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09 aprile 2011

Lampedusa, diario di una volontaria della CRI
"Storie dal molo della stazione marittima"
di Laura Bastianetto

Lampedusa - Continua a digitare  un numero sul telefonino di Hassan, il nostro mediatore culturale di Croce Rossa, ma non riesce a prendere la linea o forse compone il numero sbagliato. Deve ricordarlo a memoria perché il suo cellulare gli è stato sequestrato dagli scafisti prima della partenza. Dahud è appena sbarcato a Lampedusa. E' seduto dentro al Posto medico avanzato della Croce Rossa 1 (Pma) perché ha un fastidio al torace e dolori articolari. Ma il suo unico pensiero è per la sorella che abita a Roma e a cui vuole comunicare il suo arrivo in Italia. Dahud è un ragazzo somalo di 24 anni. E' arrivato a Lampedusa dopo tre giorni. E' partito dalla Libia assieme ad altri 534 compagni di viaggio. Tutti stipati come sardine su un barcone. Finalmente è qui e anche se ha dolori ovunque perché quel viaggio non è mai facile, la sua mente è lucida. Ci racconta che ha perso i genitori quando era ancora molto piccolo. Sono morti perché erano malati e in Somalia non è facile farsi curare. Poi il suo viaggio verso Tajorà, in Libia, i suoi due anni trascorsi in carcere perché clandestino e infine la sua partenza per Misurata per imbarcarsi verso l'Italia.

A schivare pallottole. Dahud ha provato una grande paura nel tragitto tra Tajorà e Misurata. Il terrore che una pallottola gli arrivasse dritta dritta addosso. Lui l'ha scampata, ma non è sempre per tutti così. Ha provato grande paura quando è scoppiata la guerra in Libia perché quelli come lui con la pelle nera sono considerati amici di Gheddafi e mercenari. Ma non ha temuto il suo viaggio verso l'Italia anche se spesso, nei tre giorni di traversata, hanno dovuto affrontare il mare in burrasca. Accanto a Dahud, nel posto medico avanzato della Cri, c'è un altro ragazzo, Youssef 26 anni, anche lui somalo. Riesce a parlare con il fratello che è a Torino e non sapeva niente del suo viaggio. Ma non arrivano solo ragazzi qui.

Solo i bambini, a volte, ridono. A Lampedusa sbarcano intere famiglie come quella ferma sul molo, padre e due figli che attendono di sapere dove siano la moglie e l'altra figlia. O a volte capita che due fratelli o due amici partiti insieme sulla stessa barca non si vedano per tutta la durata del viaggio perché seduti in due punti opposti e così stipati da non potersi muovere mai. Sono tutti stanchi e provati, parlano a malapena della loro vita, ma i loro occhi non mentono e raccontano sofferenza, patimento ma anche speranza per avercela fatta. C'è invece solo gioia e bellezza negli occhi dei bambini. Arrivano in braccio alle loro mamme e sono così piccoli. Ridono. In quel momento si abbassa tutta la tensione per noi soccorritori. Loro ce l'hanno fatta.

Arrivano anche neonati. Avremmo dovuto capirlo quando intorno alle 20.30 è arrivata l'ennesima carretta della disperazione a Lampedusa. Più di duecento persone, partite dalle coste libiche, hanno affrontato il mare in burrasca in un viaggio durato almeno tre giorni. Sono gli uomini, le donne e i bambini del Bangladesh, del Burkina Faso, dell'Eritrea, del Darfur, della Costa d'Avorio in fuga dalla guerra in Libia. All'arrivo al molo sotto la Guardia Costiera hanno atteggiamenti diversi nei confronti dei soccorritori della Croce Rossa, che li assistono nei loro primi passi qui all'estrema frontiera sud dell'Europa. I cingalesi sorridono. Indossano maglie con lo scudetto dell'Italia e sono ottimisti perché come elettricisti, sarti, muratori sono sicuri che troveranno una  nuova vita in Italia. Dall'Africa nera vengono i bambini, qualcuno ha poco più di due mesi. Negli occhi di tutti c'è la sofferenza di un viaggio lungo e faticoso, ma la consapevolezza di essere finalmente salvi.

La notte della tragedia. Avremmo dovuto capirlo quando a mezzanotte e trenta sono arrivati al molo commerciale 104 tunisini. Ragazzi tra i 16 e i 30 anni stremati dal freddo e bagnati dalla testa ai piedi. I soccorsi sono più difficili del solito per le raffiche di vento e il mar mosso. Tra I migranti c'è qualche caso d'ipotermia gestita però immediatamente dai volontari che operano nel posto medico avanzato della Cri situato proprio su quel molo. Avremmo dovuto capirlo quando non abbiamo più avuto notizie di un terzo barcone, precedentemente avvistato. Avremmo dovuto capire che il mare stavolta qualche vita se l'era presa. Alle 10 del mattino l'arrivo di 48 migranti dalla Libia. Tra di loro ci sono due donne, di cui una incinta, e un minore. Il viaggio è durato due giorni con un mare in burrasca e delle onde alte almeno 2 metri. Erano forse 300 alla partenza e hanno lasciato per strada compagni, mariti e figli. Al loro arrivo a Lampedusa sono sotto choc e stremati da un viaggio di follia. Poi una buona notizia. Un peschereccio è riuscito a trarne in salvo altri tre che a forza di urlare e dimenarsi in acqua sono riusciti ad attirare l'attenzione dei pescatori sopraggiunti in aiuto alla guardia costiera. Avremmo dovuto capire che si sarebbe consumata una tragedia, la peggiore delle ultime settimane.

 

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