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5 settembre 2012

Progettare i sistemi alimentari per proteggere la natura e sconfiggere la fame
di Vandana Shiva
traduzione di Giuseppe Volpe

La fame e la malnutrizione sono prodotte dall’uomo. E’ insito nel progetto del modello chimico industriale dell’agricoltura. E proprio come la fame è stata creata per progetto, produrre la salute e cibo nutriente per tutti può essere progettato mediante la democrazia alimentare.

E’ quello che facciamo a Navdanya. E’ quello che diversi movimenti per la sovranità alimentare e l’ecologia agricola stanno progettando sul campo.

Ci è ripetutamente detto che, senza veleni e concimi chimici, moriremo di fame. Tuttavia la chimica compromette la sicurezza del cibo distruggendo la fertilità del suolo, uccidendo la biodiversità degli organismi del suolo che sono i veri costruttori della fertilità del suolo, gli impollinatori, come le api e le farfalle, senza i quali la riproduzione delle piante e la produzione del cibo non sono possibili, e gli insetti amici che controllano gli infestanti.

La produzione industriale ha portato a una crisi sociale ed ecologica così grave che per garantire la fornitura di cibo sano dobbiamo muoverci in direzione di sistemi agroecologici e sostenibili di produzione alimentare che collaborino con la natura, non che la combattano.

L’industrializzazione dell’agricoltura crea fame e malnutrizione e tuttavia per curare la crisi viene offerta un’ulteriore industrializzazione dei sistemi alimentari. Nel contesto dell’India l’agricoltura, il cibo e la nutrizione sono amministrati separatamente, anche se quale cibo si coltiva e come lo si coltiva determina il suo valore nutrizionale. Determina anche i modi di distribuzione e i programmi assistenziali. Se coltiviamo miglio e legumi, avremo un maggior valore nutritivo pro capite. Se coltiviamo cibo con sostanze chimiche, e coltiviamo monocolture, avremo una minor valore nutritivo per acro e un minor valore nutritivo pro capite. Se coltiviamo il cibo ecologicamente con risorse interne al processo, rimarrà una maggior quantità di cibo presso la famiglia contadina e ci sarà una minore malnutrizione dei bambini della campagna. Se coltiviamo il cibo chimicamente, con semi acquistati e costose sostanze chimiche, una minor quantità di cibo sarà trattenuta dai produttori rurali, una quantità maggiore si trasformerà in materia prima commerciale, lasciando le aree rurali nutrizionalmente indigenti.

La politica agricola si concentra sull’aumento della produzione delle singole colture, non sulla produzione e sul valore nutrizionale della produzione alimentare del sistema nel suo complesso. Il sistema della sicurezza alimentare è basato sul Sistema di Distribuzione Pubblica, che non affronta il problema del valore nutrizionale e della qualità della distribuzione del cibo. E i programmi nutrizionali sono separati sia dall’agricoltura sia dalla sicurezza alimentare.

La crisi agraria, la crisi alimentare e la crisi della nutrizione e della salute sono intimamente collegate. Devono essere affrontate assieme. L’obiettivo della politica agricola non deve essere guidato dalla massimizzazione delle vendite di semi costosi e di costosi prodotti chimici che privano il suolo, gli agricoltori e la gente della nutrizione. L’obiettivo della politica alimentare non può essere basato sulla promozione del trattamento industriale del cibo. L’obiettivo della politica nutrizionale non può essere creato un mercato della malnutrizione.  Le chemicalizzazione  dell’agricoltura e la chemicalizzazione del cibo sono ricette per rendere il nostro cibo meno nutriente. Non possono risolvere il problema della fame e della malnutrizione. La soluzione per la malnutrizione comincia con il suolo.

La fame e la malnutrizione hanno origine nella terra ed è nella terra che stanno le soluzioni della fame e della malnutrizione.

L’agricoltura industriale, promossa come la Rivoluzione Verde e la Seconda Rivoluzione Verde nei paesi del Terzo Mondo, è un sistema basato sull’uso intensivo di prodotti chimici, sull’impiego intensivo di capitali e l’utilizzo intensivo di combustibili fossili. Deve, per la sua stessa struttura, indebitare i contadini e i contadini indebitati sono dovunque cacciati dalla terra, poiché le loro aziende sono confiscate ed espropriate. Nei paesi poveri, gli agricoltori intrappolati nei debiti per l’acquisto di sostanze chimiche costose e di semi non rinnovabili, vendono il cibo che producono per rimborsare i debiti. E’ per questo che la fame oggi è un fenomeno rurale. L’economia creatrice di indebitamento dell’agricoltura industriale ad alto costo è un sistema che produce la fame, non un sistema che riduce la fame. Dovunque si sono diffusi i prodotti chimici e i semi commerciali, gli agricoltori sono indebitati e perdono il diritto alla loro stessa produzione. Finiscono intrappolati nella povertà e nella fame.

Un secondo livello al quale l’agricoltura chimica industriale crea fame è rimuovendo e distruggendo la biodiversità che crea nutrimento. Così la Rivoluzione Verde ha rimosso i legumi, un’importante fonte di proteine, nonché i semi da olio. Perciò ha ridotto i valori nutrizionali per acro, non li ha aumentati. Le monoculture non producono più cibo e nutrienti. Assorbono maggiori sostanze chimiche e combustibili fossili e sono quindi più lucrose per le compagnie petrolchimiche e petrolifere.  Producono maggiori raccolti di singole merci, ma una riduzione della produzione di cibo e nutrienti.

Le misure convenzionali della produttività si concentrano sul lavoro come risorsa fondamentale (e sul lavoro diretto nella coltivazione, quanto a questo) ed esternalizzano molte risorse energetiche e di altro genere. Questa produttività non obiettiva caccia i coltivatori dalla terra e li sostituisce con sostanze chimiche e macchine, che a loro volta contribuiscono ai gas serra e al cambiamento climatico. Inoltre, l’agricoltura industriale si concentra sul produrre una singola coltura che possa essere commerciata globalmente come merce. La concentrazione sul ”rendimento” delle singole merci crea quella che ho chiamato una “monocultura della mente”. La promozione delle cosiddette varietà ad alto rendimento porta alla rimozione della biodiversità. E anche distrugge le funzioni ecologiche della biodiversità.

Quando si tenga conto dei benefici della biodiversità, sistemi biodiversi hanno una produzione superiore a quella delle monocolture. Un’agricoltura organica avvantaggia di più i coltivatori e il suolo che non l’agricoltura chimica.

L’agricoltura chimica industriale crea fame e malnutrizione a un terzo livello: privando i raccolti dei nutrienti. Il cibo prodotto industrialmente è una massa nutrizionalmente vuota, carica di sostanze chimiche e di tossine. La nutritività del cibo deriva dai nutrienti contenuti nel suolo. L’agricoltura industriale, basata sulla mentalità NPK [contenuto in azoto, fosforo, potassio dei concimi – n.d.t.] dei fertilizzanti basati su azoto, fosforo e potassio conduce all’esaurimento di micronutrienti e oligoelementi vitali, come il magnesio, lo zinco, il calcio e il ferro.

Per ottenere la stessa quantità di nutrizione ci sarà bisogno di mangiare molto più cibo. L’aumento del “rendimento” di una massa vuota non si traduce in maggior nutrizione. In realtà conduce alla malnutrizione.

La strategia più efficace e dal costo minore per affrontare la fame e la malnutrizione consiste nell’agricoltura organica biodiversa.  L’agricoltura organica arricchisce il suolo e un suolo ricco di nutrienti ci dà un cibo ricco di nutrienti.

Il vermicompost, che può variare dalle 4 alle 36 tonnellate per acro all’anno, contiene cinque volte più azoto, sette volte più fosforo, tre volte più magnesio scambiabile, undici volte più potassio e una volta e mezza più calcio del suolo. Il lavoro dei lombrichi nel suolo promuove l’attività microbica essenziale alla fertilità della maggior parte dei suoli. Un suolo ricco di microrganismi e lombrichi è un suolo ricco di nutrienti. Anche i suoi prodotti sono ricchi di nutrienti. I cibi organici sono stati rilevati avere in media il 21% in più di ferro, il 14% in più di fosforo, il 78% in più di cromo, il 390% in più di selenio, il 63% in più di calcio, il 70% in più di boro, il 138% in più di magnesio, il 27% in più di vitamina C, tra il 10 e il 50% in più di vitamina B e carotene. E quanto maggiore è la biodiversità delle nostre coltivazioni, tanto maggiore è la nutritività per acro a costo zero.

Le piante, l’umanità e il suolo fanno parte di un’unica rete alimentare, che è la rete della vita. La verifica della bontà dell’agricoltura è in quanto bene opera per accrescere la salute e la capacità di recupero [resilienza] della rete alimentare.


Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/designing-food-systems-to-protect-nature-and-get-rid-of-hunger-by-vandana-shiva

Originale: The Independent

 

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