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Sabato 19 Marzo 2011 05:36

L’Assalto di Israele ai Diritti Umani
di Neve Gordon
Università Ben GurionPolitics and Government Department

Ha Keillah, febbraio 2011

Immaginate la studentessa di un college che torna alla sua università dopo aver trascorso le vacanze di Natale a casa. All’aeroporto si connette a Internet per ricontrollare alcune fonti di cui si è servita per la preparazione dell’esame finale al corso “Introduzione ai Diritti Umani”. Si collega in rete e comincia a navigare sul web. Si rende subito conto che i siti AMNESTY INTERNATIONAL e HUMAN RIGHTS WATCH sono bloccati. Chiama il numero 800 del servizio provider e scopre che tutti i siti delle organizzazioni per i diritti umani sono in effetti stati messi sotto controllo e non vi si può accedere dall’aeroporto.

Voi probabilmente state pensando che questo non potrebbe avvenire negli Stati Uniti. Queste pratiche sono comuni in Cina, nella Corea del Nord, in Siria ma non nelle democrazie liberali che si vantano del proprio basilare rispetto della libertà di espressione.

Negli Stati Uniti naturalmente gli studenti possono accedere ai siti sui diritti umani, non importa da dove essi navighino. Ma in Israele, che pure è conosciuto come la sola democrazia del Medio Oriente, ai siti sui diritti umani, così come a quelli di alcune organizzazioni dell’estrema destra, non si può accedere dall’aeroporto Ben Gurion, l’unico aeroporto internazionale del paese.

Se questo attacco alla libertà di espressione fosse semplicemente un incidente isolato si potrebbe concludere che si è trattato di un errore, ma la chiusura dei siti sui diritti umani fa parte in effetti di un assalto ben orchestrato dell’attuale governo contro le istituzioni democratiche di Israele, le sue regole e procedure. Una serie di progetti di legge antidemocratici che stanno per essere ratificati alla Kenesset prevedono che debba considerarsi reato il sostegno a qualsiasi ideologia che appaia alternativa alle interpretazioni conservatrici del sionismo come per esempio il concetto che Israele debba essere una democrazia per tutti i suoi cittadini.

Ai primi di gennaio quarantuno membri della Kenesset (contro 16) hanno votato a favore della proposta di formare una commissione parlamentare di inchiesta sui finanziamenti alle organizzazioni israeliane per i diritti umani. La deputata Fania Kirshenbaum, che ha presentato la proposta, ha accusato i gruppi per i diritti umani di procurare materiale alla Commissione Goldstone che aveva condotto l’inchiesta sull’offensiva di Israele a Gaza nel 2008-2009.

Se si considera che il finanziamento a tutte le organizzazioni per i diritti umani in Israele è reso pubblico ogni anno e verificato dal revisore contabile di stato, l’idea di creare una commissione parlamentare per indagare sulle loro entrate è semplicemente una cortina fumogena. Il vero scopo della commissione parlamentare è quello di esercitare un’intimidazione contro i gruppi israeliani per i diritti e i loro sponsor, con il risultato di soffocare la libertà di parola.

La Kirshenbaum stessa lo ha dichiarato quando ha accusato le organizzazioni per i diritti di stare “dietro alle accuse mosse contro gli ufficiali e i funzionari israeliani nel mondo”. La maggior parte dei membri della Kenesset che sostengono la proposta della Kirshenbaum vogliono impedire alle organizzazioni per i diritti di appellarsi alla legge internazionale sui diritti umani e alla giurisdizione comune. Essi dunque vogliono privarli dei loro strumenti basilari, gli strumenti usati per criticare le politiche contro i diritti. Non possono opporsi ai gruppi per i diritti umani ma fanno in modo che essi non possano operare. Secondo il loro miope modo di vedere, il problema non sta nei comportamenti contrari all’etica di Israele ma nelle organizzazioni che li denunciano. La delegittimazione della democrazia in corso da parte di questi cani da guardia, contro le Organizzazioni Non Governative per i Diritti Umani, la stampa e gli intellettuali, sta conducendo Israele lungo una ripida e scivolosa china.

La prossima volta che qualcuno si troverà a viaggiare dall’aeroporto Ben Gurion gli o le potrebbe capitare di non riuscire ad accedere ai siti israeliani per i diritti quali Medici per i Diritti Umani o B’Tselem, non perché i siti siano stati bloccati ma perché le organizzazioni sono state chiuse.

La domanda che la Kirshenbaum e i suoi sostenitori devono porre a se stessi è: quale paese attacca le proprie organizzazioni per i diritti umani? La risposta è chiara.

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