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30 agosto 2012

Addio all’orso polare entro 10 anni.Gli studiosi: “Troppo poco ghiaccio”
di Andrea Bertaglio

La conferma da una mega-ricerca che ha effettuato oltre un miliardo e mezzo di misurazioni. Dal 1950 la temperatura della superficie terrestre è aumentata di un grado e la calotta artica continua a ridursi: "La strada è una: rallentare il consumo di energia da combustibili fossili"

Addio all’orso polare: si estinguerà nei prossimi dieci anni. Colpa della drastica riduzione del suo habitat, disciolto inesorabilmente dal global warming. Il più grande carnivoro terrestre (sfiora la tonnellata) è ormai ridotto a pochi esemplari, che vagano nelle zone artiche intorno al polo nord. “I cambiamenti climatici saranno una delle principali cause di estinzione delle specie nel XXI secolo”, afferma Simon Stuart dello Iucn, l’Unione mondiale per la conservazione della natura. L’allarme sul destino dell’orso bianco rafforza la voglia di rivalsa dei climatologi, accusati nel 2009 di aver troppo enfatizzato il ruolo delle attività umane negli sconvolgimenti climatici in atto. Ma ora a parlare sono i numeri: oltre un miliardo e mezzo di misurazioni, raccolte in un mega-dossier per misurare la temperatura del pianeta fin dall’Ottocento. Verdetto: dal 1950, la temperatura media della superficie terrestre si è alzata di un grado centigrado.

Il primo a farne le spese sarà proprio il colossale orso polare, avverte Stuart, presidente della Species survival commission and Wildscreen Trustee dello Iucn. Con una “operazione credibilità” che vuole svelare la peggiore minaccia alla Terra, gli studiosi hanno collezionato rilevazioni da un numero record di stazioni sparse in tutto il mondo: ben 36mila. Una enorme massa di dati, utilizzata dal Berkeley Earth Project per la più vasta ricerca indipendente sul clima mai effettuata. Nel team anche il fisico Saul Perlmutter, vincitore del premio Nobel.

“I dati sulle temperature della superficie di terra e mari, l’indicatore più importante del riscaldamento globale, sono stati criticati in diversi modi, compresa la scelta delle stazioni e dei metodi per la correzione degli errori sistematici”, fanno presente dal Berkeley Earth Surface Temperature. Questa ricerca vuole “affrontare in modo rigoroso queste critiche”. “Il nostro obiettivo è quello di risolvere le criticità delle passate analisi delle temperature e di preparare un open record che permetterà di dare una rapida risposta alle obiezioni”, affermano gli autori dello studio che, nei risultati ottenuti, includono anche le stime sull’incertezza dei dati.

“Spero che questo convinca gli scettici”, afferma Richard Muller, coordinatore del progetto: “Non tanto i negazionisti, che non prestano attenzione alla scienza, quanto quelli che in passato hanno avanzato dubbi legittimi: li abbiamo tutti presi in considerazione e studiati in maniera trasparente”.

Ma ciò potrebbe non bastare, ammette Jim Hansen, direttore del Nasa Goddard Institute for Space Studies: “I negazionisti non si comportano come gli scienziati, ma come gli avvocati: non appena vedono una prova contro il loro cliente (come l’industria dei combustibili fossili), fanno di tutto per confondere il giudice e la giuria”. In effetti, oltre a ridare credito agli studiosi del clima, questo mega-studio potrebbe seppellire gran parte delle teorie eco-scettiche, per cui l’uomo non ha nulla a che fare con i cambiamenti climatici.

Che ci sia o meno l’essere umano all’origine del surriscaldamento globale, la continua diminuzione dello strato della calotta artica, che proprio quest’estate ha visto il 97% dei ghiacci della Groenlandia scomparire in soli 4 giorni, sta avendo pesanti effetti sulle possibilità di sopravvivenza di un numero crescente di specie viventi. Fra le più colpite c’è appunto l’orso polare, che secondo gli scienziati dello Iucn potrebbe avere pochi anni di vita: 10 o 50 al massimo.

“Per rallentare il ritmo degli effetti negativi che i cambiamenti climatici stanno avendo sulle specie in tutto il mondo – avverte Simon Stuart – dobbiamo lavorare per ridurre il consumo di energia da combustibili fossili”. Ma anche i livelli di contaminanti tossici nei mari artici, la crescita del numero di imbarcazioni che ne solcano le acque e soprattutto l’aumento di esplorazioni gasifere e petrolifere in quelle “nuove” terre. Cosa improbabile, ora che la stessa Groenlandia sta pensando all’indipendenza dalla Danimarca, per godersi tutte le ricchezze che stanno in un sottosuolo finora inesplorato.

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