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il 02/8/11

Israele in rivolta: vogliamo futuro, non guerra e crisi

«Siamo sempre in guerra con qualcuno, ma ora scopriamo che non arriviamo alla fine del mese, non possiamo pagarci gli studi, né comprare casa: è assurdo». Dilaga in Israele la protesta degli “indignados”, partita da Tel Aviv ed estesasi in tutte le maggiori città, compresa Gerusalemme: «Qui, alloggi e affitti hanno prezzi inavvicinabili: il nostro paese non ha più welfare». Una donna: «L’unico posto con assistenza e facilitazioni sono i nuovi insediamenti», le colonie abusive sorte nei territori palestinesi: «Non è giusto». E un ragazzo, reduce dal servizio di leva: «Ho servito nell’esercito per anni, e una volta tornato a casa ho scoperto di non avere abbastanza soldi per iscrivermi all’università».

Dopo anni di plumbeo silenzio, coi disagi sociali coperti dal perenne stato di belligeranza coi “vicini” palestinesi e i loro sostenutori – da Hamas a Gaza agli Hezbollah libanesi – la società civile istraeliana è esplosa: «Sembra di essere negli anni ’70, è bellissimo», ripetono giovani e famiglie nelle piazze dove sono scesi in marcia in centinaia di migliaia, delusi dal governo Netanyahu ma anche dall’opposizione, appiattita su una linea di “unità nazionale”, quasi da stato d’assedio contro nemici reali, attestati alle frontiere, ma anche immaginari, evocati e dilatati dal potere come eterno alibi per una costosissima militarizzazione permanente. Se Israele è riluttante a fare i conti con la storia – dopo lo spietato genocidio dei palestinesi di Gaza – ora il governo è costretto a vedersela col proprio popolo: stanco di slogan ed esasperato da una crisi che mette in pericolo il futuro delle famiglie.

Molto efficace il video girato da Cosimo Caridi e Andreas Mazzia, editato dal “Fatto Quotidiano”: microfono aperto tra i 150.000 dimostranti che nell’ultimo weekend si sono dati appuntamento in undici città israeliane, a partire da Tel Aviv, Gerusalemme e Beersheva. «La protesta cresce tra le tende che i manifestanti hanno piazzato nel centro delle maggiori città», racconta Caridi, giovane videoreporter torinese. «Gerusalemme è uno dei luoghi più cari al mondo, accusano i manifestanti. Gli studenti affittano piccole stanze a prezzi esorbitanti e le giovani coppie non possono permettersi di acquistare un appartamento». Netanyahu ha lanciato un piano per la costruzione di diecimila alloggi per studenti in tutto Israele, ma non basta: i dimostranti pretendono «giustizia sociale, non carità».

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