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13/07/2011

Siria, storie da una rivoluzione
di Noemi Deledda 

Una madre, un figlio, un padre. Persone finite nel vortice di repressione del regime

Di Yasin, il primogenito, non ha più notizie Amira, da quando una sera i servizi di sicurezza del regime siriano sono entrati nella sua casa nella periferia di Damasco, sfondando la porta, per portarlo via. Lo avevano visto su YouTube, in uno di quei video inviati al mondo intero, che partecipava ad una manifestazione contro il regime, aveva detto allora un poliziotto ad una mamma disperata che cercava di capire le ragioni di quell'arresto nel cuore della notte mentre si preoccupava di coprire gli occhi alla sua ultima figlia di soli quattro anni, Nuur, in arabo 'luce'.

Da allora suo marito Mohammad si é sempre recato al lavoro, nella società di linea nazionale Syrian Airlines dove lavora da anni, per non suscitare sospetti. Chi avrebbe dato da mangiare agli altri tre figli di 18, 16 e 4 anni se anche lui fosse stato accusato di 'tradimento alla patria'? ''Sono giorni ormai che mangiamo pane e uova perché mio marito non viene pagato da due mesi'', racconta Amira. ''La situazione nel nostro Paese é già difficile, a livello di sicurezza, facciamo le guardie nelle nostre case perché abbiamo paura che l'esercito entri di notte e ci porti via un altro figlio o ci spari''. A farle da eco ci sono altre storie, storie di una vita fatta di stenti per aver un piatto caldo e un pezzo di pane ogni giorno. Storie di una vita e di una lotta quotidiana per conquistare la dignità più che la libertà. Alcune donne raccontano che molte di loro sono state ''obbligate dai servizi di sicurezza del regime a partecipare alle manifestazioni pro Assad. Se non l'avessero fatto raccontano avrebbero perso il posto di lavoro assieme ai loro mariti''.

Da cinque mesi le immagini e le testimonianze che arrivano dalla Siria sono sempre le stesse: una folla di manifestanti che chiede la fine di un regime e una folla di uomini armati che spara sui manifestanti. Nel suo ultimo discorso alla nazione il presidente Bashar al Assad ha messo in guardia contro un collasso dell'economia in Siria. Sembra essere proprio la crisi economica una vera e propria minaccia più che al regime di Assad in realtà per il popolo siriano. Secondo le testimonianze di alcuni analisti e imprenditori locali citate dal quotidiano The Economist le vendite in Siria si sono dimezzate. I mercati e i negozi sono ormai vuoti da mesi e molte sono le fabbriche che non esportano più la merce. Inoltre il tasso di disoccupazione si é raddoppiato sfiorando il 10 percento, mentre tutti gli investimenti stranieri sono stati ritirati. Ma l'elemento più preoccupante é che ad essere in rosso sono ormai le finanze pubbliche mentre il presidente Bashar al Assad ha aumentato i salari ai parlamentari e offerto loro dei sussidi ulteriori per ''arginare la grave crisi interna'' che il regime attraversa ormai da marzo, da quando gli operai chiedono un aumento dello stipendo sempre negato. A pagarne le spese sono gli operai e gli impiegati che lavorano per imprese statali. Da due mesi ormai gli operai di una azienda che costruisce materiale militare non riceve più il suo stipendo. E' per questo che da ieri con un sit in una folla di circa cento operai, secondo quanto riferiscono a PeaceReporter alcuni attivisti locali si sono riuniti dinanzi all'Università Teshrin di Lattakia, che ospita la sede dell'azienda, per chiederne il pagamento immediato.

Intanto sono circa venti miliardi, secondo alcune stime, i dollari trasportati dalla banche siriane all'estero soprattutto in Libano. Sarà sempre più dura dice Amira ma non é questo certo il prezzo da pagare per la libertà, alludendo invece ai circa 1600 martiri, tra cui molti bambini, di questa rivoluzione.

Una rivoluzione che non ha bisogno né del sostegno statunitense e francese tramite le visite ad Hama, né delle dichiarazioni di Clinton circa la legittimità del presidente Assad. E' il popolo siriano che decide la legittimità del proprio presidente ed é il popolo siriano che sceglierà e quindi democraticamente, la Siria del futuro, dove Amira e assieme a lei le mamme potranno dormire tranquille perché nessuno nella notte entrerà per portargli via un pezzo di anima.

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