linkto read more ...
Il Presidente Zine El Abidine Ben Ali a sinistra, visita Mohamed Bouazizi al Ben Arous Burn and Trauma Center in Tunisi. Bouazizi morì poco dopo che questa foto fu scattata, il 28 dicembre 2010, la sua storia toccò milioni di persone in tutto il mondo arabo, costretto in decenni di rabbia repressa, innescando una serie di rivolte che hanno portato alla caduta di diversi dittatori, diffondendo disordini popolari che tutt'ora continuano. (AP Photo/Tunisian Presidency, File)
english version below

http://www.time.com/
Wednesday, Dec. 14, 2011

Persona dell’anno
di Rick Stengel

La Soria emerge, sempre e solo in retrospettiva. Gli eventi diventano significativi solo quando si guarda indietro. Nessuno poteva immaginare che un venditore ambulante tunisino che si è dato fuoco nella pubblica piazza di una cittadina visibile a malapena su di una mappa, potesse  innescare proteste che avrebbero abbattuto i dittatori di Tunisia, Egitto e Libya, minando la stabilità dei regimi in Syria, Yemen e Bahrain. O che quello spirito del dissenso potesse dare l’impulso ai messicani di sollevarsi contro il terrore dei cartelli della droga,  ai greci di ribellarsi contro leaders irresponsabili, agli americani di occupare spazi pubblici per protestare contro le disuguaglianze del reddito, e ai russi di schierarsi contro un’autocrazia corrotta. Le proteste, ad oggi, si sono verificate in paesi la cui popolazione totale è di almeno 3 miliardi di persone, e la parola protesta è apparsa sui giornali e in linea su internet in modo esponenziale, ben oltre di quanto sia mai apparsa in ogni altro periodo storico.

Esiste un punto di svolta globale perla frustrazione? Dovunque sembra che la gente debba dire che ne hanno avuto abbastanza. Essi dissentono; essi chiedono; essi non disperano, anche quando le domande tornano indietro sotto forma di una nuvola di gas lacrimogeno o di una selva di proiettili. Essi hanno, letteralmente, abbracciato l’idea che le azioni individuali possano portare a cambiamenti collettivi colossali. E inoltre, anche se percepita in modo diverso nei diversi posti, l’idea di democrazia era presente in ogni moltitudine. La radice della parola democrazia è demos, “il popolo”, e il significato di democrazia è “la legge del popolo”. Ed essi l’hanno agita, se non nelle urne, nelle strade. America è una nazione concepita nella protesta, e protesta è in qualche modo la fonte della democrazia, nonché la prova della sua mancanza.

I contestatori, o (sovversivi), hanno segnato la crescita di una nuova generazione. In Egitto il 60% della popolazione ha meno di 25 anni. La tecnologia è stata importante ma questa non era una rivoluzione tecnologica. Questi movimenti non sono stati causati dai social networks, ma ne sono stati alimentati. La tecnologia ci ha permesso di rimanere connessi con gli eventi che sono stati diffusi ovunque insieme al virus della protesta, ma questa non è una rivoluzione wired (cablata); bensì una rivoluzione umana, fatta di cuori e menti, le più antiche tecnologie dell’uomo.

Dovunque, quest’anno, le genti hanno protestato per il fallimento delle loro classi politiche e per l’irresponsabilità delle istituzioni da esse amministrate. I politici non possono più guardare oltre le prossime elezioni, e si rifiutano di compiere scelte dolorose. Questa è la ragione per cui non abbiamo scelto un individuo quest’anno. Ma una personalità che è emersa dalla base della piramide, non dall’alto. Per catturare e sottolineare quel senso globale di promesse mancate, per rovesciare i governi e la saggezza convenzionale, per combinare le tecniche più antiche con le più nuove tecnologie, per accendere una luce sulla dignità dell’uomo e, finalmente, per guidare il pianeta del 21esimo secolo verso un concetto più democratico, a volte lungo un sentiero più periglioso, il contestatore è la persona Time dell’anno 2011,


http://www.time.com/
Wednesday, Dec. 14, 2011

Person of the Year Introduction
By Rick Stengel

History often emerges only in retrospect. Events become significant only when looked back on. No one could have known that when a Tunisian fruit vendor set himself on fire in a public square in a town barely on a map, he would spark protests that would bring down dictators in Tunisia, Egypt and Libya and rattle regimes in Syria, Yemen and Bahrain. Or that that spirit of dissent would spur Mexicans to rise up against the terror of drug cartels, Greeks to march against unaccountable leaders, Americans to occupy public spaces to protest income inequality, and Russians to marshal themselves against a corrupt autocracy.Protests have now occurred in countries whose populations total at least 3 billion people, and the word protest has appeared in newspapers and online exponentially more this past year than at any other time in history.

Is there a global tipping point for frustration? Everywhere, it seems, people said they'd had enough. They dissented; they demanded; they did not despair, even when the answers came back in a cloud of tear gas or a hail of bullets. They literally embodied the idea that individual action can bring collective, colossal change. And although it was understood differently in different places, the idea of democracy was present in every gathering. The root of the word democracy is demos, "the people," and the meaning of democracy is "the people rule." And they did, if not at the ballot box, then in the streets. America is a nation conceived in protest, and protest is in some ways the source code for democracy — and evidence of the lack of it.

The protests have marked the rise of a new generation. In Egypt 60% of the population is under the age of 25. Technology mattered, but this was not a technological revolution. Social networks did not cause these movements, but they kept them alive and connected. Technology allowed us to watch, and it spread the virus of protest, but this was not a wired revolution; it was a human one, of hearts and minds, the oldest technology of all.

Everywhere this year, people have complained about the failure of traditional leadership and the fecklessness of institutions. Politicians cannot look beyond the next election, and they refuse to make hard choices. That's one reason we did not select an individual this year. But leadership has come from the bottom of the pyramid, not the top. For capturing and highlighting a global sense of restless promise, for upending governments and conventional wisdom, for combining the oldest of techniques with the newest of technologies to shine a light on human dignity and, finally, for steering the planet on a more democratic though sometimes more dangerous path for the 21st century, the Protester is TIME's 2011 Person of the Year.

top