http://znetitaly.altervista.org
11 dicembre 2012

Vertice di Doha sul clima: niente tagli alla CO2 nè finanziamenti
di Stephen Leahy
traduzione di Giuseppe Volpe

I negoziati dell’ONU sul clima a Doha sono proseguiti per 24 ore extra e sono terminati senza un aumento dei tagli alle emissioni da combustibili fossili e senza impegni finanziari tra il 2013 e il 2015.

“Questo è un accordo incredibilmente debole”, ha affermato Samantha Smith, rappresentante della Rete d’Azione sul Clima (Climate Action Network), una coalizione di più di 700 organizzazioni della società civile.

“I governi sono venuti qui senza mandato per agire,” ha dichiarato la Smith in una ressa della stampa momenti dopo che la riunione, nota come COP 18, è terminata e le 195 parti della Convenzione Quadro dell’ONU sul Cambiamento Climatico (UNFCCC) hanno approvato un pacchetto complesso intitolato “Il percorso climatico di Doha”.

Il Percorso di Doha crea una seconda fase del Protocollo di Kyoto per tagliare le emissioni da combustibili fossili delle nazioni industrializzate dal 2013 al 2020 ma non fissa nuovi obiettivi.

Non vi è, inoltre, alcun sostegno finanziario per aiutare i paesi poveri ad adattarsi agli impatti del cambiamento climatico; solo un accordo per ulteriori incontri nel 2013. I negoziati inizieranno anche l’anno prossimo a creare un “meccanismo” per valutare i danni e i costi per i paesi che subiscono perdite a causa del cambiamento climatico. Infine, il Percorso di Doha ha una prospettiva concordata di due anni di negoziati su un nuovo trattato globale sul clima che entrerebbe legalmente in vigore nel 2020.

“E’ impossibile ottenere un sorriso da qualcuno, qui … anch’io sono amareggiato”, ha affermato Abdullah bin Hamad Al-Attiyah del Qatar, il presidente del COP 18. Al-Attiyah ha dichiarato a Tierramérica di essere rimasto sorpreso che i paesi volessero realizzare così tanti cambiamenti nelle due settimane e fino alle ore finali.

Tuttavia questo è un accordo “storico”, ha insistito Al_Attiyah.

Doha non farà nulla per tagliare le emissioni che stanno portando il mondo a quattro gradi e più di riscaldamento. Offre poco in termini di finanziamenti per aiutare i paesi poveri a far fronte al cambiamento climatico, ha detto la Smith.

La Smith ha identificato gli Stati Uniti e il Canada come i paesi che hanno bloccato i progressi su problemi chiave. Il Canada è stato uno dei peggiori, ha detto. Nell’approfittare delle sue grandi operazioni relative alle sabbie bituminose, è stato “super-ostruzionista riguardo alla finanza”.

I paesi industrializzati hanno promesso di versare 100 miliardi di dollari l’anno al Fondo Verde per il Clima entro il 2020. Per coprire il divario sino ad allora, le nazioni in via di sviluppo hanno chiesto 60 miliardi di dollari in totale entro il 2015. La Gran Bretagna, la Germania e pochi altri paesi hanno promesso di contribuire con sei miliardi di dollari ma ciò non è vincolante.  In base al Percorso di Doha i paesi si sono accordati per ulteriori negoziati sulla finanza nel 2013.

Il dibattito sulle perdite e i danni è stato tra i più intensi nelle riunioni a porte chiuse, con gli Stati Uniti in contrasto con gli stati isolani, come le Filippine, che subiscono il grave impatto di cicloni più violenti e dell’aumento del livello del mare. I delegati statunitensi hanno bloccato qualsiasi riferimento che implicasse risarcimenti o responsabilità, ammettendo apertamente di temere contraccolpi politici in patria, secondo una fonte anonima.

“Quello delle perdite e dei danni è un grosso problema per l’America Centrale. Siamo molto vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico”, ha affermato Laura Lopez Baltodano, del Centro Humboldt Nicaragua, un’organizzazione non governativa ambientalista.

“L’Honduras e il Nicaragua sono il primo e il terzo paese più vulnerabile del mondo secondo l’Indice del Rischio Climatico,” ha dichiarato la Baltodano a Tierramérica, qui a Doha. L’Indice del Rischio Climatico di Germanwatch è stato diffuso qui pochi giorni fa. Afferma che quei due paesi sono stati i più colpiti in termini di perdite di vite e di danni nel corso degli ultimi vent’anni. Nel 2011 la Tailandia, la Cambogia, il Pakistan e El Salvador sono stati i più colpiti da eventi atmosferici estremi.

Nel 2010, al COP 16 di Cancun, c’era stato un accordo per trovare modi per valutare e ridurre le perdite e i danni dall’impatto del cambiamento climatico, tra cui gli eventi atmosferici estremi e gli eventi a evoluzione lenta, come l’aumento del livello del mare, l’acidificazione degli oceani, la perdita di biodiversità e la desertificazione. I paesi in via di sviluppo volevano una nuova istituzione e un nuovo quadro che si occupassero delle perdite e dei danni, ma gli Stati Uniti si erano opposti a ogni istituzione nuova. Il compromesso è per un “nuovo meccanismo” da creare nel 2013.  

Una seconda fase del Protocollo di Kyoto si svilupperà dal 2013 al 2020. Ottenere questa seconda fase o impegno è considerato molto importante dai paesi in via di sviluppo perché contiene termini giuridici conquistati faticosamente che impegnano i paesi a operare tagli e a identificare metodi di misura e verifica dei livelli delle emissioni.

Tuttavia soltanto l’Unione Europea, l’Australia e pochi altri paesi vi sono coinvolti, rappresentando soltanto il 12% delle emissioni globali. Gli Stati Uniti non hanno mai partecipato, mentre il Canada e il Giappone hanno scelto di chiamarsi fuori dalla seconda fase.

Nessuno dei partecipanti alla seconda fase di Kyoto ha aumentato gli impegni ai tagli delle emissioni. E’ stata concordata una revisione obbligatoria dei loro obiettivi di riduzione nel 2014. I paesi ricchi non partecipanti a Kyoto hanno promesso di operare tagli paragonabili, ma non hanno offerto nulla di nuovo, qui a Doha.

“Il processo COP è molto deludente”, ha detto la Baltodano, che ha partecipato ai due precedenti. “E’ chiarissimo che gli interessi economici dei paesi dominano i negoziati.”

I paesi sono principalmente influenzati dal settore industriale e la società civile ha scarsissima interazione e influenza in quella sede, ha detto. “C’è uno spazio enorme cui non accediamo.”

Il risultato di Doha mette il pianeta sulla strada di tre, quattro o anche cinque gradi di riscaldamento, ha affermato il delegato della nazione isolana di Nauru, nel Pacifico meridionale, che rappresenta l’Alleanza dei Piccoli Stati Isolanti nell’assemblea plenaria finale.

“Non stiamo parlando di quanto agiatamente la vostra gente (nel mondo sviluppato) possa vivere, bensì di se vivrà la nostra gente,” ha detto il delegato. “Sono a rischio le vite della nostra gente qui.”


Questo articolo è stato originariamente pubblicato dai giornali latinoamericani che fanno parte della rete Tierramérica. Tierramérica è un servizio giornalistico specializzato prodotto da IPS con il sostegno del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite, del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente e della Banca Mondiale.

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte:  http://www.zcommunications.org/doha-climate-summit-ends-with-no-new-co2-cuts-or-funding-by-stephen-leahy

Originale:  IPS

top