http://www.nena-news.com
10 gennaio 2011

Arabo, La Lingua Proibita
di Barbara Antonelli

Gerusalemme, 10 gennaio 2011, Nena News – E’ nata nel 1966, è madre di 6 bambini e vive a Sa’ir, vicino Hebron, nel sud della Cisgiordania. Zeinab Shalaldeh, carta di identità verde numero 995537958 si è recata al DCO di Hebron, (l’ufficio di coordinamento presente nei territori) il 6 settembre 2010. Aveva già richiesto un “permesso di viaggio”, lasciare la Cisgiordania (attraverso il ponte di Allenby), quello che ironicamente la burocrazia israeliana denomina “permesso di libertà di movimento”, ricevendo un no secco, per “ragioni di sicurezza”, come avviene per molti palestinesi.

Quando però Zeinab ha deciso di procedere con una “objection”, un procedimento attraverso il quale si richiede al DCO di conoscere i motivi specifici per cui il permesso è stato negato, si è sentita rispondere con sua sorpresa, che avrebbe dovuto compilare il modulo in ebraico. Alla fine dopo una telefonata dell’organizzazione israeliana Hamoked, un gruppo di avvocati nato nel 1988 che si occupa soprattutto di assistere nelle questione legali i palestinesi sotto occupazione, il DCO ha accettato la modulistica compilata da Zeinab in arabo. Ma quando il DCO le ha risposto in data 20 ottobre, in merito al suo permesso, la donna è stata soltanto invitata a ricompilare la richiesta e ripresentarla, redatta però in ebraico anziché in arabo. Solo allora dopo le insistenze di HaMoked, si è venuti a sapere che la prima richiesta di Zeinab era stata negata semplicemente perché appunto scritta in arabo. E anzi in una lettera ufficiale del 2 dicembre dell’amministrazione civile israeliana fatta recapitare ad HaMoked, si apprende che non si tratta di un caso isolato, ma della “nuova politica attualmente in vigore”, che richiede ai residenti palestinesi di compilare le domande in lingua ebraica altrimenti non saranno nemmeno prese in considerazione; anzi mettendo in chiaro che tale procedura è “parte della politica di sicurezza” e che “al fine di procedere all’elaborazione, le domande devono essere presentate in ebraico”.

Una nuova procedura, dicono i legali di HaMoked, scoperta quasi per caso, dal momento che l’organizzazione assicura di essersi occupata negli anni di dozzine di richieste simili, presentate ed esaminate sia dall’amministrazione civile che dai servizi di sicurezza, pur essendo redatte in arabo. In più il paradosso è che i formulari rilasciati ai palestinesi che si recano al DCO, sono scritti sia in ebraico che arabo. “L’arabo è sia la lingua madre che la lingua ufficiale dei palestinesi dei territori occupati” – spiega l’avvocato Ido Blum, a capo del dipartimento legale di HaMoked – “Richiedere che le domande siano presentate in ebraico è una flagrante violazione sia del diritto internazionale che della legislazione israeliana.”

Una politica che HaMoked ha dichiarato “inaccettabile, che manca di fondamenta legali, che danneggia in modo intollerabile i residenti dei territori” e costituisce “una violazione totale dei compiti che spettano al comando militare e al’amministrazione civile”.

“L’assurdità di tale politica sta proprio qui: se un palestinese contatta il Ministero degli Interni israeliano, può presentare la propria domanda in arabo, dato che è considerata una delle lingue ufficiali dello Stato ebraico, mentre ora ciò non avviene più se contatta l’amministrazione civile che dovrebbe garantire (in quanto potenza occupante) i servizi ai residenti palestinesi”.

L’amministrazione civile opera nei territori occupati palestinesi attraverso uffici di coordinamento distrettuale, il DCO appunto, dove i residenti presentano le loro richieste utilizzando appositi formulari. Nella pratica di tutti i giorni, chi sa l’ebraico preferisce compilarlo in questa lingua, credendo o almeno sperando che questo abbia un effetto positivo su chi esamina la richiesta o sui tempi in cui verrà esaminata. Chi non lo sa, si rivolge spesso a dattilografi palestinesi improvvisati, senza alcuna formazione specifica in traduzione, che si guadagnano da vivere fuori dai cancelli del DCO offrendo i loro servizi.

HaMoked ha fatto appello alla Corte Suprema di giustizia, denunciando questa nuova politica che “compromette centinaia di migliaia di palestinesi”. Nena News

top