrivato l'avvertimento, duro, del segretario di Stato: "Se chiunque, compreso il presidente Assad - ha detto Hillary Clinton - pensa che gli Usa sperano che il regime si risollevi e continui la sua brutalità e repressione, si sbaglia. Il presidente Assad non è indispensabile e non abbiamo assolutamente investito nella sua permanenza al potere". Poi, l'affondo: "Assad ha perso la sua legittimità".

L'agenzia di stampa Sana, citando un comunicato del ministero degli Esteri, aveva spiegato ieri che, secondo le autorità siriane, gli ambasciatori di Usa e Francia hanno fatto visita a Hama "senza ricevere le necessarie autorizzazioni". "Una ingerenza flagrante nelle questioni interne siriane - affermava il comunicato - La loro visita dimostra che c'è un sostegno e un incoraggiamento proveniente dall'estero per la destabilizzazione del Paese proprio nel momento in cui si apre un dialogo nazionale che ha come obiettivo quello di costruire l'avvenire della Siria".

Riferimento, quest'ultimo, all'iniziativa promossa dal presidente Assad a cui tuttavia non prendono parte esponenti importanti dell'opposizione. In particolare, l'attivista e scrittore Michel Kilo, figura chiave che aveva lasciato la riunione promossa da Assad invitando tutti i rappresentanti delle forze anti-regime ad andarsene. "Il dialogo - ha detto Ayman Abdel-Nou, editore del sito web all4syria.com - può funzionare solo quando le parti si rispettano e si considerano sullo stesso piano. Al momento quindi non c'è dialogo". Secondo le organizzazioni per la difesa dei diritti umani, dall'inizio della protesta, a marzo, le forze di sicurezza di Assad hanno ucciso circa 1300 civili e arrestato circa 12mila manifestanti.

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