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24 Febbraio 2012

Il 25 febbraio, in piazza per tagliare le ali ai cacciabombardieri F-35
di Giuseppe Giulietti

Sabato 25 febbraio, in tutta Italia, si svolgeranno decine e decine di iniziative contro l’acquisto degli F-35 e per reclamare una radicale riduzione delle spese militari e dello stesso modello di difesa. La campagna è stata promossa dalla Rete per il disarmo, dalla Tavola della pace e da numerose associazioni, laiche e religiose. Sarà anche un’occasione per raccogliere le firme sotto la petizione “Tagliamo le ali agli F-35″, e per chiedere a ciascun parlamentare di prendere posizione su una questione davvero strategica e che, francamente, non ci sembra meno rilevante delle liberalizzazioni o delle licenze dei taxi.

Eppure il dibattito, politico e mediatico, non sembra interessato a questi temi, del resto l’antipolitica  e la malapolitica si danno la mano nello scacciare dall’agenda le questioni che ripropongono i temi della democrazia internazionale, della corsa agli armamenti, del modello di sviluppo, del ruolo e della funzione degli apparati militari e delle loro connessioni con settori della finanza e dell’industrie collegate.
Qui non si tratta più di inveire contro le caste o di tagliare cento parlamentari, cosa per altro sacrosanta, ma di affrontare le oligarchie vere, i gruppi di interesse che stanno prendendo in ostaggio le democrazie e che perseguono l’obiettivo di un sostanziale commissariamento dei popoli, di una drastica riduzione delle distinzioni e dei conflitti sociali.

Per questo il tema degli F-35 resta sullo sfondo, perché evoca e suscita divisioni profonde, ripropone le divaricazioni tra destra e sinistra, determina schieramenti che non piacciono a chi, trasversalmente, vorrebbe mettere tra parentesi queste categorie.
Eppure sbagliano, perché questi temi stanno tornando al centro della attenzione in Francia, in Germania, persino negli Stati Uniti, dove si stanno interrogando con asprezza sugli errori commessi, sulle missioni fallite, sulle spese militari fuori controllo, sulla mancanza di risorse per finanziare i progetti di riduzione della povertà e di sostegno allo stato sociale. Perché mai la crisi dovrebbe imporre tagli durissimi ovunque e non dovrebbe invece comportare una drastica riduzione delle spese militari?
Non amiamo la demagogia, ma tra il 18, statuto dei lavoratori, e il 35, inteso come cacciabombardieri, non vi è dubbio alcuno che bisogna sopprimere il secondo numero.

Per questo voteremo e sottoscriveremo tutte le mozioni che chiederanno la soppressione o la immediata sospensione di questo progetto e di quelli che già si annunciano relativi all’acquisto dei nuovi modelli ancora più costosi e che potrebbero essere la vera ragione della annunciata e modesta riduzione dell’acquisto degli F-35 da parte del governo italiano.
Comunque la si pensi bisognerà sostenere questa campagna civile che, ricordiamolo, è stata promossa da quelle associazioni che diedero vita alle grandiosi manifestazioni contro la decisione del governo Berlusconi di appoggiare la disastrosa e non conclusa campagna irachena.
Furono accusati di essere estremisti, irresponsabili, fuori dal tempo e dalla storia. Avevano ragione loro, i cosìddetti realisti si sono dimostrati privi di capacità strategica, confusi, incapaci persino di elaborare una efficace strategia di ritirata.
Questo accade, e non solo in Iraq, quando la politica cede il comando agli apparati militari e agli interessi economici.
Per questo aderiamo alla campagna contro gli F-35 per questo ci sembra doveroso ospitare l’appello delle associazioni che hanno promosso l’iniziativa.

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