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17/09/2012

Fao e Bers a Favore del Land Grab?

Il movimento contadino globale La Via Campesina, assieme a varie organizzazioni della società civile internazionale tra cui Friends of the Earth International, GRAIN, Re:Common e altre, hanno fortemente contestato la posizione presa del direttore generale della FAO Josè Graziano da Silva e dal presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) Suma Chakrabarti sul delicato tema della produzione di cibo e sugli attori coinvolti.

In un articolo apparso sul Wall Street Journal dello scorso 6 settembre, in qualità di esponenti di spicco di due tra le principali istituzioni internazionali, i due hanno evidenziato in maniera netta e decisa la necessità per i governi di riconoscere il settore privato come principale motore per la produzione di cibo a livello globale.

Facendo riferimento alle regioni dell’Europa dell’Est e del Nord Africa, da Silva e Chakrabarti hanno sottolineato la necessità per il settore privato di acquisire sempre più controllo sulla terra, esortando esplicitamente “le aziende a raddoppiare i loro investimenti nell’acquisto di terreni agricoli”. Allo stesso tempo i piccoli contadini e le poche politiche rimaste a loro tutela sono presentate come una “palla al piede” per lo sviluppo del settore. Meglio liberarsene, e spingere gli esecutivi mondiali a facilitare il ruolo dell’agribusiness.

Questa presa di posizione è stato il tema centrale dell’incontro che proprio la BERS e la FAO hanno organizzato a Istanbul a ridosso del fine settimana. Incontro che ha visto la partecipazione delle principali società del comparto agricolo.

Nel loro articolo da Silva e Chakrabarti menzionano come esempi virtuosi dell’apertura all’ agribusiness quelli di Russia, Ucraina e Kazakistan. Dimenticano però di affermare che le statistiche ufficiali di quegli stessi Paesi mostrano come i piccoli contadini siano più produttivi delle compagnie dell’agribusiness. In Russia i piccoli produttori contano per più della metà della produzione agricola, sebbene utilizzino solo un quarto dei terreni disponibili. In Ucraina il rapporto è addirittura del 55 per cento di produzione a fronte di un utilizzo del 16 per cento delle terre, mentre in Kazakhstan si viaggia rispettivamente sul 73 per cento e il 50 per cento.

Ma questa è una realtà che vale per tutti i Paesi del mondo dove siano disponibili dei dati ufficiali. Dall’Europa all’America Latina passando per l’Asia, l’agricoltura contadina è più efficiente dell’agribusiness su larga scala.

Al contrario di quanto detto dai gran capi di BERS e FAO, lì dove si è “insediato” l’agribusiness, è aumentata la povertà, si è assistito a vasti fenomeni di inquinamento, ci sono addirittura casi di rapporti di lavoro che tracimano nella schiavitù e si sono esacerbate le crisi alimentare e climatica.

A destare ancora più stupore è la posizione del direttore della FAO, se si considerano i tre anni di duro lavoro della Via Campesina e di altre organizzazioni per la costruzione delle Linee Guida Volontarie per proteggere le comunità locali contro la crescente minaccia del land grab. Tutte le rassicurazioni fatte da da Silva in proposito, tutte le dichiarazioni di intenti sulla promozione e valorizzazione  del ruolo dei piccoli contadini sembrano quindi aria fritta.

Espressioni come “coltivare la terra con il denaro” usate dal direttore della FAO nell’articolo sono ritenute quanto mai offensive dai contadini e dalle organizzazioni della società civile e mettono in discussione la stessa capacità dell’istituzione di svolgere il suo mandato di lotta contro la fame nel mondo e miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni rurali con il necessario rigore ed indipendenza dalle multinazionali agricole.

Ciò che è necessario per l’agricoltura e il pianeta è esattamente l’opposto di ciò che Chakrabarti e Graziano da Silva propongono.

L’umanità e coloro che soffrono la fame necessitano della protezione e promozione delle culture agricole nelle aree rurali, che rappresentano la metà della popolazione mondiale. L’agricoltura contadina è più efficiente e produce almeno la metà della fornitura globale di cibo e garantisce la maggior parte dei posti di lavoro nelle zone rurali.

“Le condizioni di vita dei contadini e dei popoli indigeni ed i loro sistemi di produzione alimentare non possono essere distrutti per creare una nuova fonte di profitti per un piccolo gruppo di élite. C’è bisogno di riforme agrarie efficaci che rimettano terre e territori nelle mani delle popolazioni rurali. Il processo di mercificazione ed accaparramento delle terre deve essere interrotto ed invertito. Non abbiamo bisogno di agribusiness, abbiamo bisogno di più dignità e rispetto per le comunità e le famiglie contadine ed indigene” recita la dichiarazione che La Via Campesina, con Re:Common e le altre organizzazioni hanno rivolto a da Silva e Chakrabarti.

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