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27/01/2011

Food-riots, reazione a catena - la cronologia
di Alberto Tundo

Dal suicidio di Mohammed Buoazizi, che si è dato fuoco per protesta in Tunisia e da cui tutto è cominciato, fino ai cortei egiziani contro Mubarak: questi gli eventi principali

17 dicembre, Tunisia: Mohammed Bouazizi si dà fuoco davanti al municipio di Sidi Bouzid, in Tunisia. La polizia gli aveva sequestrato il banco di frutta e verdura, sostenendo che non avesse la licenza per vendere. Il giovane aveva protestato ed era stato picchiato, tanto da dover essere portato in ospedale. In questo primo episodio c'è la spiegazione di come la protesta contro la galoppante inflazione dei prezzi dei generi alimentari sia diventata subito politica e diretta all'ottenimento di riforme politche e sociali.

22 dicembre, Tunisia: Stesso villaggio, si uccide Houcine Falci durante una manifestazione. Esponeva un cartello con scritto "No alla miseria, no alla disoccupazione".

24 dicembre, Tunisia: Mohammed Ammari, 18 anni, viene ucciso dalla polizia intervenuta per sedare una manifestazione trasformatasi in rivolta. Centinaia di persone si radunano davanti alle sede dei sindacati, protestando contro la disoccupazione. Scoppiano scontri violenti ad al-Ragab e Miknassi. La polizia tortura, Abderraman Ayedi, avvocato.

25 dicembre, Tunisia: le proteste si estendono a Kairouan, Sfax e Ben Guerdane. Un portavoce del ministro dell'Interno giustifica la polizia che spara sulla folla per "legittima difesa".

27 dicembre, Tunisia: Le proteste arrivano a Tunisi, dove la gente scende in piazza per chiedere lavoro e in segno di solidarietà con i manifestanti delle regioni più povere. I disordini intanto si estendono a Sousse.

28 dicembre, Tunisia: il presidente tunisino Zine El Abidine Ben Ali condanna le manifestazioni come "inaccettabili", opera di "pochi estremisti". I sindacati organizzano un altro corteo a Gafsa. Intanto 300 avvocati protestano davanti alla sede del governo contro la repressione dei manifestanti. Vengono dimessi, senza spiegazione, i governatori di Sidi Bouzid, Jendouba e Zaghouan. Anche tre ministri (Comunicazioni, Commercio e Affari religiosi) vengono sostituiti.

29 dicembre, Tunisia: la polizia disperde le proteste a Sbikhta e Chebba. Un network privato, Nessma Tv, comincia a coprire le manifestazioni, dando così una risonanza nazionale ad ogni corteo di protesta.

30 dicembre, Tunisia: morte di un manifestante colpito da proiettili sei giorni prima. Il Partito Socialista francese condanna la "brutale repressione del regime".

2 gennaio, Tunisia: Un gruppo di hacker attacca alcuni siti web governativi, mettendoli fuori uso. Il governo risponde sabotando i profili Facebook e Twitter di utenti che avevano raccontato in diretta le manifestazioni.

3 gennaio, Tunisia: la protesta raggiunge le sedi del partito di governo. A Thala una manifestazione pacifica di 250 studenti viene repressa: seguono disordini, con camion e macchine date alle fiamme.

5 gennaio, Tunisia: muore il ragazzo che aveva dato il via alla protesta, incendiandosi.
Algeria: esplodono le proteste per l'inflazione dei generi alimentari.

6 gennaio, Tunisia: il 95 per cento degli avvocati tunisini sciopera per protesta contro la brutalità della polizia, chiedendo agli apparati di sicurezza di fermare la repressione.


6 gennaio, Algeria: cortei e manifestazioni a Bab El Wadi, Zaralda e Wahran.

7 gennaio, Tunisia: le autorità arrestano un gruppo di blogger e giornalisti, alcuni dei quali risultano scomparsi. Tra questi, figura Hamadi Kaloutcha.

8 gennaio, Tunisia: sei persone vengono uccise dai reparti antisommossa a Tala, al confine con l'Algeria. Altri tre morti nella regione di Kasserine.


8 gennaio, Algeria: i manifestanti sfidano il divieto delle autorità e scendono in piazza per protestare contro il caroprezzi dei generi alimentari e degli affitti. La polizia interviene con violenza. Secondo la Cnn, tre persone sono rimaste uccise durante le manifestazioni in diverse città algerine. Oltre 300 i feriti.

9 gennaio, Tunisia: la polizia uccide altri due manifestanti a Miknassi.


9 gennaio, Algeria: il ministro dell'Interno, Daho Ould Kabila, conferma la morte di tre cittadini durante gli scontri a M'sila, Tipasa e Boumerdes.

10 gennaio, Algeria: continuano i disordini. Il bilancio provvisorio è di cinque morti e 800 feriti.

13 gennaio, Tunisia: Una Ong parigina, ripresa da Al Jazeera, diffonde un bilancio provvisorio di due settimane di scontri nel Paese: 66 morti. Per il regime i morti sono 23. Ben Alì, in un discorso televisivo, promette una svolta liberale, riforme, un indagine sulle uccisioni dei manifestanti e di non ricandidarsi nel 2014. 


13 gennaio, Giordania: anche la popolazione giordana insorge contro l'inflazione. Il Movimento Islamico annuncia l'adesione alle manifestazioni indette dai partiti di sinistra contro il carovita previste per il giorno dopo ad Amman, Irbid, Aqaba, Madaba e Karnak.

14 gennaio, Tunisia: Ben Alì impone lo stato d'emergenza, scioglie il governo e promette nuove elezioni entro sei mesi. Vengono vietati i raduni di più tre persone. Nella notte il presidente riesce a lasciare il Paese con la sua famiglia. Arriverà, dopo il rifiuto della Francia di ospitarlo, in Arabia Saudita. L'esercito prende il controllo dell'aereoporto e lo spazio aereo viene chiuso.

14 gennaio, Giordania: centinaia di persone si riuniscono nella cittadina meridionale di Rakak per gridare slogan contro il Primo ministro Samir al-Rifai. Altre proteste eplodono nella capitale Amman e a Irbid, nel nord.

15 gennaio, Tunisia: la Corte Costituzionale ordina che il presidente ad interim sia lo speaker del Parlamento, Fouad Mebazaa, il quale chiama Mohammed Ghannouci per formare il nuovo governo. Scoppiano disordini in molte cittadine del Paese: si moltiplicano le denunce di piccole gang di saccheggiatori e criminali che approfittano della confusione.

16 gennaio, Tunisia: viene arrestato l'ex ministro dell'Interno, Rafik Belhaj, responsabile della repressione delle manifestazioni e della morte di decine di civili. Finiscono in carcere alcuni componenti del clan di Ben Alì.

16 gennaio, Marocco: a Rabat, scontri tra polizia e dimostranti che provavano ad organizzare una manifestazione, sempre contro l'inflazione galoppante. Gli agenti sparano lacrimogeni.                                                                                                 

16 gennaio, Yemen: cresce la tensione a causa della mancanza di prodotti di carburante, per problemi di approvvigionamento. Il presidente Ali Abdullah Saleh silura Omar Arhabi, capo della Yemen Petroleum Company. Lunghe code davanti ai distributori.                                

16 gennaio, Mauritania: un uomo, Ya'coub Ould Dahoud, si dà fuoco per protestare contro l'inflazione, davanti al Parlamento.

18 gennaio, Tunisia: nuove preteste scoppiano in diverse città. I manifestanti denunciano la presenza di troppi uomini della vecchia guardia nel nuovo governo.


18 gennaio, Egitto, due persone si danno fuoco al Cairo e Alessandria.

19 gennaio, Tunisia: la Svizzera annuncia di aver congelato i beni della famiglia presidenziale. Intanto, viene avviata un'inchiesta per accertare l'entità della ricchezza di Ben Alì e del suo clan.

20 gennaio, Tunisia: i ministri si dimettono in massa dall'Rcd (raggruppamento per la cultura e la democrazia), il partito di governo, come segno di discontinuità ma mantengono il posto.

21 gennaio, Tunisia: indetto un lutto nazionale di tre giorni in memoria delle vittime della repressione. Manifestazioni pacifiche chiedeono la dissoluzione del nuovo ganibetto. Ghannouci promette di dimittersi subito dopo le prime libere elezioni, che verranno indette - dice - quanto prima.

22 gennaio, Tunisia: circa duemila poliziotti si uniscono alla folla, chiedendo la dissoluzione del partito di governo. Alcuni manifestanti irrompono nell'ufficio del Primo ministro. Ai dipartimenti di esercito e servizi di sicurezza viene ordinato di non distruggere nessun documento.


22 gennaio, Algeria: secondo Al Jazeera, in due settimane di proteste, otto persone si sono date fuoco, anche se alcuni casi sarebbero riconducibili a malattia mentale.

23 gennaio, Tunisia: la polizia arresta il portavoce di Ben Alì, Abdelaziz in Dhia, e Abdallah Qallal, ex ministro dell'Interno e poi presidente della Camera alta del Parlamento. Arrestati anche Larbi Nasra e suo figlio, proprietari di Hannibal Tv, con l'accusa di tradimento, sospettati di favorire il ritorno di ben Alì dall'Arabia Saudita.

24 gennaio, Tunisia: cominciano negoziati per formare un governo ad interim, il cui compito è quello di "difendere la rivoluzione del Gelsomino".

25 gennaio, Egitto: viene indetto "la giornata della rabbia": scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nella capitale. Si radunano circa 30 mila persone in piazza Taharir, chiedendo riforme politiche e sociali, sul modello dei "fratelli tunisini". Il ministro degli Interni, Habib el-Hadli promette il pugno di ferro "contro ogni manifestazione non autorizzata del dissenso". Il bilancio è di quattro morti, uno dei quali è un agente di polizia schiacciato dalla folla. Circa 400 le persone arrestate.

26 gennaio, Tunisia: la polizia spara lacrimogeni sui manifestanti nella Casbah di Tunisi.

27 gennaio, Egitto: l'ex capo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, Moghammed elBaradei ha annunciato l'immediata partenza da Vienna, dove vive, per Il Cairo, dichiarando di "essere pronto a prendere il potere se il popolo glielo chiederà" e dicendosi disposto ad entrare ad un governo di transizione. Per l'agenzia Reuters, l'opposizione guadagna un personaggio di caratura internazionale che potrebbe cambiare il quadro politico.

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