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20 giugno 2012

Rio, finalizzato il testo dell’accordo
di Emanuele Bompan

Alle 11.20 AM di Martedì 19 giugno i giornalisti sono finalmente riusciti a mettere le mani sul testo finale della conferenza sullo sviluppo sostenibile Rio+20, che a partire da domani sarà presentato ai capi di stato (o loro vice dato che Monti, Obama, Cameron, Merkel, tra gli altri, non verranno). Per oltre otto ore i delegati Onu, nonostante il negoziato fosse finito alle 2.45 AM, hanno giocato a melina, per rifinire gli oltre 283 paragrafi che lo compongono, dopo quasi una settimana di negoziati.

Questo documento, lungo 49 pagine, costituisce l’architettura fondamentale, che dovrà essere approvata dai capi di stato. E se il buongiorno si vede dal mattino, le nubi grigie, cupe sopra il Pão de Açúcar, uno dei monti di Rio, sono state un presagio lapalissiano.

Una lettura del testo infatti evidenzia subito la debolezza del linguaggio e la mancanza di azioni concrete e la proposta di quadri legalmente vincolanti, come convenzioni, trattati, o altre formule più “attuative”.

«Prendiamo atto, riconosciamo, ci auguriamo, cercheremo»: le formule usate più di frequente non richiamano infatti a programmi concreti, che potrebbero – si spera – essere aggiunti durante i prossimi giorni . Certo ci si auspica «di eradicare per sempre la povertà» (Par.2), di «porre fine ai combustibili fossili » (Par. 225) , di prendere atto della necessità di uno sviluppo sostenibile del lavoro, specie per i giovani» (Par. 25), di sottolineare «la crisi persistente dei cambiamenti climatici e la sua gravità» (Par. 26), auspicando «un’azione più ambiziosa».

Il linguaggio è inspirante, idealista, illuminante. 50 anni fa sarebbe stato rivoluzionario. Oggi sembra una serie di dichiarazioni generiche, poco propense all’azione dove i capi di stato potranno costruire proposte e dichiarazioni commisurate agli interessi nazionali. La genericità del documento certo permette potenziali sorprese. Ma per il momento la barra del timone pare tristemente stabile, direzionata ad una mediocre realpolitick stile XX secolo, che non tiene contro dell’urgenza di azioni a breve-medio termine (sicurezza alimentare, oceani, povertà, clima).

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