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12/06/2011

Un vento nuovo nel mondo arabo
di Benedetta Cordaro  

 

Ruh Jedida (Un vento nuovo) è il titolo di una lettera aperta pubblicata nel 2011 sul blog Arab Jews e firmata da un nutrito gruppo di intellettuali, poeti, scrittori e artisti israeliani mizrahi. 
Il termine ebraico mizrahi significa orientale e indica gli ebrei israeliani originari dei paesi arabi e musulmani. Centinaia di migliaia di ebrei di origine araba si riversarono in Israele dopo la fondazione dello Stato poiché costretti a lasciare i propri paesi. Per decenni è stata denunciata la politica discriminatoria, attenuata negli ultimi anni, operata nei confronti dei mizrahim dalla classe dirigente israeliana. La cultura ebraica orientale inoltre è stata messa a dura prova dal processo di omologazione ad un modello culturale unico e di matrice europea. La lettera, pubblicata con un titolo arabo anche nella versione ebraica, è stata tradotta in varie lingue e ha avuto una diffusione virale soprattutto in Medio Oriente. Lo scopo dei firmatari della lettera è prendere una posizione precisa di fronte agli avvenimenti della Primavera Araba e manifestare il proprio senso di solidarietà: essi si identificano nelle lotte per la libertà e la democrazia sostenute dai figli della propria stessa generazione nei paesi arabi e sperano nella restaurazione di un dialogo interrotto decenni fa consapevoli della storia e della cultura condivisa da cui provengono.

Mati Shemoelof (1972) e Almog Behar (1978), entrambi poeti, scrittori, giornalisti e critici letterari, coordinano le attività del gruppo e gestiscono il sito arabjews.wordpress.com.

Arab Jews, come è nato il gruppo?

Mati Shemoelof: Il gruppo è nato dall'incessante dialogo tra artisti e intellettuali attivi nell'ambiente Mizrahi. Si può dire che il gruppo abbia mosso i suoi primi passi nel 2007 con la pubblicazione del libro "Risonanze di un'identità: la terza generazione scrive in Orientale" (Tehudot zehut: ha-dor ha-shlishi kotev mizrahit). Tuttavia, la prima posizione politica è stata presa dopo il discorso di Obama al Cairo (2009, n.d.r.) quando abbiamo pubblicato il nostro primo manifesto.

Almog Behar: La lettera è stata scritta con la partecipazione di artisti, intellettuali e attivisti. Dopo aver steso una prima versione, la lettera è stata distribuita ad un gruppo più allargato allo scopo di ricevere correzioni e invitare a sottoscriverla. All'interno del gruppo si trovano persone attive in vari campi e settori, di origine diversa, provenienti da paesi arabi e da paesi musulmani non arabi. Speravamo che a partire dalla varietà di idee che queste perone rappresentano, dalla lotta culturale mizrahi all'interno di Israele, dalla solidarietà con la lotta palestinese contro l'occupazione, dalla lotta di classe ed economica che riguarda ognuno, tutti avrebbero ascoltato le parole della lettera.

Quali sono gli scopi e chi sono i destinatari della lettera?

MS: Lo scopo del gruppo è far sentire la voce della sua complessità, una voce che vede un legame tra passato, presente e futuro della cultura arabo-ebraica e un senso di appartenenza arabo-ebraico come parte di una democrazia che preserva i legami culturali e li trasmette al presente. Non ci rivolgiamo ad un pubblico definito. Abbiamo piantato un seme con cui portare la voce arabo-ebraica ed essa riuscirà nella sua strada a raggiungere pubblici diversi e vari. Se è proprio necessario indicare un destinatario, ovviamente esso è rappresentato dalle giovani generazioni nel mondo arabo che sono in fermento ed rivendicano i propri diritti. Vogliamo emozionarci insieme a loro per il capovolgimento di un ordine oppressivo e per la possibilità di instaurare un nuovo ordine sociale più ampio con un nuovo potenziale democratico.

AB: Viviamo in una situazione in cui molte delle possibilità di dialogo tra noi, mizrahim in Israele, e i nostri coetanei in Medio Oriente e Nord Africa sono bloccate da generazioni. In questo momento di cambiamento (cambiamento politico, culturale e di coscienza) è importante per noi rinnovare il dialogo. Noi non vogliamo e non possiamo vivere come un gruppo isolato in Medio Oriente senza dialogo con il mondo che rappresenta le nostre radici culturali, spirituali e storiche. 
Al di là della nostra identificazione nelle lotte per la libertà nel mondo arabo in generale e in quella palestinese in particolare, il nostro desiderio è prenderne esempio nelle nostre lotte in Israele per i diritti e il cambiamento della società. Siamo interessati ad un dialogo culturale sincero con il mondo arabo, nella consapevolezza di esserne parte. In questo momento c'è l'opportunità di crearlo grazie ai recenti avvenimenti e al ricambio generazionale. Ovviamente, la lettera crea anche un dialogo interno, un dialogo intra-mizrahi, intra-ebraico e intra-israeliano. In tutti questi contesti siamo interessati a cambiare l'approccio israeliano in merito al Medio Oriente e a far sì che la voce mizrahi sia sentita anche negli ambienti ebraici al di fuori di Israele.

Cosa vi ha spinto a pubblicare la prima lettera in seguito al discorso di Obama al Cairo nel 2009?

MS: Eravamo entusiasti della nuova posizione di Obama in merito al Medio Oriente.

AB: Speravamo che che il discorso di Obama al Cairo avrebbe posto fine all'epoca delle "crociate" americane condotte da Bush contro il mondo arabo e musulmano. Credevamo che noi, in quanto ebrei che avevano vissuto nel mondo musulmano, non avremmo potuto unirci ad una politica all'insegna dello scontro tra civiltà. Non volevamo identificarci con l'Occidente, con l'Europa e con il Nord America, né col mondo cristiano, poiché abbiamo radici profonde in Medio Oriente e Nord Africa. Ci rendiamo conto delle spaccature provocate dal colonialismo nelle nostre vite e nelle nostre comunità, e in tutto il cosiddetto terzo mondo, quando vediamo la violenza economica e militare delle superpotenze. 
La seconda lettera è stata scritta come conseguenza degli eventi verificatisi nello stesso mondo arabo alla nostra generazione, con fiducia nel dialogo all'interno della regione, non mediata dall'Occidente, che troppe volte ha sfruttato la nostra terra e seminato discordia tra i suoi abitanti.

Quali risultati avete ottenuto?

MS: abbiamo raggiunto diversi risultati. In primo luogo siamo diventati un gruppo coeso. In secondo luogo la lettera ha avuto grande diffusione al di fuori di Israele, sia negli Stati Uniti che nei paesi arabi. In Medio Oriente è stata accolta in particolare dalle giovani generazioni.

AB: Il nostro obiettivo principale era che la lettera giungesse al pubblico arabo in tutto il Medio Oriente e Nord Africa, per questo ci preoccupammo fin dall'inizio di tradurre la lettera in arabo e della sua diffusione. Con nostra grande gioia la lettera fu diffusa enormemente in tutto il mondo arabo, in modo particolare dai media palestinesi, e ottenne numerosi riferimenti nei più importanti giornali arabi. La maggior parte delle reazioni furono commosse e e toccate dal ricordo della esistenza arabo-ebraica nel mondo arabo. Ci furono risposte aperte alla nostra richiesta di dialogo. Anche a Hebron, alla conferenza contro l'occupazione e il razzismo, quando abbiamo letto la lettera abbiamo ottenuto una reazione commossa e affascinata da parte del pubblico palestinese.

Cosa desideravate ottenere attraverso la lettera Ruh Jedida?

MS: Eravamo entusiasti per quanto stava succedendo e desideravamo creare una connessione tra le classi oppresse in Israele e lo spirito che anima il mondo arabo.

AB: La Primavera Araba e le ultime rivolte rappresentano un momento drammatico e cruciale nella nostra regione: il desiderio di democrazia, la lotta per i diritti, la possibilità di consolidare la solidarietà tra i differenti strati della società, il successo delle rivolte in Tunisia ed Egitto (rivolte condotte dai propri leader in maniera non violenta), il dato evidente che queste rivolte sono state il frutto di un ricambio generazionale e hanno rappresentato in maniera significativa l'ascesa della nostra generazione nel mondo arabo ad un ruolo centrale nella vita pubblica. La nostra speranza era quella di creare un primo ponte tra noi e i giovani della nostra generazione, all'insegna della solidarietà tra noi e le loro azioni coraggiose. Desideravamo che la memoria degli ebrei figli della cultura araba non scomparisse come invece è avvenuto nelle generazioni precedenti sia a causa di Israele sia a causa dei movimenti nazionalisti arabi.

Quali reazioni avete suscitato nel pubblico israeliano? In particolare, quali differenze avete individuato tra le reazioni dei mizrahim, degli arabi israeliani e degli ebrei israeliani in generale?

MS: La reazione è stata una reazione davanti ad una notizia. Noi avevamo una notizia, ma non credo che molti si siano soffermati ad osservare in maniera approfondita. Da una parte erano contenti che levassimo la nostra voce, dall'altra c'era il timore di metterci in relazione con il mondo arabo che in Israele è considerato nemico.

AB: Per quanto riguarda i mizrahim in Israele, penso che molti abbiano una posizione ambigua. Da una parte, dal punto di vista culturale e linguistico, sentono un forte legame con il mondo arabo, che parte di loro ha tentato di cancellare in Israele. Tuttavia, parte di questi legami ancora resiste e si rafforza negli anni come parte dell'onda di cambiamento che passa sulla terza generazione dei mizrahim in Israele. Dall'altra parte, il legame che abbiamo creato tra contesto culturale e politico minaccia molti di coloro che desiderano rimanere nel grembo caldo del mainstream israeliano. Anche di fronte alle dimostrazioni nel mondo arabo io credo che ci sia ambiguità nei sentimenti dei mizrahim. C'è un numero non indifferente di persone che si immedesima e identifica, molto più di quanto non mostrino i media israeliani, ma dall'altra parte c'è la paura, la prospettiva minacciosa riportata dai mezzi di comunicazione. Nel pubblico palestinese, sia in Israele che nei Territori Occupati, ci sono state molte reazioni positive: la lettera è stata pubblicata dai principali mezzi di comunicazione palestinesi e come anticipato la lettera è stata letta anche in occasione della conferenza di Hebron. Per quanto concerne il pubblico israeliano in generale, dal nostro punto di vista possiamo dire di aver ottenuto un posto centrale per far sentire la voce mizrahi ponendola come alternativa al discorso generale dominante nei media, affinché si sappia che c'è più di una possibilità per osservare la situazione, nella speranza di influenzare a lungo termine il processo di pace palestinese e di approfondire il legame col mondo arabo senza voltargli le spalle.

Quali risposte dai paesi arabi?

AB: I commenti pubblicati sui giornali erano interessati e simpatizzanti. I media palestinesi sono ben disposti verso la posizione da intermediari tra arabi ed ebrei rivestita dai mizrahim in Israele. Abbiamo ricevuto numerose mail, commenti su facebook e sul nostro sito. Non neghiamo che alcuni dei commenti ricevuti dai media arabi siano state risposte meno favorevoli.

In quale direzione progettate di muovervi?

MS: Vogliamo tener viva la fiamma e far sentire la nostra voce mizrahi senza soccombere ad un pensiero eurocentrico o alla visione egemonica dello Stato di Israele.

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