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11 febbraio 2011

La tolleranza non è indifferenza
di Frank Furedi
traduzione di Anna Bissant

Il rifiuto del multiculturalismo statale da parte del primo ministro britannico David Cameron era atteso da tempo. Egli ha ragione a dire che esso divide e corrompe. Ma è sbagliato addossare alla tolleranza la colpa dei problemi del multiculturalismo. Nel suo discorso, pronunciato il 5 febbraio alla conferenza sulla sicurezza a Monaco, Cameron ha erroneamente sostenuto che la tolleranza è responsabile del fallimento del multiculturalismo e della diffusione del terrorismo islamico. "Avremmo bisogno di molta meno tolleranza passiva e di molto più liberalismo dinamico e muscolare".

Ma cosa si intende per “tolleranza passiva”? La tolleranza è tutto fuorché passiva. La tolleranza implica coraggio, convinzione, impegno per la libertà, tutte caratteristiche fondamentali di un senso etico fiducioso e attivo da parte dell’opinione pubblica. La tolleranza comporta libertà di coscienza e autonomia dell’individuo. Afferma il principio di non interferenza nelle vite private, nei valori e nelle opinioni delle persone. Nella misura in cui un’azione non arreca danni al prossimo o viola la loro autonomia morale, la tolleranza esige di non porre vincoli all’esercizio dell’autonomia individuale. Da questa prospettiva, la tolleranza rappresenta la misura in cui le opinioni e i valori degli individui non sono soggetti all’interferenza o al controllo politico e istituzionale.

Essere tolleranti non è facile. Richiede la volontà di tollerare opinioni considerate offensive, la disponibilità ad accettare che nessuna idea è inaccettabile. Per tollerare opinioni ostili alle nostre serve un alto grado di fiducia nei nostri valori e nelle nostre opinioni, oltre alla disponibilità ad assumersi dei rischi. La tolleranza incoraggia la libertà degli individui a perseguire principi particolari e offre alla società l’opportunità di attingere alla verità, incoraggiando lo scontro di idee.

Il multiculturalismo non ha nulla a che fare con la vera tolleranza. Il multiculturalismo non esige tolleranza, bensì un’indulgente indifferenza. Promuove incessantemente l’idea dell’“accettazione” e scoraggia la discussione dei principi e degli stili di vita altrui. Il suo valore predominante è l’astensione dal giudizio. Eppure saper giudicare, criticare e valutare sono tutti attributi fondamentali di una società democratica e lungimirante. Se esimersi dal giudicare il comportamento altrui ha dei vantaggi, troppo spesso però si trasforma in indifferenza, ottima scusa per rinchiudersi quando gli altri parlano.

La confusione tra il concetto di tolleranza e l’idea di accettazione di tutti gli stili di vita è espressa molto chiaramente dalla dichiarazione sulla tolleranza dell’Unesco, che afferma: "La tolleranza è rispetto, accettazione e apprezzamento della ricchezza e della diversità delle culture del nostro mondo, delle nostre forme di espressione e dei nostri modi di esprimere la nostra qualità di esseri umani". L’Unesco afferma anche che “la tolleranza è armonia nella differenza”. Per l’Unesco, quindi, la tolleranza diventa una sensibilità cordiale e diffusa che automaticamente offre rispetto senza limiti per tutte le opinione e le culture.

Spesso la reinterpretazione di tolleranza come “astensione dal giudizio” è vista con favore. In realtà, l'accettazione può essere interpretata come un modo per evitare scelte moralmente difficili, prendere le distanze dalla difficoltà di spiegare quali valori valga la pena sostenere. Questo è probabilmente il motivo per cui l’indifferenza del multiculturalismo ha guadagnato sempre più terreno negli ultimi decenni: in Gran Bretagna e in molte altre società europee, il multiculturalismo ha risparmiato ai governi la fatica di dover dichiarare quali principi sostengono.

Valori deboli

A suo merito, va detto che dopo aver accusato il multiculturalismo di incoraggiare l’isolamento tra le culture, Cameron ha parlato di una scomoda verità, ovvero del fatto che “non abbiamo fornito la visione di una società alla si potesse desiderare di appartenere”. L’assenza di una simile visione non è casuale, giacché il multiculturalismo presuppone che nessun sistema di valori sia considerato superiore a qualsiasi altro. Nell’ottica multiculturale, l’assenza di una visione per la società non è un fallimento, bensì un successo.

In qualsiasi seria discussione sull’integrazione culturale, bisognerebbe concentrarsi sul dovere di dare significato ai valori che uniscono una società rendendola coesa. È facile accusare gli estremisti di radicalizzare i giovani musulmani, per esempio. Ciò che spesso si dimentica è che non è tanto il fascino del radicalismo a provocare questi problemi, quanto l'incapacità della società a ispirare i propri cittadini.

Da tempo ormai molte società europee hanno difficoltà a costruire un consenso con cui affermare i successi del passato e i valori di fondo che sostengono. I simboli tradizionali e le convenzioni hanno perduto buona parte del loro potere di entusiasmare e ispirare. In alcuni casi sono irrimediabilmente compromessi. Lo dimostra chiaramente la continua controversia sull’insegnamento della storia: quando la generazione al potere avverte che le storie e gli ideali con i quali è cresciuta hanno “perduto la loro rilevanza” nel mondo, diventa molto difficile trasmetterli ai propri figli.

Politici ed educatori ammettono che la questione deve essere risolta. Eppure non basta limitarsi a fornire valori “importanti” a richiesta, perché a differenza delle consuetudini che sono organicamente collegate al passato, questi valori tendono a essere costruzioni artificiali, soggette a essere messe in discussione. A differenza delle tradizioni e delle consuetudini più comuni, che sono considerate sacre, i valori costruiti devono essere correttamente giustificati.

È inutile continuare ad accusare il multiculturalismo dei problemi di oggi. Certo, bisogna farla finita col multiculturalismo statale per affrontare il problema che nasconde: la crisi dei valori della società. Ma non dovremmo per questo rinunciare alla tolleranza. È una virtù importante, perché prende molto sul serio gli esseri umani.