Alternative Information Center
Wednesday, 07 September 2011 07:42

Movimenti israeliani e palestinesi: assieme per porre fine all'occupazione e al razzismo
di Marta Fortunato

Martedì 6 settembre è stata pubblicata una dichiarazione storica, firmata da venti movimenti sociali e partiti politici palestinesi ed israeliani*. Un documento in cui si delinea una terza via per liberare il popolo palestinese.

Una lotta comune, di israeliani e palestinesi, che non si ferma alla normalizzazione del conflitto, ma che cerca di rimuovere le cause prime della sofferenza dei palestinesi: l'occupazione militare e le politiche razziste dello stato di Israele. Due gli argomenti principali discussi: le proteste sociali in Israele e l'iniziativa palestinese di settembre.

“Assieme (...), per sostenere la lotta del popolo palestinese nel raggiungimento dei diritti nazionali e contro l'oppressione sociale e politica” si legge nell'apertura della dichiarazione, redatta a seguito di una riunione organizzata ad agosto tra i principali rappresentanti dei movimenti sociali provenienti da entrambe le parti del muro.

Un meeting fatto dopo quasi quattro mesi dopo la conferenza congiunta di Hebron di maggio, in cui erano stati discussi i principali problemi che stava affrontando la resistenza palestinese: il tentativo di normalizzazione del conflitto e la debolezza della leadership palestinese. Già allora erano stati definite delle strategie di lotta comune: l'impegno della società civile israeliana, dei partiti politici e dei gruppi della sinistra anti-sionista.

Negli ultimi mesi però qualcosa è cambiato nella società israeliana. “I movimenti di protesta e il vento di cambiamento che soffia nel mondo arabo hanno fatto aumentare la speranza di tutti coloro che nel mondo cercano di essere liberi e li hanno incoraggiati nella lotta popolare. Queste proteste hanno avuto un profondo impatto su vari gruppi in Israele, sia tra gli ebrei che tra i palestinesi, e hanno dato un grosso contributo che ha portato alla nascita di movimenti di protesta popolare all'interno di Israele in nome della giustizia sociale”.

Infatti da luglio grandi manifestazioni scuotono il paese: sabato 3 settembre quasi mezzo milione di israeliani sono scesi in piazza chiedendo giustizia sociale. Tuttavia queste proteste sono ancora molto eterogenee, ci sono contraddizioni interne e non c'è una direzione politica precisa. Per questo secondo i firmatari della dichiarazione, i palestinesi di Israele hanno un'occasione importante: quella di far sentire la loro voce all'interno di queste proteste, di denunciare le politiche colonialiste di occupazione e confisca della terra. Una giustizia sociale per tutti, non solo per gli ebrei israeliani.

Molto attivo all'interno delle proteste è Tarabut-Hithabrut, il movimento arabo-ebraico per il cambiamento sociale e politico: la strategia principale che utilizza è quella di porre l'attenzione sui bisogni e sulle rivendicazioni della classe più povera israeliana e di creare dei ponti di dialogo con i palestinesi del 1948: questioni come l'occupazione, la demolizione delle case e la confisca delle terre devono diventare temi centrali all'interno del movimento di protesta in Israele. Secondo i firmatari infatti, una delle causa principali della crisi economica e sociale israeliana è, oltre alla politica neo-liberista di Netanyahu, l'alto dispendio di denaro utilizzato per la colonizzazione della Cisgiordania e per “garantire la sicurezza”. Pertanto la strategia congiunta adottata è quella di spingere la popolazione palestinese di Israele a prendere parte a queste proteste sociali per mettere in luce le politiche discriminatorie nei loro confronti e per porre fine alle politiche israeliane di occupazione e confisca della terra.

Il secondo argomento principale di discussione è l'iniziativa palestinese di settembre quando l'Anp si rivolgerà all'ONU per chiedere il riconoscimento di uno stato palestinese indipendente. Secondo i firmatari della dichiarazione, si tratta dell'atto più realistico nella situazione politica attuale poiché in questo modo i palestinesi avranno nuovi strumenti e nuovi alleati a livello internazionale  per rivendicare e far valere i propri diritti: la comunità internazionale dovrà assumersi la responsabilità del futuro del popolo palestinese.

Tuttavia rivolgersi alle Nazioni Unite non è la conclusione ma solo l'inizio di un lungo processo poiché la realtà sul terreno non cambia come risultato di questo unico passo: la creazione di uno stato palestinese con i confini del 4 giugno 1967 e con Gerusalemme Est come capitale deve essere pensata come un primo stadio che in futuro dovrà portare alla fine dell'occupazione militare israeliana e al riconoscimento dei diritti del popolo palestinese, tra cui il diritto al ritorno in base alla risoluzione ONU n.194.

Una mossa che tuttavia rimane rischiosa poiché in caso di fallimento, l'Anp, l'OLP e la sinistra palestinese ne uscirebbero indebolite. Inoltre Israele, stretto tra le proteste sociali e il possibile riconoscimento di uno stato palestinese indipendente, potrebbe la difficile situazione in cui si trova per lanciare un'offensiva verso l'esterno tentando in questo modo di creare un consenso all'interno nel paese basato sulla guerra ad un nemico comune. Com'è già stato fatto a Gaza, dopo gli attacchi diEilat.

 

I firmatari sono: l'associazione dei giovani democratici palestinesi (Palestina), l'associazione degli studenti progressisti (Palestina), il fronte democratico per la liberazione della Palestina (Palestina), il fronte democratico per la pace e l'uguaglianza (Israele), l'unione democratica degli insegnanti (Palestina), l'unione democratica dei professionisti in Palestina (Palestina), il movimento democratico delle donne in Israele (Israele), il partito comunista israeliano (Israele), la Campagna nazionale per il ritorno dei corpi dei martiri arabi e palestinesi catturati da Israele (Palestina), il partito popolare Palestinese , l'unione dei lavoratori progressisti (Palestina),Tarabut-Hithabrut – il movimento arabo-ebraico per il cambiamento sociale e politico (Israele), l'Alternative Information Center (Palestina/Israele), l'unione degli agricoltori palestinesi (Palestina), l'unione di un mondo per la giustizia (Palestina), l'unione delle donne palestinesi lavoratrici (Palestina), l'unione dei lavoratori (Palestina).