Comune-info
16 settembre 2012

Quanto manca?

Quanto tempo abbiamo ancora a disposizione? Non sono le previsioni di date che ci devono appassionare, ma il processo che conduce alla catastrofe certa se nessuno lo contrasta.

La domanda è molto pericolosa perché risente delle deformazioni giornalistiche dei problemi ambientali, sempre alla ricerca della previsione dell’esperto che fissi in un dato anno l’inizio della catastrofe, come se problemi complessi come l’andamento del clima del pianeta potessero essere definiti in termini di calendario o, peggio, di vaticini o profezie più o meno fantasiose.

Per rispondere bisogna tener conto della complessità delle analisi in corso e dei meccanismi climatici che gli scienziati cercano di interpretare. Un testo di Luca Mercalli, noto climatologo italiano, può aiutarci a impostare correttamente la risposta: «Dennis Meadows pensa che alla fine faremo qualcosa per evitare il peggio, il collasso globale. […] Il mondo, in definitiva, sceglierà un futuro relativamente sostenibile, ma lo farà tardivamente, costretto da profonde crisi globali. E la situazione, a causa di questo grave ritardo, sarà molto meno gradevole di quella che sarebbe stata creata da un intervento tempestivo. Strada facendo, molti dei meravigliosi tesori ecologici del pianeta andranno distrutti; molte scelte politiche ed economiche desiderabili non saranno più possibili; vi saranno disuguaglianze profonde e persistenti, una società sempre più militarizzata ed estesi conflitti. […] La crescita sarà acclamata e celebrata , anche molto tempo dopo il suo ingresso nel territorio dell’insostenibilità. Il collasso verrà senza il minimo preavviso, cogliendo tutti di sorpresa».

Se non si farà nulla per attenuare il tasso di sfruttamento del pianeta, l’aumento della popolazione mondiale e l’emissione di inquinanti, intorno al 2020, cominceremo ad entrare nel dominio delle crisi globali che cambieranno pesantemente la nostra vita. In breve, il problema sta nella crescita esponenziale. Scrive Mercalli: «La crescita esponenziale – il processo che consiste nel raddoppiare, raddoppiare di nuovo e poi raddoppiare ancora – è sorprendente, perché produce molto rapidamente numeri enormi. La nostra mente è invece più abituata a pensare in termini di crescita lineare, cioè in termini di aumento costante in un dato periodo di tempo, e non riesce a cogliere i rischi della crescita esponenziale quando è ancora lontana dai limiti».

Può essere utile ricordare cosa avvenne quando all’inventore del gioco degli scacchi il sovrano, pieno di ammirazione, chiese quale ricompensa volesse e accettò sorridendo la richiesta di ricevere un chicco di grano per la prima casella della scacchiera, due per la seconda, quattro per la terza e così via sempre raddoppiando, per poi accorgersi che il suo regno non produceva abbastanza grano per esaudire la richiesta!

Meadows invece, che da oltre quarant’anni studia l’aggravarsi dei meccanismi di danno ambientale, ha un’idea piuttosto precisa di cosa avverrà quando gli interventi internazionali, per troppo tempo rimandati, non saranno più in grado di modificare i processi che avranno superato il «punto di non ritorno».

Qualche anno dopo, un articolo del Corriere della Sera del 5 maggio 2007, titolava in questi termini: «Le cure per guarire la Terra. Ci sono solo otto anni di tempo». Nel testo venivano sintetizzati i risultati del quarto rapporto dell’Ipcc, l’Intergovernmental Panel for Climate Change, che sulla base di un’enorme raccolta di ricerche ed esperimenti scientifici, elencava una lunga serie di interventi molto radicali che gli Stati avrebbero dovuto adottare in tempi strettissimi ma che, come il rapporto sottolineava, dovevano essere decisi e realizzati dai singoli governi, completamente responsabili per tali politiche: «Noi non privilegiamo questa o quella soluzione. Spetterà ai decisori politici stabilire cosa è meglio fare nei propri paesi. Noi non raccomandiamo, per esempio, il nucleare piuttosto che le rinnovabili. Diciamo di fare presto. Non c’è rimasto molto tempo per arrestare l’ascesa di gas serra, delle temperature, dei disastri climatici». Entro il 2015 si dovrà fermare la crescita dei gas serra (obiettivo «stabilizzazione»), dopo si dovrà progressivamente ridurli.

Quali sono i limiti della concentrazione di gas serra, che aumentano rapidamente la temperatura del pianeta, con i noti effetti di scioglimento dei ghiacci ai poli e dei ghiacciai montani, oltre che per gli spostamenti piuttosto rapidi delle fasce climatiche che influiscono sulle migrazioni degli animali e sulla fioritura delle piante? Per oltre un milione di anni, fino all’inizio della Rivoluzione industriale nel mondo occidentale, le quantità di C02 nell’aria sono sempre rimaste comprese tra circa 170 e 300 parti per milione. A fine ‘800 avevano raggiunto le 285 parti; nel 1938 erano a circa 310; nel 1960 a 315. Nel maggio 2009, nell’osservatorio del monte Mauna Loa , nelle isole Haway, la concentrazione ha toccato le 390 parti pm, valore sconosciuto nella storia del Pianeta nell’ultimo milione di anni. Per comprendere meglio cosa ciò significhi riportiamo un brano del maggior climatologo americano, James Hansen: «La conclusione di questa analisi è che il valore della CO2 a cui si verifica la transizione tra l’assenza di grandi calotte glaciali e la glaciazione dell’Antartide è 450 ppm, con una incertezza stimata di 100 ppm. Si tratta di un valore che chiarisce con forza quello che può essere considerato il valore di CO2 pericoloso. Se l’umanità dovesse bruciare la maggior parte dei combustibili fossili, raddoppiando o triplicando il livello di C02 dell’epoca preindustriale, la Terra andrà sicuramente verso una condizione caratterizzata dall’assenza di ghiacci, con il livello del mare 75 metri più alto di quello attuale. É difficile dire quanto ci vorrà perché la fusione si realizzi completamente, ma una volta che la disintegrazione delle calotte glaciali sarà avviata, sarà inarrestabile. Dato che la C02 è la forzante climatica oggi dominante, sarebbe ovviamente troppo stupido e pericoloso lasciare che la CO2 stessa si avvicini a 450 ppm».

Crediamo sia superfluo ricordare che il testo di Hansen è stato scritto nel 2009, che nell’estate del 2010 i ghiacci al Polo Nord si sono sciolti ad una velocità maggiore di quella prevista, che infine, se scomparsa la parte superficiale dei ghiacci polari, dovesse cominciare a sciogliersi il permafrost (il ghiaccio e il metano contenuti nel terreno ghiacciato da migliaia di anni) la quantità di C02 immessa nell’atmosfera sarebbe ancora maggiore.

In conclusione, si può dire che non esistono «previsioni di date» più o meno precise relative alla catastrofe che sicuramente si verificherà, o meglio che esistono molte date, ciascuna relativa ai numerosi processi di danno ambientale già in corso, che individuano l’inizio dei fenomeni, il superamento della soglia di rischio, l’avvio di meccanismi di crisi globali non più controllabili e infine il momento dell’evento catastrofico (spesso scatenato dalle interazioni tra danni ambientali diversi). Interventi immediati e con caratteristiche di radicalità e adeguatezza avrebbero dovuti essere adottati parecchi anni fa, sono comunque ancora possibili ma con difficoltà e costi economici crescenti man mano che aumenta il ritardo, finché non sarà superata la soglia di rischio. Poi, si riveleranno praticamente inutili.

Il testo di Mercalli colloca l’inizio delle crisi globali negli anni intorno al 2020, cioè il superamento della soglia di rischio fra otto anni. Saranno interessanti gli aggiornamenti del prossimo Rapporto dell’Ipcc, in via di pubblicazione. Qualche scienziato può spostare in avanti o indietro questa soglia di qualche mese, ma in termini di politiche economiche siamo già in un ritardo pauroso con gli interventi e mancano ben pochi anni alla soglia della loro assoluta inutilità. Poi ci saranno solo disastri, sofferenze umane e perdite di vite, sconvolgimenti sulle terre e sui mari, inimmaginabili per tutti coloro che abiteranno ancora il Pianeta.

 


Letture essenziali

James Hansen, Tempeste, il clima che lasciamo in eredità ai nostri nipoti, l’urgenza di agire, Edizioni Ambiente, Milano, settembre 2010.

Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jorgen Randers, Oltre i limiti dello sviluppo, il Saggiatore, 1992.

Luca Mercalli, Che tempo che farà, breve storia del clima con uno sguardo al futuro, Rizzoli, Milano, 2009.

Luca Mercalli, Prepariamoci, un piano per salvarci, in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza…e forse più felicità, Chiare Lettere Editore, Milano, maggio 2011.

Nicholas Stern, Clima è vera emergenza, Francesco Brioschi Editore, Milano, 2006 (2009).

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