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1 mar 2011

Ahmadinejad? Come lo scià
di Ali Izadi

Pubblichiamo  alcuni punti del nuovo manifesto politico del movimento verde firmato da Hossein Mousavi e da Mehdi Karrubi nei giorni scorsi a Tehran, prima di essere sottoposti agli arresti domiciliari e poi rinchiusi nel carcere militare, all’interno del ministero della difesa iraniano.

Questa detenzione può far pensare addirittura ad un processo “militare” a loro carico. Dunque siamo al cospetto di una “svolta”, che ha provocato attriti anche all’interno del regime: si dice che siano stati i pasdaran e Khamenei a volere questo innalzamento dello scontro con l’opposizione. Innalzamento dello scontro determinato dal portato politico “enorme” di questo documento.

Si tratta di un documento che trasforma il movimento “verde” da movimento di protesta in movimento politico. Nel titolo di questo pezzo ho evidenziato il punto più forte: il regime attuale, definito golpista, viene paragonato a quello dello scià, contro il quale ebbe luogo per l’appunto la rivoluzione iraniana.

Ma ci sono anche altre indicazioni importantissime. Innanzitutto di politica estera. Come si potrà capire viene implicitamente criticata la scelta di scontro con l’Occidente: l’isolamento ha rovinato l’Iran e quindi viene proposta una politica di dialogo “con tutti”. C’è poi il carattere dello stato. Qui assume un significato rilevante il fatto che non ci sia nessun riferimento a Khomeini, ma si rimane nel tracciato della “Repubblica islamica”: si lascia intendere che la Costituzione va interpretata in maniera democratica ma non si accenna al famoso principio del “governo del giureconsulto”. Una scelta da intendere, sulla quale varrà la pena tornare. Ma veniamo ai punti salienti del documento.

1) In Iran è in atto un colpo di stato per fermare il movimento riformista che intende avvicinare il nostro paese a una vera democrazia. Per fare questo i golpisti vogliono cacciare via dal nostro paese tutti gli intellettuali, chiunque non la pensi come loro. Si avvalgono della rendita petrolifera per costruire una censura capillare e una macchina propagandistica che esalta in patria il rapporto con Dio e nel mondo la loro influenza politica.

2) Da quando ci fu il golpe contro il primo ministro legittimo Mossadegh (deposto dallo scià e dalla Cia per impedire la nazionalizzazione delle risorse petrolifere, ndt) noi abbiamo capito che il totalitarismo non porta da nessuna parte, ma abbiamo anche imparato che non bisogna perdere la speranza nel progresso.

I riformisti in questo lungo arco di tempo hanno sempre creduto che vivere non è sopravvivere, anche altri popoli per avere democrazia, giustizia e indipendenza hanno dovuto percorrere cammini lunghi e sofferti.

3) A 30 anni dalla nostra rivoluzione il popolo deve nuovamente combattere contro la dittatura? La nostra costituzione non prevede il rispetto dei diritti fondamentali della persona? Il III capitolo della nostra Costituzione non dice che i diritti del popolo hanno la priorità su quelli dei governanti? Invece i diritti del popolo sono rimasti sempre tra parentesi. Quando si vuole criticare chi è al potere scatta sempre l’accusa di collaborare con i sionisti, di collaborare con il nemico. Insomma, l’Iran di oggi è gestito politicamente come ai tempi dello scià, l’unica differenza è che il potere non viene trasmesso di padre in figlio.

4) La reazione del popolo dello scorso anno (dopo la rielezione di Ahmadinejad, ndt) dimostra la consapevolezza della necessità di cambiamenti profondi, proprio questo è il motivo per cui tanta gente è andata a votare. Purtroppo il governo ha approfittato di questa partecipazione per imporre i propri interessi.

Questo sistema autoritario ha distrutto il destino della nazione iraniana. Tantissimi manifestanti sono stati arrestai, picchiati, costretto altri a partecipare ai raduni ufficiali per dimostrare un consenso che non hanno. Noi siamo stati anche incolpati di essere contro l’Islam.

5) In questi anni è nata una nuova mentalità: una mentalità che esclude la possibilità di torturare chi la pensa diversamente.  Questi  metodi, questo modo di fare politica, è ormai respinto dalla coscienza collettiva e individuale degli iraniani.

6) Non saranno le potenze straniere ad aiutarci a conseguire il rispetto d nostri diritti. Il popolo iraniano deve determinare il suo destino e il suo futuro. Il popolo non cerca più il “salvatore”, ciascuno di noi ha capito che deve può e deve contribuire a costruire un futuro diverso per quanto gli è possibile fare, perché “il salvatore” è in ciascuno di noi.

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