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15/12/2011

Palestina, moschea incendiata dopo demolizione di avamposto dei coloni israeliani

La strategia del "prezzo da pagare" dell'estrema destra ultraortodossa

Un'altra moschea della Cisgiordania (nel villaggio di Burqa, non lontano da Ramallah) è stata incendiata stamattina, la seconda dopo quella di ieri, in quella che appare la ritorsione trasversale dei coloni ebrei alla demolizione - da parte delle forze israeliane - di due prefabbricati di un loro avamposto illegale, quello di Mitzpe Yitzhar, sempre in Cisgiordania, che era stato condotto in piena notte. Polizia e militari hanno agito, dopo aver chiuso l'intera area circostante con un imponente cordone di sicurezza per impedire l'afflusso di centinaia di coloni che infuriati, accusavano l'esercito di "codardia" e chiedevano di distruggere piuttosto "le case abusive degli arabi".

Due giorni fa un blitz analogo era abortito poichè i coloni - avvertiti da qualche talpa - l'avevano anticipato compiendo essi stessi una clamorosa incursione in una base militare israeliana della zona. Tempo un paio d'ore e dal villaggio di Burqa è arrivata la notizia dell'infiltrazione d'ignoti nella moschea locale, dove risultano essere stati bruciati tappeti e qualche arredo. Inoltre, secondo testimoni oculari, sui muri esterni sono state tracciate scritte razziste come "l'unico arabo buono è l'arabo morto". 

Le ritorsioni dei coloni fanno parte della strategia di intimidazione e vendetta detta del "prezzo da pagare". In totale, negli ultimi mesi, le moschee bruciate in simili blitz (in Cisgiordania e a Gerusalemme) sono state almeno otto. Sempre ieri - in risposta agli ultimi eventi e all'incursione nella base dell'esercito - il premier Benyamin Netanyahu ha annunciato un giro di vite contro l'ultradestra ebraica, pur cercando di minimizzare il fenomeno e parlando di "estremisti, non terroristi". Lo spettro del terrorismo era stato viceversa evocato di recente da alti ufficiali dell'esercito e dei servizi.

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