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Fonte: http://notizie.radicali.it/
8 gen 2012

F35, se il servizio pubblico informasse i cittadini
di Gian Mario Gillio

 

 “Noi sottoscritti, singoli e associazioni: chiediamo al governo di attuare il risanamento del bilancio statale a partire dal taglio drastico delle spese militari […] ricordiamo che votare a favore di missioni militari volte a partecipare ad azioni di guerra all’estero viola l’articolo 11 della Costituzione italiana […] infine ricordiamo che non sosterremo politicamente con il voto i partiti che in Parlamento voteranno a favore dei finanziamenti per tali missioni o per l’acquisto di cacciabombardieri F-35, ovvero i partiti che si dichiareranno favorevoli alle suddette iniziative”. È la sintesi di un appello lanciato dal sito web Pacelink ai parlamentari italiani per fermare le spese militari finalizzate alla guerra e all’acquisto di cacciabombardieri F-35. Una campagna promossa da numerose associazioni e personalità del mondo pacifista dal simbolico titolo “Taglia le ali alle armi” che chiede di destinare le risorse previste per gli F-35 alla società, all’ambiente, al lavoro e alla solidarietà internazionale.

Il manifesto non violento è stato sottoscritto, tra gli altri, da Alex Zanotelli, Vittorio Agnoletto, Moni Ovadia, Laura Tussi, Luisa Morgantini, Gilberto Squizzato.

Oltre ai singoli e alle associazioni pacifiste, compaiono le redazioni di “Nigrizia”, “Left-Avvenimenti”e de “Il dialogo” www.ildialogo.org. Le firme sono in continuo aggiornamento sul sito www.peacelink.it La denuncia delle associazioni nasce dal fatto che l’Italia, in un momento così difficile e recessivo, si è impegnata a spendere 20 miliardi di euro per l’acquisto di 131 velivoli F-35. Tra le promesse del governo, a giustificare tale spesa, l’incremento occupazionale ed economico per il nostro paese. Così dicono. Finmeccanica compare come azienda leader del settore nel consorzio guidato da Lockheed Martin e Base System. 20 miliardi – questa la cifra stimata dai promotori dell’appello – pare davvero una bella cifra in tempi di vacche magre e proprio mentre si chiede al ceto medio (se ancora esiste) di ripianare il debito pubblico del nostro paese, risanare dunque i conti di uno Stato in piena crisi recessiva. Una follia l’acquisto di 131 cacciabombardieri F-35? Solo per alcuni sembrerebbe. Molti italiani invece di questa storia non ne sono nemmeno a conoscenza. Il fatto è che di spese militari poco si parla, non sono una notizia, questo vuoto si registra sia nella televisione pubblica italiana che in quella privata. Solo alcuni giornali hanno voglia di approfondire la questione e un esempio di questi giorni arriva da il Fatto quotidiano. La rete, come sempre si muove e sensibilizza come può ed è a disposizione per chi ha la pazienza di navigare e cercare tra le notizie non date dagli organi ufficiali di informazione. Gian Mario Gillio direttore di “Confronti” Incuriosisce constatare invece che una notizia di tale portata: 20 miliardi di euro previsti per le spese militari (soldi nostri?) non venga percepita come tale né dalla società civile né dagli addetti all’informazione. Dovrebbe essere una notizia “bomba” di questi tempi. Dovrebbe far sobbalzare tutti e suscitare domande e curiosità. Ma se questa notizia non viene data e difficile che ciò possa accadere. Le spese militari non trovano spazio e se lo trovano la notizia scivola dolcemente tra le altre, così, en passant. Sarebbe invece importante per tutti cittadini italiani poter ricevere dal nostro servizio pubblico, almeno quello del canone, approfondimenti su temi così importanti. Poter meglio capire, ad esempio, per quale motivo si è deciso di acquistare tali velivoli? Sapere se c’è urgenza di minaccia internazionale. Sapere perché si è scelto di puntare su questo tipo (F-35) di cacciabombardiere piuttosto che un altro. Si tratta della nostra sicurezza, giusto? Sarebbe importante conoscerne le potenzialità belliche, o se preferite di “difesa”. Capire quali saranno i tempi di acquisto, dove avverrà la produzione e con quali partner. Dove verranno presi i fondi. Approfondire anche le questioni giuridiche: a partire dalla nostra Carta costituzionale. Che cosa ne vogliamo fare del nostro Articolo 11 che testualmente cita: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Ed ancora sarebbe bello poter assistere in prima serata televisiva ad un dibattito che si concentri non solo sulle questioni tecnico-finanziarie ma anche sulle questioni etiche e morali che tale acquisto pone: la guerra e la pace. Un’analisi sul dopo Iraq. Un bilancio dei morti sia tra la popolazione civile irachena sia tra i militari americani. Quale ruolo giocò l’Italia. La recente e attuale questione libica. Insomma, temi troppo spinosi e difficili, probabilmente. O forse non siamo ritenuti all’altezza di poterli comprendere? La guerra uccide, fa male e non serve a nulla. Ma muove interessi finanziari, economici e espansionistici. Meglio non parlarne. Allora sarebbe importante in prima serata almeno affrontare, in modo veniale in che modo decisioni del genere (come l’acquisto di 131 aerei militari) possono incidere sulle nostre tasche. In un momento di crisi come quello che attraversa il nostro paese, sarebbe interessante poter vedere una bella inchiesta per capire se siamo davvero tutti interessati a tali spese. Sapere qual è attualmente la forza dei nostri armamenti. Sono obsoleti? Quanti aerei militari possediamo attualmente? Sono davvero necessari131 velivoli o ne basterebbero molti di meno: per ripudiare la guerra e promuovere la giustizia e la pace fra le nazioni? Come ci ricorda l’articolo 11. Infine, ma non ultimo. Con questi 20 miliardi cosa si potrebbe fare di diverso per sostenere l’economia del nostro paese Italia? Ma tutto tace, e di spese militari non si parla. Così come non si è mai voluto parlare del debito pubblico italiano. Sempre citato dai “tiggì” tra i servizi economici: “oggi il debito pubblico si è attestato…” e via, sempre più veloce, per passare ad un’altra notizia. Così facendo (finta che non fosse poi così importante sapere quanto debito pro capite avesse ogni bambino appena nato in Italia) il debito è cresciuto, sempre più, in modo sconsiderato, di anno in anno, nella disattenzione di tutti. Il debito oggi è finalmente protagonista, sì è preso la scena! Un debito, quello che oggi “finalmente” riusciamo a vedere, che però giustifica tutto (è proprio così?) il sacrificio chiesto a molti italiani. Una disattenzione, quella di tutti noi, colpevole. Colpa ne ha chi non ha voluto che si parlasse del debito quando ancora si poteva intervenire e colpa l’ha chi ha voluto far finta di niente tanto, prima o poi, qualcuno ci avrebbe messo mano. Invece nessuno lo ha fatto. E oggi si corre ai ripari. Per evitare di non caderci un’altra volta torniamo all’appello iniziale di Peacelink. La campagna ricorda anche quanto le manovre approvate in questi mesi graveranno sui cittadini: “si stimano proprio in 20 miliardi i tagli agli Enti locali e alle Regioni (che si tradurranno in minori servizi sociali o in aumento delle tariffe), ed altri 20 miliardi di tagli alle prestazioni sociali previsti dalla legge delega in materia fiscale ed assistenziale, senza contare il blocco dei contratti e degli aumenti ai dipendenti pubblici e l'aumento dell'IVA che colpirà indiscriminatamente tutti i consumatori”. Il tutto anche per partecipare ad un progetto militare "faraonico" – denunciano i promotori dell’appello – “di cui non si conoscono ancora i costi complessivi (cresciuti al momento almeno del 50% rispetto alle previsioni iniziali) che ha già visto aspre critiche di paesi partner come la Norvegia e i Paesi Bassi e l’ipotesi di cancellare gli acquisti da parte della Gran Bretagna. Senza dimenticare che, contemporaneamente, il nostro paese partecipa anche allo sviluppo e ai costosi acquisti dell'aereo europeo EuroFighter Typhoon”. Dunque aerei militari sì, treni-notte verso il sud Italia no! Insomma le domande alle quali vorremmo delle risposte in merito alla questione F-35 sono tante! Non oscurare questa storia sarebbe davvero un bel servizio (pubblico) per i lettori, gli ascoltatori e i telespettatori! Attendiamo allora fiduciosi qualche approfondimento in Rai. Per ora, per quanto ci riguarda, abbiamo voluto aprire un varco, ma da oggi ci impegniamo a far emergere un po’ di luce su questa storia. Meditate gente, meditate!!! Chiosava Renzo Arbore in una bella trasmissione televisiva.

 

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